Un modello di Andrea Fosfuri suggerisce che le startup con team di fondatori piu’ capaci possono permettersi di aspettare che la loro invenzione si sviluppi in una vera e propria innovazione, quelle con team meno capaci devono affacciarsi al mercato prima e con minori guadagni
Una exit è l’obiettivo finale di molte startup. Tutte si trovano ad un certo punto ad affrontare un dilemma tra vendere subito a un prezzo più basso o investire nello sviluppo della loro invenzione e vendere più tardi a un prezzo più alto, questo ovviamente a patto di sopravvivere.
Un paper di Andrea Fosfuri, Professore Ordinario di Innovation presso il dipartimento di Management e Tecnologia dell’Università Bocconi e Dean della PhD School, e dei co-autori Ashish Arora e Thomas Rønde, di prossima pubblicazione su Management Science, studia il timing dell’exit e scopre che in massima parte dipende dalle capacità del team di fondatori. I team più capaci tendono a vendere tardi, quelli meno capaci tendono a vendere subito e quelli intermedi tendono a rimanere flessibili, senza vincolarsi a un timing particolare.
Abbiamo incontrato il professor Fosfuri per capire meglio da dove nasce l’idea di questo studio e di questo modello.
“Il racconto delle startup – ci dice Fosfuri- spesso si concentra su quelli che vengono definiti Unicorni, cioè quelle le startup che raggiungono un valore di mercato di oltre 1 miliardo di dollari. Insomma c’è sicuramente tanta attenzione verso chi ce la fa, ma la verità è che il 90% delle startup rischia di fallire. Per questo a partire dai dati che avevamo a disposizione abbiamo studiato un modello che determina quando per una startup è meglio una vendita in fase di prototipo e quando invece conviene sviluppare la propria tecnologia.”
Il ruolo dei Venture Capitalist
Lo studio mostra anche che una startup ha più probabilità di affacciarsi tardi al mercato quando il venture capital è più abbondante e la protezione della proprietà intellettuale è più debole. Lo stesso vale quando la cosiddetta capacità di assorbimento (cioè la capacità, che un acquirente deve possedere, di comprendere, sviluppare e integrare una tecnologia nascente) è costosa da sviluppare.
Nel modello sviluppato da Fosfuri e dai suoi coautori, le startup hanno risorse limitate, che possono essere destinate o a tentare una exit immediata (quando una startup ha solo un brevetto o un prototipo), o a sviluppare l’invenzione e vendere più tardi (con una tecnologia funzionante o un prodotto validato). Lo sviluppo, tuttavia, richiede capacità di scale-up e di esecuzione, che differiscono da una startup all’altra e che, in media, sono più comuni nelle aziende consolidate. Posticipare l’exit può quindi essere rischioso, perché le startup sono più inclini delle imprese consolidate a commettere errori nello sviluppo di un’invenzione in un’innovazione.
Perchè posticipare l’exit può essere rischioso?
“Per ogni Siri c’è un Qwiki”, ci racconta Fosfuri. Siri ha sviluppato il suo assistente virtuale in modalità stealth per più di due anni, poi ha commercializzato la tecnologia come app prima di essere acquisita da Apple nel giro di due settimane. La startup di video automatizzati Qwiki, al contrario, ha rifiutato un’offerta di 100 milioni di dollari da Google nel 2011, per poi essere acquisita per 50 milioni di dollari da Yahoo due anni dopo.
D’altro lato, i potenziali acquirenti possono partecipare al mercato iniziale solo se hanno sufficiente capacità di assorbimento (absorptive capacity). Così, solo un sottoinsieme dei potenziali acquirenti partecipa al mercato iniziale, il che si traduce in una minore concorrenza e in un prezzo più basso. Non solo: un minor numero di partecipanti significa anche una minore probabilità di un buon match tra la startup e l’acquirente. Parte del valore di una startup, spiegano gli autori, è idiosincratico – dipende cioè da quanto la tecnologia della startup si integri a quella dell’acquirente, e una buona corrispondenza è meno probabile quando pochi acquirenti competono per l’acquisizione. Ogni circostanza che riduca il numero di acquirenti che partecipano al mercato iniziale costituisce un incentivo per le startup a rimandare la vendita a più tardi.
Le capacità del team fondatore sono la risorsa più rilevante per una startup, quelle con manager capaci si affacciano al mercato più tardi, mentre quelle con team meno capaci sono costrette a farlo subito. I team con capacità di esecuzione intermedia dedicano risorse sia alla ricerca di un acquirente precoce, sia allo sviluppo dell’invenzione.
L’importanza delle proprietà intellettuale
Alcuni fattori possono influenzare la scelta del timing. Una maggiore protezione della proprietà intellettuale, ad esempio, rende meno costoso affacciarsi al mercato iniziale (le startup non devono preoccuparsi che altre aziende utilizzino le loro idee) e una protezione più debole può indurre a rimanere in modalità stealth più a lungo. Una maggiore disponibilità di venture capital, inoltre, porta a una riduzione dei fallimenti per cattiva esecuzione, ovvero ad un aumento della probabilità di raggiungere una fase successiva. La scarsità di start-up nel mercato iniziale dovuta all’abbondanza di venture capital, osservano gli autori, può scoraggiare le imprese consolidate dallo sviluppare capacità di assorbimento e questo può essere uno dei motivi per cui le aziende americane stanno tagliando i loro investimenti in ricerca scientifica.
Il fattore umano
Non a tutto però i numeri possono dare una risposta. Una parte molto rilevante della vita di una startup la gioca proprio l’indole e il carattere dell’imprenditore. “Il nostro modello non può prendere in analisi fattori come i caratteri dei fondatori, ma questi spesso giocano un ruolo fondamentale nella storia e quindi nelle scelte strategiche di una startup.” Come nel caso di Qwiki essere troppo “innamorati” della propria idea può far perdere occasioni importanti.