A pochi giorni dall’aumento di capitale da 18 milioni di euro il CEO della traveltech, Andrea D’Amico, svela strategie e ambizioni in questa intervista esclusiva. «Il settore dei viaggi è stato uno dei primi a digitalizzarsi e continuerà a essere sempre più tech»
Anche Paolo De Nadai, cofounder di WeRoad, sarà con noi al SIOS23 Winter Edition, che torna giovedì 21 dicembre a Milano nel prestigioso Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana. Vieni ad ascoltarlo dal vivo e iscriviti qui all’evento. Scopri qui tutti gli speaker e il programma.
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La mission è stata chiara sin dall’inizio: non mettere in piedi la solita piattaforma di viaggi ma una realtà che fosse in grado di rispondere a un bisogno sociale: quello di condividere esperienze. Così, nel 2017, Paolo De Nadai, quasi trentenne con una già brillante carriera alle spalle come fondatore di ScuolaZoo e ZooCom, da viaggiatore appassionato e instancabile va alla ricerca di nuovi stimoli. In quel periodo l’offerta di viaggi è limitata: o si parte in solitaria o ci si appoggia a tour operator che offrono un buon servizio ma che allo stesso tempo sono lontani dai bisogni delle nuove generazioni. Al rientro dalla Nuova Zelanda, Paolo mette in ordine le idee e disegna la struttura di quella startup che oggi punta a diventare leader paneuropeo di viaggi di gruppo per millennial. Assieme a Fabio Bin realizzano la piattaforma e pensano al brand. Dalla prima riunione davanti a un panettone e una bottiglia di spumante durante le feste natalizie nel 2016, nell’arco di 3 mesi quella realtà prende concretezza. A marzo 2017 WeRoad è online con 8 itinerari. Segue una crescita rapidissima e l’incontro con Erika De Santi, pochi mesi dopo, che si dedica al prodotto turistico e alla costruzione della community di coordinatori. A settembre 2017 il primo vero nucleo del team è pronto a partire. Paolo (che sarà nostro ospite a SIOS23 Winter) ancora non ci crede. Quello che è venuto dopo ce lo racconta l’attuale CEO di WeRoad, Andrea D’Amico, a pochi giorni dalla chiusura del round di Serie B da 18 milioni di euro.
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Dalla nascita di WeRoad a oggi ne avete fatta di strada, vi aspettavate questo successo?
Beh, credo che quando un’azienda pone al centro della sua attività il benessere e le esigenze delle persone abbia le basi per raggiungere il successo. E il tasso di crescita di questi anni, compreso il periodo della pandemia – quando viaggiare era vietato – lo dimostra. Certo, questo non basta, perché serve una gestione oculata e lungimirante oltre a professionisti in grado di raggiungere gli obiettivi. Il team di WeRoad in questi anni ha fatto – e continua a fare – un grande lavoro.
In termini di fatturato, quali sono i numeri e quali le prospettive di crescita?
Negli ultimi 12 mesi abbiamo raddoppiato il nostro fatturato, chiudendo il 2023 a 60 milioni di euro e, parallelamente, abbiamo sostenuto la crescita della community europea dei coordinatori, che è passata da 1.200 a 2.500 persone. Alla fine di quest’anno supereremo le 100mila persone portate in viaggio da quando è nata WeRoad. Tutto questo è un’ottima base per raggiungere l’obiettivo che ci siamo posti: essere leader paneuropeo entro il 2025 nei viaggi di gruppo. Sono convinto ci aspetti un brillante futuro: in soli 5 anni, nonostante una pandemia globale, siamo riusciti a conquistare il mercato dei viaggi di gruppo per millennial.
Più nel dettaglio, in quale forma impiegherete il capitale raccolto dall’ultimo round?
L’investimento nella tecnologia è la nostra priorità. Solo quest’anno abbiamo portato in viaggio 50.000 persone da 5 differenti mercati operando migliaia di turni di viaggio con altrettanti coordinatori. Proponiamo 300 itinerari differenti e abbiamo lanciato il marketplace di WeRoadX (che abilita i coordinatori a progettare e operare i loro tour) in Italia e in Spagna. Abbiamo tessuto relazioni con oltre 70 partner locali in tutto il mondo, operando con decine di valute, e gestiamo la formazione e la crescita professionale di 2.500 coordinatori. Tutto questo senza la tecnologia non sarebbe stato possibile. Ma investiremo ulteriormente in ambito tech nella direzione di quella che chiamiamo “one platform”: un ecosistema che fungerà da markletplace in cui travel designer, coordinatori, fornitori di servizi locali e DMCs (Destination Management Companies) potranno creare e mettere a disposizione le proprie esperienze.
Avete in mente di sfruttare il potenziale dell’AI in qualche modo?
Si, inizieremo a sperimentarla prima di tutto in ambito customer care e di relazione con l’utente, ma saranno step progressivi di test & learn perché non vogliamo perdere il nostro aspetto più “umano” in questo momento. Contemporaneamente vogliamo estenderci sempre di più in ambiti che vanno al di fuori dell’esperienza di viaggio: già oggi realizziamo eventi con cadenza mensile nelle principali città italiane ed europee e maxi eventi per i coordinatori, che sono anche l’occasione per conoscere nuove persone. L’idea è di presidiare sempre più questi momenti di tempo libero andando a sviluppare in futuro un’app che consenta di ingaggiare ancora di più la community di WeRoader e coordinatori, sia in viaggio che al di fuori dell’esperienza stessa.
In tema di mercati, dove pensate di espandervi nel breve e nel lungo termine?
L’obiettivo di WeRoad è diventare leader paneuropeo di viaggi di gruppo per millennial entro il 2025, quindi la crescita in Europa è il nostro focus. Attualmente operiamo nei principali 5 mercati: dopo l’Italia, in Spagna e nel Regno Unito, e a fine 2022 siamo entrati nel mercato francese e in quello tedesco. Abbiamo uffici e team locali nelle relative capitali e questo è determinante per servire questi mercati, anche dal punto di vista del recruiting e della gestione delle community locali di travel coordinator. Il modello di WeRoad è “country” e “language based”: i WeRoader francesi, ad esempio, viaggiano in lingua francese con un coordinatore francese, lo stesso avviene per i tedeschi, gli spagnoli e gli italiani. L’apertura del mercato inglese e una community di 2.500 coordinatori poliglotti ci abiliterà nei prossimi mesi a servire anche altri mercati europei come quello irlandese, olandese e dei Paesi del Nord Europa senza necessità di un presidio locale, e ad operare viaggi in lingua inglese. In futuro vorremmo arrivare anche su altri mercati.
Come vedete il futuro del travel tech?
Il settore dei viaggi è stato uno dei primi a digitalizzarsi fin dall’inizio degli anni Duemila. Se ci pensiamo, al giorno d’oggi è perfino difficile ricordare un mondo in cui si era obbligati ad andare in agenzia per prenotare un aereo o una vacanza. È, però, un settore che non ha mai smesso di innovarsi: più mezzi di trasporto, più soluzioni di accomodation, più servizi orientati alla ricerca della convenienza. La fase in cui ci troviamo ora, che immaginiamo proseguirà in futuro, è quella delle esperienze. Aerei e alberghi sono di fatto una commodity e permettere di trovare, ma soprattutto di far vivere esperienze uniche e il più possibile esclusive (dove l’esclusività non è solo una questione di status e prezzo) è la direzione principale. Facciamo vivere al viaggiatore un’esperienza end-to-end: dalla ricerca al booking, dalla customer experience digitale al post.
In che direzioni si muoverà l’Italia e dove sta guardando in questo momento?
La direzione è quella di andare oltre le commodities e offrire un’esperienza totale che sia gratificante per l’utente in ogni momento della sua customer journey. C’è anche un altro aspetto che va considerato da un punto di vista di business: la tecnologia è un abilitatore fortissimo per lo sviluppo e la crescita, e al tempo stesso rende molto più accessibile lo scaleup e la penetrazione su mercati al di fuori dei confini nazionali. Questa è una grande opportunità per le aziende travel del nostro Paese come WeRoad. Noi ce la stiamo mettendo tutta e speriamo di raggiungere gli obiettivi prefissati.