Vincenzo Lionetti, padre della ristoceutica, spiega come un insieme di ingredienti, messi insieme con intelligenza, può diventare un pasto funzionale. Molte startup hanno sposato questa filosofia
Tutto è iniziato in corsia. Qualche anno fa il professor Vincenzo Lionetti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha notato che i pazienti erano costretti ad assumere alimenti che non avrebbero mai potuto aiutarli né in fase di preparazione né di recupero da un intervento chirurgico. Da lì è nata l’idea di sviluppare mense, che potessero preparare alimenti personalizzati, adatti alle risposte biologiche e persino al sesso delle singole persone. Questo percorso poteva contribuire ad accelerarne le dimissioni, ma soprattutto a migliorarne la sopravvivenza.
Da questa idea e dalla sua applicazione è nato uno studio e un libro, Ristoceutica. La scienza rivoluzionaria per imparare ad associare e cucinare gli alimenti in modo più salutare (Mondadori). L’Università degli Studi di Bari oggi ospita una Spring School dedicata all’argomento. A breve, in occasione del Teaching Kitchen Research Conference di Los Angeles, verranno presentati i dati di uno studio sui maccheroni in ambito ristoceutico, realizzato da Leonetti. Sì, perché anche un maccherone può fare la differenza.
Cibo, sinergie e consapevolezza
“Ingeriamo cibo per fame o per desiderio, ma nessuno si chiede mai se, al di là delle sensazioni, ci siano ripercussioni per la propria salute – spiega Lionetti – Ci sono tanti criteri nella scelta degli ingredienti, come quello della sostenibilità. Ma al di là di questo ci sono criteri nutraceutici a noi sconosciuti. In un piatto di pasta, ad esempio, la componente grassa dell’olio extra vergine d’oliva rallenta l’ascesa picco glicemico. Le fibre contenute nella pasta integrale potenziano l’assorbimento dei polifenoli. Creare un piatto che ci faccia bene, senza rinunciare al gusto è possibile”.
“La sinergia tra gli alimenti rende un pasto funzionale, ma per associarli in modo corretto dobbiamo conoscere bene le materie prime”
Infatti, forse non tutti sanno che ciò che c’è in frigorifero è una composizione di piante officinali e alimenti funzionali come il pesce azzurro. Basti pensare che l’olio evo è considerato un farmaco dalla Food and Drugs Administration. La borragine? Anch’essa un alimento farmacologico. Ma, nella nostra ignoranza, continuiamo a combinarli in modo improprio. Cosa dovremmo fare? “È fondamentale leggere le etichette, che devono essere rese sempre più chiare a vantaggio del consumatore”.
“Inseguire il cavallo della caloria non basta: Bisogna comprendere quale alimento mangiare in base alle sue proprietà”
La verità è che abbiamo scelto di rinunciare alla prevenzione a tavola, accettando l’eventuale cura “a valle”. Lo abbiamo fatto perché abbiamo smesso di guardare ciò che mangiamo.
“Questo è successo quando non abbiamo avuto più tempo e attenzione da dedicare alla cucina e alla condivisione del cibo”. Infatti, tra i criteri della dieta mediterranea non c’è solo la stagionalità e il movimento fisico: conta anche quello che mettiamo in comune a tavola. “Per questo è bene fare la spesa sazi, in modo da osservare meglio cosa compriamo e la sua qualità. Meglio scegliere il metro zero, con fornitori locali. Inoltre, invece di far “invecchiare” il cibo in frigorifero, è preferibile sbollentarlo e congelarlo per poter arrestare il processo di deterioramento”.
Un epidemia da combattere
L’idea del cibo come medicina piace alle startup e agli investitori, che investono cifre sempre più importanti in questo genere di attività. A fine settembre 2022 è nata la Food, Nutrition and Health Investor Coalition (FNHIC), una call to action per portare 2,5 miliardi di dollari di investimenti privati nel settore. All’interno della cordata ci sono venti partner.
L’obiettivo è far scendere sui 50 miliardi di dollari che il sistema sanitario americano deve sborsare ogni anno a causa delle conseguenze sanitarie di una cattiva nutrizione. Fornire pasti creati in base ai bisogni medici delle persone significa utilizzare il cibo come arma contro le malattie. Ci sono oltre 34 milioni di americani che sperimentano ogni giorno incertezza alimentare e 117 milioni di persone che soffrono di patologie correlate all’alimentazione, come diabete e malattie cardiovascolari. La crisi nutrizionale negli Stati Uniti è un’epidemia molto pericolosa. La buona notizia è che le risposte ci sono, ma richiedono investimenti.
Le startup che fanno business con la ristoceutica
Creare pasti bilanciati, che rispondano alle esigenze nutrizionali di chi non ha tempo di cucinare, è diventato il core business di alcune startup italiane. Un esempio su tutti? Nutribees. Nonostante quello italiano non sia il mercato ideale per questo tipo di imprese – troppa tradizione e cultura gastronomica per delegare i nostri pasti a qualcun altro – molti founder hanno iniziato a guardare oltreoceano. Come dimostra l’interesse per i dati raccolti da Lionetti, il mercato più ricettivo è proprio quello degli Stati Uniti.
Vita Meals
“Vogliamo rendere semplice per tutti l’alimentazione sana e personalizzata”. Con questo motto, la startup italiana Vita Meals crea pasti bilanciati ogni giorno. Il suo fondatore, Andrea Lippolis, è stato scelto tra i 30 under 30 di Forbes. Ha iniziato consegnando i primi pasti in scooter a Lecce. Ora la sua startup ha superato diversi round di investimenti. Si può scegliere una formula di abbonamento, in cui inserire i propri parametri e gli obiettivi da raggiungere. Gli chef preparano i piatti adatti al programma, conservabili in frigo per 7-10 giorni o in freezer per 3 mesi. Bastano due minuti per riscaldare le pietanze e consumare un pasto naturalmente bilanciato, trasportabile ovunque.
Heallo
“La natura ha tutto ciò che serve, Heallo lo valorizza”. Torna il valore della conoscenza di ciò che abbiamo già a disposizione, con l’aggiunta che questa startup è in grado di ricavare ingredienti e supernutrienti da matrici naturali e residui di produzione. Obiettivo: contrastare i problemi dovuti a un’alimentazione non corretta. Grazie alla biotecnologia naturale, lo staff guidato da Francesca Varvello crea alimenti e integratori innovativi ad alto valore nutraceutico. Primo fronte di applicazione: i diabetici. Infatti, i prodotti realizzati sono in grado di ridurre l’impatto glicemico con la semplice aggiunta di una fibra solubile, ottenuta attraverso un processo enzimatico brevettato.
Edoapp
A proposito di consapevolezza, Edoapp è un assistente personale che guida i consumatori verso una spesa sana. La sua azione è mirata proprio a migliorare la comprensione delle etichette alimentari, riassumendo e rielaborandone le informazioni. Basta inquadrare il codice a barre del prodotto per avere un riassunto di tutte le informazioni nutraceutiche e ottenere un voto. Da 0 a 10, l’app spiega se quel prodotto è sano e consigliabile. L’obiettivo è quello di fornire assistenza a chi si trova al supermercato, orientandolo verso scelte più salutari.