La scrittrice Michela Murgia, ha pubblicato sul Corriere della Sera una sua riflessione sui 4 fattori che ostacolano il rapporto studente – docente
Michela Murgia, dopo sei anni di insegnamento in alcuni licei sardi come professoressa di religione, ha deciso di abbandonare la docenza diventando una scrittrice. E’ tornata a parlare di scuola sul Corriere della Sera e sul suo blog, raccontando la sua esperienza e dando degli spunti di riflessione su cosa cambiare del sistema scolastico italiano. La chiave di successo, secondo la scrittrice, è la creazione di una solida relazione tra studente e docente.
«L’attuale scuola di massa non è un luogo in cui quella relazione può realizzarsi in modo sistematico»
Secondo Murgia, anni di riforme e tagli al budget hanno determinato una serie di fattori che limitano e (quasi) ostacolano questo tipo legame. In particolare illustra le quattro principali cause che secondo lei sono alla base della difficoltà per gli insegnanti nell’instaurare un rapporto con i ragazzi.
1.PERDITA DI INDIVIDUALITA’. Il sistema scolastico italiano rischia di affogare le specificità individuali dei soggetti coinvolti nell’apprendimento. Il problema è che spesso (se non sempre) il livello medio e le esigenze del gruppo prevalgono su quelle dei singoli. Le richieste di accorpamento delle ultime riforme scolastiche hanno ulteriormente limitato la possibilità di realizzare un rapporto educativo mirato per gli allievi. E’ significativa la riflessione di Danilo Dolci ,che Michela ha utilizzato per sottolineare l’importanza del mettere in risalto le specificità del singolo: “siamo in grado di superare quel che siamo solo se qualcuno è disposto a investire il suo tempo per immaginare quello che ancora non siamo“.
2. SISTEMA DI APPRENDIMENTO COERCITIVO. Il più delle volte il programma scolastico è basato su livelli standard di insegnamento definiti a priori e non sui reali bisogni conoscitivi dell’alunno. Lo sforzo di trovare un minimo comune denominatore per il sistema di apprendimento scolastico evitando ogni dinamica relazionale, contribuisce ad allontanare gli studenti da un sistema che non calza loro a pennello.
3. E’ IMPORTANTE COSA SI STUDIA, E NON CHI LO INSEGNA. Questo punto riguarda la figura dell’insegnante spesso ingiustamente ridotta alla mera esecuzione di attività schematiche e modulari. Si tratta di una riflessione molto importante per la scrittrice, che continua rammaricata: «Quel che ti permette di essere chiamato maestro non è il modo unico e irripetibile in cui la tua individualità può fare la differenza, ma è quello che hai appreso: numericamente misurato, istituzionalmente certificato e sindacalmente difeso. A chi esce dall’esame di maturità si chiede cosa ha studiato e non con chi lo ha fatto, perché nel nostro sistema formativo chi insegna conta sempre molto meno di cosa viene insegnato, come se le due cose potessero essere scisse».
4. INSEGNARE NON VUOL DIRE ACCUDIRE. Il mestiere dell’insegnante non significa essere una bambinaia. Non a caso usiamo questa metafora al femminile, perché secondo la scrittrice, il più delle volte la docenza è vista come un compito prettamente da donne «con tutto quello che in Italia significa in termini di avvilimento del ruolo, insignificanza della retribuzione e diminuzione del prestigio sociale».
Nonostante queste amare premesse, Michela Murgia vede una speranza nella figura del mentor, per determinare un rapporto consolidato tra maestro e allievo. Secondo Murgia: “l’obiettivo non è l’acquisizione di un titolo di studio, di un’abilitazione o di un sapere spendibile, ma la crescita umana di quella singola persona e specificamente di quella”.
Le conclusioni di Michela Murgia per l’Italia, non sono catastrofiche, anzi, con forza stimola al cambiamento e all’innovazione nelle scuole:
«Finché tutta la macchina scolastica sarà orientata a certificare un’improbabile competenza di massa (cioè in ultima istanza a fomentare la competizione di massa), la scuola italiana si candiderà gradualmente a perdere la capacità di raggiungere persino quella»