Sono tante le domande che ci hanno portato a lavorare per oltre due anni, testando questo nostro modello su oltre 100 soggetti con relative idee di nuovi prodotti e servizi per sviluppo, riposizionamento, ripartenza e cambiamento. L’obiettivo del progetto, sin dall’inizio, è stato creare un modello contrapposto a quello delle ormai obsolete 5P kotleriane del marketing del ‘900, cercando di mettere a terra, velocizzare e semplificare alcune metodologie di progettazione e design di prodotti/servizi, accessibili a pochi soggetti, pensando dunque ad un modello più diffondibile e utilizzabile dalla maggior parte degli operatori del settore: imprenditori, startupper, consulenti, business designer, business planner e business modeler. Siamo nell’epoca di uno dei cambiamenti più difficili nella storia dell’uomo, mix di fattori. Cosa è successo, per capire dove siamo: analisi storica. Per esempio l’invenzione della macchina a vapore, la scoperta dell’energia elettrica, il concetto di automazione […]
Cosa è accaduto già dalla fine degli anni ‘70 e negli anni ‘80? In quegli anni il mondo inizia a rendersi sempre più complesso, meno razionale, composto da tanti fattori e variabili non deterministici e determinabili; maggiore incertezza (anche se maggiori opportunità e miglioramento della qualità e durata della vita del mondo occidentale): la nascita del web; la globalizzazione e la saturazione dei mercati; la nascita dei social network; la digitalizzazione e la smaterializzazione; le crisi finanziarie e sanitarie e i cambiamenti sociali e climatici. Oggi il mondo si inverte.
Il problema non è più tecnico, non è più produrre (o neanche inventare), il problema è vendere, organizzare e coinvolgere. La curva del ciclo di vita dei servizi e dei prodotti, con l’aiuto della digitalizzazione e globalizzazione (che ne aumenta la diffusione ed esponenzialmente la sua stessa velocità) si riduce nel tempo. Ciò comporta un continuo setup e resetup, ecco perché diventare esperti o almeno “conoscenti” di modi, modelli e modalità di creazione e sviluppo di servizi, è fondamentale per chi gestisce anche piccole realtà. Da una popolazione analogica con economia legata a logiche del ‘900 e di prodotto in modalità compro-vendo, ad una popolazione digitale legata a logiche di esperienza, con la partecipazione di se stessi: questo è stato il grande salto di paradigma.Da pezzi fisici e prodotti inventati ad azioni, esperienze, questioni legate a conoscenza e metafisicità organizzate, assemblate, mixate.
Tutti i dati prodotti prima del 2014, nella storia dell’uomo, sono minori rispetto a quelli prodotti (raccolti e lavorati…) dopo tale anno. Come si progettava un prodotto o un’azienda nel ‘900? Siamo stati infatti bombardati da marketing e comunicazione (in realtà l’avrebbero dovuta chiamare pubblicità) per circa 40 anni, deviando non solo i comportamenti di un consumatore, spesso inconsapevole di ciò che stava acquistando rispetto ai suoi reali bisogni, ma contaminando una modalità di progettazione completamente rivolta alla vendita dell’oggetto/servizio, più che all’usufrutto di un valore aggiunto. Prima si producevano oggetti per vendere, oggi si devono pensare esperienze per creare valore. Il lavoro delle persone, era visto come salario propedeutico al consumo. Il processo non è di laboratorio o di fabbrica, tutt’altro, è un approccio al contrario, proprio come è inverso il punto di partenza: non si parte dalla parte fisica del prodotto ma dall’obiettivo “finale” (della prima fase di progettazione) che esso genererebbe, cioè l’utilizzo da parte di più utenti e di una piccola comunità di primi utilizzatori.
Il modello delle 5C
Il Modello delle 5C, ha un approccio pratico come quello delle 5P ma in un contesto immateriale e «sopra-a-tutto» ciò che di fisico serve per costruire il prodotto, il servizio e l’esperienza. Tutto ciò lo puoi fare solo se sei customer oriented e ti metti i vestiti del tuo utente-cliente, se hai la sensibilità per metterli, se hai l’esperienza per immedesimarti; un lavoro quasi antropologico, attoriale, interpretativo, di studio sociale. Dunque, per riassumere e aggiungere, la metodologia in questione: non intende contaminarsi con analisi storiche o dell’ambiente, del focus, dell’idea, staccandosi (in tale fase progettuale) da metodi comparativi dell’offerta come quelli del ‘900 e cercando di sfruttare al massimo la propria creatività iniziale; tende ad essere completamente focalizzata su l’utente finale senza targetizzarlo, senza dunque effettuare nessuna contaminazione del marketing, soprattutto in fase dei bisogni che vengono “allargati” nel suo contesto (vedi prima C sotto); propone un contesto di valore completamente smaterializzato, attento solamente alla percezione dell’utente, senza parlare di servizio, prodotto o esperienza ma solo del valore, completamente customer oriented; non guarda (troppo subito) al modello di business o di revenue e tende a massimizzare la progettazione per ridurre al massimo gli MVP.
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Quali sfide attendono la società di domani? Quali sono i rischi e quali le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico? Per la rubrica “Futuro da sfogliare” un estratto del libro “Pensare nuove idee Il modello delle 5C” (Mama Industry) di Marco Travaglini, Ceo di Mama Industry.