Il sogno di ogni startupper ovvero realizzare un successo di portata mondiale, lei l’ha già da un pezzo alle spalle. Non è bastato per convincere in Italia gli “addetti ai lavori” a scommettere sulla sua nuova impresa, che invece ha già trovato importanti partnership all’estero. Così, Francesca Cavallo, startupper, imprenditrice e scrittrice ha deciso di ripartire da sola, in Italia. «Rinunciare a uscire qui, io che vengo dal paese di Maria Montessori, Elena Giannini Belotti Gianni Rodari, Loris Malaguzzi?», si è chiesta con sano orgoglio “patriottico-pedagogista”, rievocando grandi figure dell’educazione e della letteratura per l’infanzia.
Per questo dopo il successo del suo “Storie della buonanotte per bambine ribelli”, realizzato assieme a Elena Favilli – circa otto milioni di copie vendute in tutto il mondo, quasi un milione in Italia, risultati senza precedenti come caso editoriale partito col crowdfunding – Francesca ha lanciato di recente il suo nuovo libro.
Parliamo di “Storie Spaziali per Maschi del Futuro” che senza un editore e una distribuzione tradizionale in poche settimane ha conquistato un posto stabile nelle prime posizioni delle classifiche grazie alla vendita solo online, in attesa di uscire fra pochi giorni in Brasile e Danimarca. Presto arriverà in mezzo mondo in inglese, portoghese, tedesco, danese, spagnolo, catalano e croato.
A tu per tu con Francesca Cavallo
Sono passati dodici anni ma sembra un’era geologica, da quando Francesca, origini tarantine classe 1983, assieme ad Elena aveva sbalordito la platea del concorso startup di Mind the Bridge con una presentazione travolgente di “Timbuktu Labs” (io ne avevo scritto in un blog che tenevo per Forbes), progetto di editoria digitale per realizzare una rivista internazionale per bambini in inglese e cinese su tablet, vincendo la competizione e trasferendosi oltreoceano, prima a San Francisco poi a Venice nell’area di Los Angeles. Grandi apprezzamenti ma scarsa redditività, gli ultimi dollari erano così finiti nella scommessa di un libro per ispirare le ragazze a sfondare il soffitto di cristallo che frena le loro ambizioni, ispirandole con storie di grandi protagoniste femminili della storia e dell’attualità, successo mondiale che ha letteralmente tenuto a battesimo un nuovo genere di letteratura per ragazzi.
Dopo tanti successi, ripartire da sola con spirito da startupper… com’è successo?
Avevo finalmente concluso un lavoro durato due anni per il nuovo libro, ero alla vigilia di una delicata operazione chirurgica e aveva mandato la proposta a diversi editori italiani. Convalescente, avevo riaperto dopo giorni la posta elettronica convinta di poter scegliere fra diverse proposte… invece nessuno aveva risposto! E l’unica proposta era poi arrivata da una grande casa editrice… ma con un compenso che non copriva nemmeno i costi sostenuti per pagare l’illustratore. Allora ho deciso di fare da sola. Per un libro che ha trovato all’estero diversi editori.
Com’è nata l’idea di un libro dedicato ai ragazzi?
In mille presentazioni ero stata tempestata dalla stessa domanda: E i maschi? Una domanda che mi infastidiva ma che in realtà toccava un punto delicato e ha innescato una riflessione. Se nelle favole le protagoniste femminili sono in genere figure subalterne, bisognose di protezione, che sognano di realizzarsi trovando il principe azzurro… cosa sappiamo di questi principi azzurri? Che in genere si sposano non tanto per amore quanto per tutelare una proprietà, la continuità del casato… ma nulla sappiamo del loro stato interiore. Ed è su questo che mi sono concentrata.
E cosa hai scoperto con questa riflessione?
Che nel delineare i personaggi maschili, nelle favole dubbi, dolori, incertezze sono nascosti, come se dovessero occultare vulnerabilità, fragilità. A differenza di molte protagoniste femminili, non si ribellano quasi mai ai piani delle loro famiglie, il loro fine è custodire l’integrità del regno, anche se per farlo devono sacrificare la propria, di integrità. A pensarci bene, sembra che a esternare un tormento interiore nei protagonisti delle favole siano solo esseri così “diversi” dallo stereotipo maschile da avere un aspetto ‘osceno’, fuori dai canoni tradizionali, come la Bestia e Quasimodo, il gobbo di Notre Dame. Da lì l’idea che fosse necessario riscrivere questo Immaginario. Un lavoro difficile, durato due anni.
Con una prospettiva molto diversa da quella delle Bambine Ribelli…
Sì, perchè se per le bambine l’obbiettivo era spronarle ad andare alla conquista del mondo con storie d’ispirazione, per i bambini l’obbiettivo è di spingerli alla scoperta di sè. Contro qualsiasi evidenza scientifica, ci siamo convinti che i ragazzi siano più semplici delle ragazze, che le loro identità siano meno sfaccettate, i loro bisogni più rudimentali. Queste convinzioni ci impediscono di osservare i nostri ragazzi con la dovuta attenzione, di aiutarli a coltivare la loro vita emotiva e spirituale con la dovuta cura. Ci impediscono perfino di renderci conto di quando hanno bisogno di noi… E allora che si fa? Storie Spaziali per Maschi del Futuro è la mia risposta a questa domanda. Dodici fiabe ambientate su pianeti immaginari, ciascuna incentrata su un aspetto chiave dell’identità maschile. Per andare non alla conquista del mondo ma alla scoperta di se stessi. E lo spazio che ognuno ha dentro di sé è infinito… per questo ho deciso di portarli nello spazio.
Ma come con le Bambine Ribelli, il filo conduttore rimane la scoperta di sé e una nuova consapevolezza, anche degli stereotipi da abbattere.
Quanto siano radicati questi stereotipi l’ho capito pure durante la stampa dei libri precedenti… un tipografo aveva applicato una “censura” a una delle protagoniste attenuando alla pressa il colore nero di una modella, che gli era sembrata “troppo nera” per sfilare…un disegnatore aveva cambiato invece le proporzioni del corpo di un soggetto disabile… che proprio per la sua disabilità era sproporzionato! Ma è stata una grande soddisfazione che ci siano state bambine che si presentavano con la loro storia scritta: “Un giorno sarò in questo libro”. E che tante donne anziane abbiano letto Bambine Ribelli, che aveva ispirato loro una riflessione sul passato… spero accada anche agli uomini con questo nuovo libro.
Il tema della gestione delle emozioni e dell’identità maschile è drammaticamente attuale, in un’epoca in cui la cronaca è segnata da episodi di violenza e femminicidi.
Il mio modo di ‘abitiare’ i libri per l’infanzia ha sempre questo taglio legato all’attualità. Dai tempi della rivista per tablet, un dialogo forte con la contemporaneità caratterizza in modo unico tutti i miei libri, come “Il Dottor Li e il virus con in testa una corona”, che è stato il libro per ragazzi sulla pandemia più letto al mondo. E vale anche per queste Storie Spaziali. Ci siamo concentrati sull’educare le bambine e abbiamo compiuto progressi giganteschi, dalle loro aspettative al farle trovare un lavoro che piace. Ma quel che non abbiamo fatto è educare i maschi, giovani cresciuti con le stesse storie dei padri su una maschilità segnata da eroismo, emotività rudimentale… ma il mondo è cambiato e crescendo il banco è saltato creando dolore… abbiamo bisogno di uomini che sappiano navigare la propria emotività e quella degli altri, dobbiamo offrire storie con maschi capaci di affrontare la loro emotività, liberarli dal ‘peccato originale’ di essere maschi, dar loro la possibilità di specchiarsi in personaggi che sanno gestire la frustrazione e il rifiuto. E questo tocca pure gli stereotipi sulla guerra, ancor oggi celebrata come momento di formazione per l’uomo, cosa che non si può più prendere davvero sul serio, visto che sappiamo che la guerra è distruzione e morte. Serve un lavoro di decostruzione e ricostruzione di modelli e valori, in cui gli uomini possano essere esseri umani a 360 gradi.
Dopo un grande successo, sei rimasta una startupper… cosa ti ha insegnato questa avventura?
La cosa principale che ho capito è che all’inizio per Timbuktu lavoravo 14 ore al giorno ma non riuscivo a trovare un modello di sostenibilità e mi dicevo: quando l’avrò trovato potrò dire di essere imprenditrice. Invece è nel momento in cui stai provando che sei imprenditrice e startupper. Non è l’eventuale risultato a certificarti, oggi ho capito che si procede per tentativi e mi posso anche definire un’editrice, anche se in modo diverso. Ho cambiato il mio approccio, la bellezza del fare startup è che nel momento in cui tenti, non hai bisogno di certificare il successo: è il tuo tentativo a darti dignità.
E’ quasi uno stile di vita…
Sì, perché il modo più sano di guardare al proprio viaggio è considerarlo uno strumento di crescita personale che non è scindibile dall’attività professionale, che mi appassiona così tanto perché mi dà il quadruplo di possibilità di crescita… perché sono quattro volte tanto le difficoltà da affrontare. E questo mi aiuta, in un percorso di introspezione e crescita personale.