Il colosso americano sotto la lente dell’Alliance of Digital India Foundation per “ingiuste restrizioni commerciali”. Al centro del contendere un’elevata commissione di servizio
Il nuovo sistema di fatturazione in-app di Alphabet Inc., la holding a cui fanno capo Google LLC e altre società, non convince alcune startup indiane che, in tribunale, ne hanno richiesto la sospensione. Almeno fino a quando l’ente antitrust del Paese non indagherà sul colosso informatico statunitense per presunta non conformità con le direttive, l’Alliance of Digital India Foundation (ADIF) vorrebbe che il servizio venisse interrotto. Il motivo alla base della richiesta sarebbero le “ingiuste restrizioni commerciali” che Google imporrebbe loro. Secondo le startup che hanno avanzato il ricorso, infatti, il nuovo servizio continuerebbe ad addebitare un’elevata commissione di servizio, nonostante una direttiva di ottobre abbia permesso l’uso di servizi di fatturazione di terze parti per i pagamenti in-app.
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La bagarre con Google
Questo non è il primo reclamo avanzato dall’ADIF. Già il mese scorso l’associazione aveva chiesto all’autorità di regolamentazione antitrust indiana di indagare sul nuovo sistema di pagamento. Adesso i toni si intensificano con un’ulteriore richiesta da parte delle startup. L’Alta Corte di Delhi ha comunicato che riceverà prossimamente l’associazione, probabilmente già in settimana, anche se la data di implementazione del nuovo sistema di fatturazione di Google si avvicina: il 26 aprile, infatti, dovrebbe entrare a pieno regime. Ma le startup non demordono e chiedono di essere ascoltate prima.
Il deposito segna l’ultima rissa tra Google e le startup rivali che accusano il colosso americano di restrizioni commerciali sleali. Già lo scorso ottobre, la Competition Commission of India aveva inflitto al colosso americano una multa da 112 milioni di dollari dichiarando che la società avrebbe dovuto smettere di costringere gli sviluppatori a utilizzare il suo sistema di pagamento in-app proprietario, etichettandolo come un abuso della posizione di mercato dominante di Google. Per contro, l’azienda americana ha negato qualsiasi illecito e ha impugnato la sentenza antitrust. Il team di Google sostiene che il nuovo sistema di commissioni di servizio supporterebbe gli investimenti nell’app store di Google Play e nel sistema operativo mobile Android garantendone la distribuzione gratuita e coprendo gli strumenti di sviluppo e i servizi di analisi. Ma le startup indiane non la pensano così, affermando che il metodo sotto accusa prevede ancora una “commissione di servizio” dell’11-26%, rispetto al precedente che addebitava un 15-30%. ADIF ritiene, dunque, che il nuovo strumento sia una maschera del precedente camuffato sotto un’altra versione.