Dall’audit iniziale ai suggerimenti per migliorare le attività, ecco il Digital Check-up che favorisce la conversione delle imprese sul versante digitale
Secondo Istat, il 60,3% delle PMI italiane ha raggiunto un livello di digitalizzazione base ancora lontano dal target europeo del 90% entro il 2030. Tra le realtà con almeno 10 dipendenti, invece, il 41,9% ha scelto di utilizzare servizi di cloud computing di livello medio-alto e solo il 51,9% soluzioni di livello sofisticato.
Ed è proprio per questo motivo che, durante il periodo dell’emergenza sanitaria, è stata messa in atto un’iniziativa volta ad aiutare le aziende – battezzata come Vicini e connessi – in cui gli esperti di Blinkup, agenzia di consulenza per PMI specializzata nel settore turismo e hospitality, hanno offerto il loro tempo per supportare le piccole realtà in difficoltà.
L’idea del questionario
Da qui, è poi nata l’idea di realizzare un sistema utile per valutare la salute digitale delle imprese: “Ci siamo accorti che spesso il problema più grande non era la visione strategica della propria realtà aziendale o gli obiettivi da percorrere bensì, spesso, lo stato di digitalizzazione della realtà che non consentiva loro di esprimersi in un modello (contesto esterno e persone) che ormai era cambiato e che vedeva il digitale come ormai «di casa». Abbiamo quindi posto le basi per studiare e testare durante tutto il 2021 il contenuto del check-up e di struttura del modello di business” spiega il CEO di Blinkup, Edoardo Dal Negro.
Il Digital Check-up, infatti, è in grado di analizzare lo stato di salute di una realtà in termini di tasso di digitalizzazione e presenza online sviluppando un report in cui vien suggerito un percorso d’azione finalizzato a potenziarne l’efficacia e la competitività nel mercato: dalla brand protection al confronto con i concorrenti. Composto da 200 domande, l’audit prevede tre passaggi: la fase di analisi iniziale, la progettazione della strategia più adatta da applicare in base ai risultati del primo step e infine il monitoraggio – o advisoring – delle azioni e la fornitura di nuovi suggerimenti per migliorare continuamente le attività.
“Il Digital Check-up si basa sull’analisi avanzata dello stato di digitalizzazione inteso come presidio dei singoli digital touchpoints all’interno della customer journey analizzati nel contesto di mercato in cui si trovano ad operare – ambiente esterno – e delle peculiarità della singola struttura: B2C-B2B ed altri parametri. Insieme, gli elementi di peculiarità definiscono il peso delle valutazioni così che possono essere ponderati i punteggi di ogni singola sezione” afferma Edoardo Dal Negro, e prosegue “Ad esempio, in campo turistico, una struttura alberghiera a 4 stelle situata nel centro di Venezia sarà completamente differente da una struttura alberghiera situata nelle vicinanze di un aeroporto sia in termini di servizi ma anche e soprattutto in termini di canali da presidiare il cui effetto, appunto, dipenderà dalla tipologia di clienti – B2B o B2C – in cui la struttura andrà ad operare. Esiste un punteggio definito da un calcolo che viene determinato dalla matrice Importante/Urgente relazionata con un coefficiente moltiplicatore definito «elemento di peculiarità» che insieme formano l’algoritmo di definizione del punteggio di Scoring”.
È quindi uno strumento che punta a far crescere la consapevolezza nell’azienda riguardo la sua reputazione preparandola ad affrontare il futuro in un’ottica che riguarda il consumatore.
I passi verso la digitalizzazione
Tuttavia, non ci sarebbe un protocollo unico da seguire per valutare se un’azienda gode di una buona condizione in ambito digitale. Sul tema però, sono gli esperti di Blinkup a fornirci 7 consigli per favorire una valida e costante digitalizzazione di un’impresa. Ecco quali sono:
1. Essere ambasciatori (e non solo collaboratori)
Il primo step di digitalizzazione parte proprio dalle persone e non dagli strumenti o dalle pianificazioni a medio-lungo termine. L’adozione di nuove tecnologie e di innovazione dei processi aziendali devono essere accolte dal proprio team e valorizzati al meglio affinché siano adattati alla realtà aziendale.
2. Promuovere la finanza digitale
Le risorse destinate ad un processo di digitalizzazione devono crescere con la realtà stessa essere dunque capaci di attingere in modo crescente allo sviluppo dell’impresa. Il “costo” deve quindi essere letto come investimento capace di produrre beneficio anche economico e deve poter avere la capacità di esprimersi. Un consiglio è quindi di associare gli investimenti ad un coefficiente proporzionale del fatturato incrementandolo di anno in anno.
3. Bottom-up vs topdown
Il processo di digitalizzazione deve poter essere letto ed approcciato da ambedue gli ambiti: essere parte della strategia e quindi declinarsi in ambiti tattici con una visione più alta legata al management e stakeholder dell’azienda. Allo stesso tempo deve poter nascere, svilupparsi e prendere forma dal basso ossia dalle funzioni operative che ogni giorno svolgono compiti e mansioni cui la digitalizzazione può portare un valore concreto. Esplorazione delle soluzioni digitali e valutazione degli obiettivi da raggiungere diventano parte di un loop infinito che porta innovazione digitale.
4. Mash-up per analisi dei dati
Affrontare la digitalizzazione significa saper e dover gestire un numero crescente di dati che devono essere utilizzati come risorsa fondamentale per comprendere le azioni intraprese e diventare utili tra i diversi reparti aziendali. Evitare l’effetto silos è fondamentale come anche un approccio a pannelli dinamici che siano in grado di attingere ai dati da diverse fonti e consegnarle al referente più idoneo.
5. Diventare un facilitatore
Implementare il processo di digitalizzazione in modo corretto affinché diventi un facilitatore organizzativo dell’informazione, essere in grado di ottimizzare i tempi, le risorse, i processi organizzativi sono elementi cardine di un corretto processo digitale.
6. La customer journey e personas
Strumenti e soluzioni digitali non bastano se non si conosce esattamente il percorso che compie il proprio consumatore nella relazione con il proprio brand. Il consiglio, in questo caso, è di studiare molto bene il processo di acquisto e l’acquirente tipo – la buyer personas – affinché si possano adattare e configurare gli strumenti digitali attorno a questi importanti elementi.
7. L’approccio “disruptive”
Per esprimere al meglio il processo di digitalizzazione aziendale è opportuno distinguersi avendo quindi un approccio il più possibile disruptive che possa quindi manifestarsi negli ambiti digitali anche con una fase di test & learn volta a comprendere la migliore strada per ottimizzare processi, prodotti, metodologie e quindi avere un respiro economico – il seed capital – per una continua innovazione.