Dall’Istituto di agraria agli squali di Shark Tank, che per la sua idea hanno scucito 150mila euro. A soli 22 anni questo ragazzo cremonese ha creato un’impresa e con i suoi preziosi semi produce birra, biscotti e farina
A poca distanza dal Polo Nord, in Norvegia, c’è una isola: Spitsbergen. Su questo remoto pezzetto di terra emersa che appartiene al borealissimo arcipelago di Svalbard si trova il Global Seed Vault ovvero il deposito sotterraneo globale dei semi. Tra le pareti di calcestruzzo del deposito tirate su per resistere anche a una guerra atomica si trovano i semi in via di estinzione provenienti da tutto il mondo. Tra questi, fino a 4 anni fa, c’erano anche 40 antichissimi chicchi di mais nero peruviano che uno studente cremonese di agraria – a soli 16 anni – ha pensato bene di andare a prendere per farli diventare la pietra angolare della sua azienda: la startup agraria di Carlo Maria Recchia.
A dirla così sembra sia stato un gioco da ragazzi ma Carlo Maria, selezionato da Coldiretti Giovani come uno degli agricoltori più promettenti d’Italia, ha dovuto insistere, e parecchio, per ottenere quei semi. Prima con la scuola e poi attraverso il Ministero per le politiche agricole. “Da quel momento ho passato due anni a moltiplicarli per avviare una coltivazione – racconta Carlo a The Food Makers – Oggi produco birra, biscotti, farina, grissini e altri prodotti sono in arrivo”.
Dall’Istituto di agraria a Shark Tank
Ed è proprio con quei prodotti e la faccia tosta di un utile del 20% sul fatturato che il giovane cremasco si è presentato ai potenziali investitori di Shark Tank, programma televisivo in onda su Italia Uno, dai quali è riuscito a ottenere 150mila euro (30mila l’uno) in cambio del 20% della sua azienda. Una startup che, per il momento, consiste in un marchio registrato: quello del Mais Corvino, una qualità già conosciuta dai Maya, ma assente in tutto il resto d’Europa.
“Sono partito con 2mila euro, i risparmi dei lavori estivi svolti sempre nei campi di mais, coi quali ho affittato un campo di 20mila mq – continua Carlo Maria – con i soldi degli investitori costruirò un mulino con la macina in pietra perché, per ora, la lavorazione, anche se fatta in stabilimenti vicini e validi, è totalmente esterna. Io voglio crescere”. E di crescere, a sentire la sua storia, Carlo ne ha sempre avuto voglia. Fin da quando, quarto di cinque fratelli, decise di iscriversi ad agraria e diventare un coltivatore senza avere una tradizione familiare o mezzi a disposizione. “L’ho fatto senza i favori dei miei genitori. Papà è chimico, mamma insegna religione al liceo. All’inizio erano spaventati. Non conoscevano il settore e temevano per il mio futuro, ora il più piccolo di noi ha 14 anni e ha appena terminato il primo anno di agraria. Forse un giorno lavoreremo insieme, mi piacerebbe”.
La startup di questo ragazzo un po’ allampanato ma dal cervello sempre in moto ha fatturato circa 35 mila euro nel 2014 e con i soldi guadagnati Carlo si paga gli studi alla Statale di Milano, ovviamente nella facoltà di scienze agrarie. “Ma questo e solo l’inizio – spiega – Tra 10 anni sarò ancora il presidente di questa azienda, sarà grande e agguerrita. Spero di avere la stessa grinta e lo stesso entusiasmo del ragazzino come mi chiamano in molti anche per prendermi in giro. Alcuni sono gli stessi competitor che dopo avermi visto in televisione ora mi contattano per propormi delle collaborazioni”.
Un’esperienza quella di Shark Tank che Carlo rifarebbe di corsa. “Lo rifarei subito – dice senza nemmeno pensarci – I soldi dovrebbero arrivare entro la fine dell’anno ma la cosa più importante e che con gli investitori, principalmente Gianluca Dettori e Gianpiero Vigorelli, mi sento regolarmente. Hanno sempre qualche consiglio prezioso da darmi”.
Ora Carlo, il ragazzino che ha trovato il suo tesoro Maya al Polo Nord, passa cinque giorni alla settimana nel padiglione della Coldiretti, a Expo: “Ebbene sì, sono un expottimista. È un’occasione unica dove agricoltori di tutta Italia hanno la possibilità di far conoscere i loro prodotti”. E non potrebbe essere diverso. Per Carlo Maria la terra, prima che il futuro del pianeta, è quello della sua startup.