Privacy weekly | Da questa settimana su StartupItalia ogni venerdì ospitiamo il guest post di Guido Scorza, avvocato e componente del Collegio del Garante per la Protezione dei dati personali. Un viaggio intorno al mondo su tutela della privacy e digitale.
Non si può fermare il progresso tecnologico: sarebbe come provare a ostacolare la marea con le mani. Ma questo non vuol dire che l’evoluzione in corso debba sacrificare privacy, diritti e tutele dei singoli utenti e delle comunità. Su StartupItalia da oggi e ogni venerdì ospitiamo il guest post di Guido Scorza, avvocato, giornalista, professore a contratto di diritto delle nuove tecnologie e privacy nonché componente del Collegio del Garante per la Protezione dei dati personali. Per saperne di più potete leggete qui le notizie quotidiane di privacy daily o iscrivervi alla newsletter di #cosedagarante.
***
Nella settimana che ci stiamo per buttare alle spalle, a proposito delle “cose dei dati”, poche notizie hanno tenuto banco come quelle – e sono state tante – relative alla libera, meno libera o nient’affatto libera circolazione dei dati in giro per il mondo e dei rischi connessi. Le danze le ha aperte la Commissione europea, che ha ordinato ai suoi dipendenti di disinstallare TikTok dai propri dispositivi per non meglio precisate ragioni di sicurezza, che appaiono, comunque, legate al rischio che il Governo cinese – alle cui leggi la società proprietaria dell’app evidentemente è soggetta – possa ficcanasare nei dati degli utenti. A cominciare, ovviamente, da quelli – oltre che personali politicamente sensibili – di chi lavora per il Governo europeo. E alla Commissione ha fatto eco, con analoga decisione, il Parlamento europeo. Ma negli stessi giorni, anche la Casa Bianca, ha chiesto ai suoi dipendenti di disfarsi delll’app cinese e ha dato disposizioni ai suoi uffici competenti per verificare che l’ordine sia rispettato. E non si è parlato solo di TikTok. Ha fatto discutere, per restare allo stesso problema, anche la decisione del Governo tedesco di resistere alle richieste dell’Autorità garante privacy federale, che, per ragioni analoghe – questa volta legate al rischio che l’intelligence americano abbia ancora un po’ troppa autonomia nell’ accedere ai dati personali anche degli utenti europei – gli aveva chiesto di chiudere ogni pagina e profilo su Facebook. “Restiamo perché riteniamo che sia utile ai cittadini” è stata la risposta del Governo di Berlino.
Ma la notizia protagonista assoluta della settimana sul versante della circolazione transfrontaliera dei dati personali è, indiscutibilmente, quella arrivata martedì da Bruxelles con la pubblicazione da parte del comitato dei Garanti europei per la protezione dei dati personali del proprio parere sul draft di decisione di adeguatezza dell’ordinamento americano a quello europeo in fatto di protezione dei dati personali. Per intenderci, si tratta della decisione con la quale avrebbe dovuto essere risolta l’annosa questione relativa, appunto, al trasferimento dei dati personali tra Europa e Stati Uniti, (ri)apertasi dopo che il 16 luglio 2020 la Corte di Giustizia ha annullato la precedente decisione di adeguatezza – nota come “Privacy Shield” – e, nella sostanza, dichiarato gli Stati Uniti un approdo non sufficientemente sicuro per i dati personali dei cittadini europei. Il parere apprezza i passi avanti fatti dal Governo americano per risolvere il problema, ma dice anche che ancora non ci siamo e che persistono una serie di perplessità che impediscono, per lo meno allo stato, di accendere la luce verde al transito dei dati personali tra Europa e Stati Uniti. Insomma chi pensava che fossimo alla vigilia della soluzione, dovrà, almeno per ora, avere un po’ di pazienza in più. Il tema – tanto che si guardi a est, quanto che si guardi a ovest – è gigantesco perché Internet è globale e per funzionare ha bisogno che i dati, inclusi quelli personali, circolino da una parte all’altra del mondo. Qualche eccezione è, naturalmente, sostenibile, ma se le eccezioni in questione si chiamano Stati Uniti e Cina, l’affare si complica. Ma, al tempo stesso, ovviamente, non si può neppure accettare l’idea che per tenere Internet aperta le regole europee di protezione dei dati personali siano travolte, ignorate o disattese. Questo, infatti, vanificherebbe gli sforzi enormi che abbiamo fatto sin qui per rivendicare la centralità della persona, della dignità umana e dei diritti fondamentali – a cominciare proprio dal diritto alla privacy – nell’ecosistema digitale.
Tra le altre notizie della settimana su privacy e dintorni, probabilmente, merita di essere segnalata l’opinione di Martin Cooper, l’inventore del telefonino, a proposito dei rischi ai quali la sua creatura espone la privacy, nonché lo straordinario successo che, secondo un rapporto di CBInsights, le tecnologie blockchain stanno avendo nel settore Fintech.