Storia di Elekto, sviluppato in un hackaton memorabile per cambiare la scuola e bloccato dal MIUR con un “arrivederci e grazie!”
Avere l’opportunità di essere protagonista del cambiamento non è una cosa che capita tutti i giorni a uno studente delle superiori, eppure grazie all’incredibile e coinvolgente iniziativa hack4school, (hackathon per la scuola) nell’ottobre del 2012 io e una decina di miei compagni, ci siamo potuti cimentare nell’arte dell’innovare insieme a centinaia di studenti provenienti da tutta Italia.
Lo scopo del concorso era immaginare, progettare e realizzare la scuola del futuro ragionando sulle possibilità offerte dalle tecnologie digitali in un workshop di 8 ore. Un’esperienza del tutto nuova per molti di noi, ma che ha sicuramente cambiato il nostro modo di vedere la realtà, non più chiusa e immutabile, ma un foglio bianco pronto per essere tinto dei colori delle nostre idee.
Eravamo partiti da Milano la mattina del 9 ottobre e a dirla tutta non avevamo proprio idea di cosa ci aspettasse. Una volta arrivati al Palalottomatica ci dividemmo in squadre e dopo un breve breafing ci mettemmo all’opera. In quei momenti di frenetico lavoro vennero fuori tutte le nostre migliori idee: stavamo immaginando la scuola del futuro e dovevamo partire dalla nostra scuola per farlo.
Il nostro istituto, l’I.T.E. Tosi di Busto Arsizio è una scuola attivissima che propone una moltitudine di attività extrascolastiche: progetti di alternanza scuola-lavoro, scambi internazionali e vacanze studio, laboratori di teatro, certificazioni e chi più ne ha più ne metta; tutte attività che ci hanno aiutato a coltivare le nostre passioni e che sicuramente hanno reso l’andare a scuola meno pesante e molto più costruttivo!
Purtroppo però per molte scuole questi progetti hanno costi organizzativi troppo elevati e questa mancanza andava secondo noi colmata perché ritenevamo che tutti gli studenti meritassero esattamente le nostre stesse opportunità! Dopo ore di brain storming, discussioni e power point la nostra idea aveva finalmente preso forma: una piattaforma online sulla quale le scuole potessero condividere con gli altri istituti le loro best practices, ovvero le loro migliori attività. La sera stessa i pitch sarebbero stati ascoltati dai giudici e solo 3 progetti sarebbero andati in finale. La nostra ansia era a mille perché credevamo davvero nel nostro progetto e nelle idee che ci avevano portati a formularlo.
Esponiamo. I giudici sembrano apprezzare. Urliamo di gioia. Una scossa di adrenalina ci attraversa il corpo, ce l’abbiamo fatta! La mattina dopo in albergo l’ufficialità dell’accesso alle finali raddoppia la carica interiore che ci aveva spinti fino a quel punto. Nel pomeriggio siamo di nuovo al Palalottomatica, stavolta gremito: una folla di 5000 tra bambini e insegnanti riempie gli spalti e sul palco si alternano al microfono eccellenze italiane che ci fanno rendere conto di quanto siamo fortunati a poter esporre anche noi la nostra idea in quel contesto. Raccontiamo insieme agli altri due finalisti il nostro progetto, mentre l’allora ministro dell’istruzione Francesco Profumo ascolta interessato.
Tornati a casa comincia il lavoro duro: viene allestita una task force ministeriale con il compito di affiancarci nello sviluppo della piattaforma e per 4 duri mesi ci troviamo nei pochi spazi di tempo libero per lavorare alla realizzazione del progetto. Fortunatamente al nostro fianco abbiamo persone fantastiche, come Top-IX, che ci danno una grandissima mano via Skype.
Penso ricorderemo per sempre quei mesi come quelli in cui sentivamo di avere il mondo nelle nostre mani, in cui eravamo davvero convinti di essere in grado di lasciare il segno e di rendere migliore per tutti una realtà immensamente importante, quella della scuola.
Sognavamo le implicazioni che la nostra piattaforma avrebbe avuto se fosse stata implementata in migliaia di scuole sparse in giro per il mondo, la creazione di una rete mondiale di scuole che si scambiano iniziative, idee e know how. Rivoluzione dal basso, non ci sono altri termini per descrivere ciò che stava avvenendo: il Ministero dell’Istruzione era venuto a chiedere noi studenti come sarebbe dovuta essere la scuola del futuro, e noi stavamo rispondendo concretamente, realizzando idee di nostra creazione. Una sensazione incredibile.
Quei 4 mesi passarono in un batter d’occhio, la nostra idea era diventata una piattaforma web quasi funzionante, aveva un nome, Elekto (dall’esperanto: scelta) e un indirizzo web, e noi avevamo finalmente anche una data: il 20 febbraio il ministro ci avrebbe ricevuto a Roma nella sede del MIUR per prendere visione dei risultati ottenuti. Eravamo pronti, carichi, felici, ansiosi, un po’ intimoriti ma nulla che le nostre convinzioni non potessero sconfiggere. Finalmente tutta il nostro lavoro avrebbe avuto un feedback, finalmente avremmo potuto sapere come sarebbe stato implementato il nostro progetto…già.
E invece no, fummo congedati dall’aula con parole del tipo “è stata sicuramente un’esperienza positiva”, “alcune delle vostre idee erano addirittura già state pensate all’interno del ministero”, “complimenti a tutti e grazie per ciò che avete fatto” …una pacca sulla spalla e tutti a casa. Poi il vuoto. A scuola tutti avevano di meglio da fare, i professori a cui rompevamo le scatole per ottenere qualche informazione ci rispondevano con frasi come “dal ministero non ci hanno più fatto sapere nulla”, oppure “non posso aiutarvi ragazzi, ho già troppe cose a cui pensare”.
Abbandonati a noi stessi non riuscimmo più portare avanti il nostro lavoro, smettemmo di incontrarci per parlarne, i più grandi di noi si diplomarono, gli altri furono coinvolti in altri progetti, e ci disperdemmo. Fine della favola. Nulla era cambiato, se non noi. In ciascuno di noi quell’esperienza ha piantato un seme, quello della voglia di innovare. Dopo hack4school il mio modo di vedere le cose è cambiato radicalmente! Nulla mi sembra impossibile o irrealizzabile, spesso mi sento dare dell’illuso o del megalomane, mi dicono che vivo nel mondo dei sogni, ma non è così. Sono semplicemente convinto che con tanto lavoro e buona volontà nessuna meta è irraggiungibile, soprattutto ai giorni nostri in cui Internet rende tutto molto più facile.
C’è una cosa però che non mi è andata giù di questa storia e non parlo del fatto che gli uomini del ministero si siano dileguati dopo la presentazione dei progetti. La cosa che più mi ha amareggiato è il fatto che il progetto iSchool e il concorso hack4school siano rimaste iniziative isolate. Io, da partecipante, posso assicurare che questa iniziativa ha davvero avuto successo in quanto, al di là del fatto che i progetti siano stati realizzati o meno, la partecipazione di noi ragazzi è stata assolutamente attiva e positiva. È davvero stato un esempio di rivoluzione dal basso e penso che sarebbe un grosso errore non dare l’opportunità a noi ragazzi, che in questa corsa all’innovazione ci siamo nati, di esprimere le nostre idee e i nostri sogni su un tema, quello della scuola, che davvero ci sta a cuore. Quello che mi piacerebbe sapere è se davvero tutta questa storia ha significato tanto solo per noi studenti o se anche qualcuno come si suole dire “ai piani alti” si sia reso conto di quanto fosse potente e necessario il messaggio che è stato lanciato con quell’iniziativa. Non toglieteci la possibilità di modellare il nostro futuro.
Per quel che conta io ora sono al primo anno di Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano e la voglia di sviluppare Elekto mi scorre ancora nelle vene come quando l’abbiamo ideato. Entro un paio d’anni spero davvero di riuscire a realizzarlo per dare sostanza al nostro tanto sperato cambiamento.
di Moreno Raimondo Vendra
Ex studente dell’I.T.E. Tosi di Busto Arsizio
Finalista nel concorso hack4school.