Un bilancio dei primi sei mesi del 2015 per il settore food, che anche grazie all’effetto Expo sta vivendo un periodo di grande fermento e si prepara al boom
ll food piace. Fa guadagnare, permette d’investire, provarci, foss’anche azzardare. Non è un caso infatti che nei primi sei mesi dell’anno di Expo sia proprio il campo di cibo e affini quello che dà prodotti migliori a chi lo sa coltivare. Anche nel nostro Paese, da sempre amato dagli stranieri per quanto riguarda la tavola. Ma i giganti qui di seguito non sono arrivati in Italia solo per togliersi uno sfizio.
Rocket Internet (mission: diventare la più grande piattaforma internet del mondo), Just Eat (157 milioni di sterline di revenue l’anno scorso) e Delivery Hero (della quale Rocket Internet è azionista: possiede più di centomila ristoranti partner in trenta nazioni) hanno iniziato una guerra d’espansione a colpi d’acquisizioni. E sono in ottima compagnia. Gli obiettivi? Le idee in materia di food monetizzate e monetizzabili.
Le exit
Tutto ha avuto inizio a gennaio con PizzaBo, startup bolognese nata dall’idea di un gruppo di fuorisede, acquisita da Rocket Internet per una cifra, stando alle voci di corridoio, vicina ai 55 milioni di euro. Ma non è un caso isolato.
JustEat, da par suo, in questa lotta all’ultimo delivery ha messo a segno una preziosa doppietta lungo lo Stivale, acquisendo la milanese Clicca e Mangia e la romana DeliveRex.
È stata eguagliata da un altro gigante che, soprattutto negli ultimi tempi, ha fatto discutere: TripAdvisor. Il portale americano qualche mese fa ha comprato RestOpolis e Mytable.it. Lo scopo? Ingrossare le fila di TheFork, piattaforma per la prenotazione online di ristoranti e osterie.
I finanziamenti
Esistono anche realtà meno affermate, ma che stanno emergendo a suon di round e preziosi riconoscimenti.
Barilla, per esempio, nel suo Good4StartupTheFuture ha premiato l’idea di Cesare Alfredo Guerreri e Marco Casassa: Smart Food “more than an e-commerce”. Un’idea semplice ma funzionale: una vendita basata sui valori nutrizionali certificati, sulla stagionalità dei prodotti, consegnati a domicilio, accuratamente controllati e provenienti da aziende bio selezionatissime. Tra gli altri finanziamenti di questi primi mesi del 2015 ci sono i 200mila euro presi da DNAPhone, da Borealis tech ventures, Capital B!, Giampaolo cagnin e Francesco Mutti; i 150 che il team di Shark Tank ha deciso di investire nel mais corvino di Carlo Maria Recchia; l’aumento di capitale di 600mila euro per Vino75, il progetto della Startup 3ND incubata in Nana Bianca e i 30mila di finanziamento Mipaaf a QuiCibo.
I riconoscimenti
Volendo assemblare un ideale palmarès delle startup italiane la lista sarebbe ancora lunga. C’è OrangeFiber, che sviluppa un filati sostenibili partendo dagli agrumi, vincitrice di UNECE “ideas4change” e (non la inseriamo per benevolenza ma perché vale davvero) JellyfishBarge, finalista dello stesso premio, che ha studiato una serra galleggiante in grado di far risparmiare il suolo.
Si tratta di idee a lungo termine, che vogliono migliorare il mondo, partendo dagli sprechi. Molto simile è la mission di Diptera e CiBiamoci, entrambe vincitrici del bando SiFood-ComoNext. La prima, pugliese, si propone di produrre mangimi per animali favorendo ingredienti a base di insetti al posto di quelli a base di pesce. La seconda, pugliese anch’essa, punta a ridurre le eccedenze alimentari, digitalizzandone la distribuzione. Patrocinata direttamente dall’Expo milanese e spinta dall’acceleratore Alimenta2Talent è invece MyFoody, anche lei in prima linea contro lo spreco di cibo.
Che vogliate investire o creare nel delivery, nella prenotazione online, nella lotta allo spreco di cibo o nel suo riutilizzo, il messaggio è uno solo, categorico: sbrigatevi. I posti a tavola rischiano di finire.