L’intervista a Nunzio Martinello, Ceo di una startup “full remote”
«Nel full remote le persone si fermano e fanno i conti con se stesse. Riflettono seriamente su come stanno». Nunzio Martinello è a capo di una startup, Akiflow, nata, incubata e sviluppatasi senza una sede dove dipendenti e collaboratori potessero incontrarsi, scambiare due chiacchiere alla macchinetta del caffè, schedulare una riunione prenotando la sala di modo che tutti fossero comodi. «Il workplace sta cambiando», ha spiegato a StartupItalia in una call da Dubai, poco prima di spostarsi a Barcellona dove passerà alcune settimane insieme a parte del team. «Siamo in una decina in tutto: lavoriamo da Spagna, India, Brasile, Italia e Romania». Ma i paesi non sono fissi: dipende dalla volontà dei singoli.
I nomadi digitali esistono eccome. Prima della pandemia erano come curiose specie da osservare e invidiare. Oggi molte aziende nascono con questa struttura. «Una sede, in realtà, l’abbiamo. In Dalaware, Stati Uniti. In Y Combinator (uno degli acceleratori USA più importanti al mondo, ndr) ce l’hanno spiegato chiaro e tondo quando abbiamo iniziato il percorso: aprite qui, è l’unico modo per aprire le porte ai finanziamenti». Fondata nel 2020 insieme a Sebastiano Favaro e Nicola Possagnolo – con i quali Martinello è attivo anche nella digital marketing company Noonic -, Akiflow è una piattaforma digitale per la pianificazione del lavoro che convoglia in un unico strumento tutte le app che si utilizzano nell’attività quotidiana, dal calendario alle e-mail.
Akiflow: il round seed
Dopo aver partecipato, guarda caso, nel primo batch completamente da remoto di Y Cominator, la startup ha pivotato, cambiato il proprio modello per concentrarsi su ambienti di lavoro virtuali, dove gli aggiornamenti real time e la condivisione del flusso di lavoro permettano alle persone di organizzarsi la giornata. Akiflow ha appena chiuso un aumento di capitale, il round seed da 1,8 milioni di dollari, nel quale hanno partecipato soggetti come Benson Oak Ventures e tech angel come Enrico Pandian (qui trovate una nostra recente intervista a Pandian rispetto proprio all’ecosistema startup in Italia). «Investiremo queste risorse per assumere software developer – ha detto il Ceo -. Da qua al round Serie A dovremo dimostrare di aver trovato un canale scalabile».
Si può crescere senza una sede?
Di Akiflow vi avevamo già raccontato in questo articolo e a due anni dallo scoppio della pandemia, con la ripresa generale nelle principali città, ci è parso interessante ragionare sul futuro degli uffici, dei coworking e in generale degli spazi del lavoro così come finora li abbiamo sempre pensati e costruiti. «Se si vuole far qualcosa al top di qualità, per me, non ha più senso parlare di uffici. Non perlomeno per come li abbiamo sempre utilizzati: lunedì-venerdì, 9-17». La presenza fissa non è più imprescindibile per un buono, o magari ottimo risultato di team. C’è chi però evidenzia un plus dello stare insieme: è lì che nascono le migliori idee. E dove può accadere questo se non in ufficio?
È qui che Martinello suggerisce il cambio di mentalità. Sappiamo tutti quanto il lato oscuro dello smart working abbia il volto di continue call e lavoro no stop. A tendere, addirittura, molti potrebbero perfino sfruttare l’occasione dell’ufficio per rallentare. «Non sono d’accordo sul fatto che in presenza ci sia più brain-storming – ha commentato Martinello -. In presenza si generano occasioni di. Ma anche da remoto si può creare la situazione da macchina del caffè. Dal vivo per una volta che si crea un’occasione di confronto valido ci sono altri nove momenti in cui ci si distrae. Meglio invece creare momenti obbligatori da remoto: qui è l’azienda che deve fare uno sforzo. Negli uffici, inoltre, ci si isola sempre e comunque nel proprio gruppo».
Libertà massima. Con la regola di incontrarsi
Per una startup abituata a lavorare su più fusi orari come Akiflow la sfida è di carattere manageriale. «Non esiste una giornata lavorativa da noi. Ci assicuriamo però che ogni giorno ci siano diversi punti di contatto con i colleghi online, come stand up col team o con un micro team». Facile, si potrebbe pensare, per chi si è fatto le ossa negli ultimi anni, magari non partendo da junior. Ma anche su questo aspetto Martinello pare fiducioso: una nuova risorsa, da far crescere all’interno di un’azienda full remote, ha tanto spazio per farsi notare e seguire. «È sempre una carenza del manager quella di non star dietro ai propri».
Y Combinator: quel che rimane
Su StartupItalia vi avevamo presentato Akiflow proprio perché era riuscita a entrare a far parte di uno dei percorsi di incubazione più famosi al mondo. Y Combinator ha svezzato realtà come Dropbox, Airbnb, Twitch. «Il percorso è durato tre mesi. Abbiamo fatto application perché non avevamo nessun contatto col network USA, di gran lunga il più importante. La Silicon Valley, per molto tempo, ha lavorato da remoto». Rispetto alla cultura europea e italiana, focalizzata sul pitch deck, là vogliono dati sulla traction, un prodotto che abbia senso, e il mercato potenziale». Ad oggi Akiflow serve aziende tra Europa e Stati Uniti.
In un 2022 burrascoso, tra incertezza e paura, c’è chi fa all-in sul full remote. Difficile dire quale sarà il precipitato di questo periodo. Gli indizi, però, non mancano: tanto per citarne uno, il posto a tempo indeterminato non è più tanto desiderabile come un tempo e lo si nota dal fenomeno delle grandi dimissioni. «Le persone – ha concluso Martinello – sanno e vogliono organizzarsi da sè la propria giornata e il proprio lavoro».