Lavora Oltralpe da 30 anni, dove ha conosciuto da vicino l’ecosistema dell’innovazione. «La rigidità francese rende le imprese solidi». Una nuova puntata della nostra rubrica “Italiani dall’altro mondo”
La Silicon Valley è il termine di paragone più diffuso. Ma l’ecosistema startup italiano non è probabile (è un eufemismo) arrivi a macinare i numeri di quell’angolo di terra in California. C’è un altro modello al quale invece potremmo rifarci, sempre però al costo di un impegno collettivo, a cominciare dalla politica che deve pianificare e stabilire un orizzonte chiaro, in grado di resistere a ogni tipo di tempesta. «Se si decide come ha annunciato Macron di voler rendere la Francia una startup nation, allora significa che bisogna mettere a terra delle azioni. E così è stato fatto». Stefano Volpi, classe 1962 e originario di Milano, è il cofondatore di una startup francese, Connecting Food (qui il sito), che sfrutta la blockchain per semplificare la supply chain in ambito alimentare, con un prodotto deep tech premiato nella scorsa edizione della EIT Digital Challenge. Conosce la Francia da 30 anni, da quando ha iniziato a lavorare per Nestlé. Collegato da Parigi, ci ha offerto uno spaccato interessante sulle differenze tra i due ecosistemi dell’innovazione. E senza sconti, soprattutto quando si parla di fondi a disposizione.
Stefano Volpi prima di Connecting Food
«Non sono un giovane debuttante. Sono arrivato in Francia negli anni in cui la zona europea veniva considerata internazionale. C’era il motto look for similarities: guardavamo a quel che gli stati membri avevano in comune per cultura, ma anche per fare business». Sempre legato all’Italia, Volpi ha fatto crescere le radici anche Oltralpe, accumulando esperienze da manager in grandi aziende fino a quando, nel 2004, ne ha fondata una. «Mi occupavo di business development: l’obiettivo era accompagnare le aziende italiane e francesi nel loro sviluppo internazionale, anche in ottica di acquisizioni».
Leggi anche: Dal cibo al monitoraggio ambientale, fino all’energia: perché dobbiamo portare l’IoT sott’acqua
L’ultima esperienza prima di lanciare la startup Connecting Food, Volpi l’ha maturata in Avril Sofiproteol, una delle più importanti multinazionali francesi dell’agroalimentare. Bagaglio notevole che ha messo poi a frutto in un’azienda innovativa che finora ha investito 10 milioni di euro nel proprio prodotto software rivolto ad aziende e consumatori. Con un legame così forte con la Francia, di cui ne conosce soprattutto le potenzialità per gli imprenditori, non potevamo non soffermarci su alcune questioni.
Come è la startup nation?
Non scopriamo ovviamente oggi le differenze – e le rivalità – tra italiani e francesi. Ma se analizziamo il tessuto economico dei nostri cugini quali sono gli elementi più distintivi? «In Italia abbiamo tante aziende famigliari di medie dimensioni, mentre in Francia hanno la tendenza a creare società più importanti. Le due linee portano vantaggi e svantaggi. Il vantaggio francese è che da maggiori rigidità e logiche da ingegneri viene garantita la solidità. E se sei solido hai più risorse da investire». Dalla sua l’Italia ha sempre vantato un talento indiscusso sul fronte delle creatività. «Ma c’è una sotto capitalizzazione globale e gli investimenti in innovazione sono molto bassi. Si inventa, si produce e si vende, ma non si pensa alla crescita e all’innovazione».
“Se si decide di voler rendere la Francia una startup nation, allora significa che bisogna mettere a terra delle azioni”
Quel che dunque mancherebbe all’Italia rispetto alla Francia è la capacità di guardare oltre il breve e medio periodo. «Questo anche perché la Francia è stato un paese capital-socialista, con pianificazioni quinquennali. Se si decide di investire in determinate filiere vengono portate avanti azioni concrete», spiega Volpi. Tra gli ecosistemi più innovativi a livello europeo, anche la Francia ha attraversato un percorso di crescita e sviluppo, a partire dalla mentalità.
Leggi anche: «Vogliamo dare una casa alla sostenibilità. Partiamo da Venezia per raggiungere ogni angolo del mondo». La startup illuminem.com raccontata da Andrea Gori
«Ho iniziato a seguire questo mondo nel 2000, quando in Francia, se fallivi, voleva dire che eri finito come imprenditore. Non c’era ancora la logica statunitense, ma fortunatamente questo approccio è cambiato». E da lì l’ecosistema si è strutturato, con collaborazioni e sinergie tra vari soggetti. «Ci sono molte più strutture: università, aziende e Stato hanno tutti obiettivi di valorizzazione. Sconvolge molto meno il fatto che un’idea come quella di Sorare (qui vi raccontiamo che cosa fa la scaleup francese, ndr) sia partita da zero e in pochi anni valga già miliardi».
“Io e Maxine Roper abbiamo fondato Connecting Food perché volevamo cambiare il modo di gestire la supply chain nell’alimentare”
Contano senz’altro il talento, le tecnologie e perfino il timing, ovvero il momento storico in cui un’innovazione viene proposta sul mercato sotto forma di prodotto. Ma, inutile nasconderlo, soprattutto all’inizio serve un aiuto anche in termini di incentivi pubblici e privati. «Non parliamo di 10mila euro. In Francia puoi ricevere aiuti nell’ordine di centinaia di migliaia di euro. Si parte dal concetto che creare un’azienda significa investire. Se dai le dimissioni per fondare una società, ricevi comunque la disoccupazione a patto che tu poi dimostri il percorso fatto». Una strada da imitare forse in salita, ma che sembra comunque tracciata a giudicare anche da quel che si sente dire in Italia. CDP Venture Capital ha di recente specificato che il modello a cui puntare è proprio quello francese.
Cosa fa Connecting Food?
Nel corso dell’intervista abbiamo dedicato tempo anche a scoprire Connecting Food, società francese che lavora molto anche in Italia (ha una sede a Milano). «Io e Maxine Roper l’abbiamo fondata perché volevamo cambiare il modo di gestire la supply chain nell’alimentare. Nel corso della filiera molti prodotti vengono sprecati e ci sono grossi sforzi per gestire la tracciabilità». Il software proprietario e offerto tramite soluzione SaaS (Software as a Service) va incontro alle esigenze delle imprese, le quali a propria volta possono rendere più consapevoli i consumatori. Un semplice QR Code su un barattolo li informa, ad esempio, sulle origini delle materie prime.
Leggi anche: A che punto sono gli investimenti in startup? Dati e proiezioni da CDP Venture Capital
Tutto garantito dalla blockchain, tecnologia che Stefano Volpi spiega in questi termini. «Non è altro che un database con alcune caratteristiche. È più difficilmente falsificabile, informa su chi ha depositato l’informazione per poi condividerla in modo più semplice. Ma chi sostiene sia la soluzione a tutto sbaglia. La blockchain non può garantire se un’informazione sia giusta o sbagliata». Connecting Food ha ricevuto premi anche negli Stati Uniti ed è stata classificata come deep tech. «Se sviluppi una tecnologia per cambiare un sistema importante devi essere di rottura».
Filiera e sovranità alimentare
In chiusura abbiamo chiesto un commento sulla situazione odierna delle supply chain, con le filiere internazionali messe a dura prova prima dalla pandemia e dopo dalla guerra in Ucraina. «Se vogliamo parlare di sovranità alimentare, la intendo nel senso che non possiamo essere sottoposti ai ricatti di Putin. Ma lo stesso vale per i chip delle automobili. È un’altra forma di guerra. E – conclude – non cambia se si parla di startup. Se un paese vuole far crescere le proprie aziende innovative devi mettersi nelle condizioni di competere a livello internazionale».