Matteo Troìa, studente di udine: “Voglio raccontarvi una storia di Innovazione con la “i” maiuscola, sembra quasi una favola che inizia, finisce (e proseguirà) bene”
Sono stato ospitato da alcuni studenti di una classe quarta superiore dell’Istituto Malignani di Udine, e al termine della lezione mi hanno parlato del loro progetto realizzato con Udoo, un computer, in tutto e per tutto. Un sistema che riunisce il software di Arduino Due e il Raspberry, per dare origine ad una sorta di “Arduino intelligente”, in una scheda 8,5cm x 11cm che riesce ad elaborare e a computare sequenze di istruzioni senza difficoltà. Guidati dal loro insegnante di informatica, il professore Luca Peresson, questi ragazzi si sono cimentati nel progetto MANDEE, acronimo di MAlignani New Digital Educational Environment, un progetto che mette assieme tecnologia, didattica innovativa, ambiente, senso civico e innovazione.
La tecnologia
L’istituto Malignani ha acquistato 60 computer UDOO non appena si è sparsa la voce di questo progetto, nato dal lavoro di un team composto anche da italiani. Questi mini computer hanno un consumo di 6 watt ciascuno, sono privi di ventole di raffreddamento e montano una SD card dove puoi caricare il tuo sistema operativo. UDOO esiste nella versione dual core o quad core, possiede 1gb di RAM e sta in una mano. Gli studenti del Malignani hanno messo a punto assieme allo Linux Group di Udine una distribuzione apposita che potesse fornire loro un’interfaccia grafica facilmente utilizzabile per la didattica. Un computer tradizionale fa da server, il quale ha il compito di gestire 30 macchine su cui lavora UDOO come client. Il server gira su un computer dove è installato Fedora, ma in realtà è montato su una macchina virtuale in modo da facilitarne la manutenibilità e gli aggiornamenti.
Didattica innovativa
Il professore mi mostra come grazie a Epoptes (un software open source in continuo sviluppo da parte di insegnanti e studenti) sia possibile gestire il laboratorio informatico in modo “multitasking”. Dalla scrivania del professore l’insegnante ha il controllo di tutti i monitor del laboratorio e può decidere se bloccarne l’utilizzo di tutti in contemporanea o solo di qualcuno. Nel momento di un’interrogazione, l’insegnante può proiettare il monitor dell’interrogato sul grande schermo, così lo studente lavora dalla sua postazione e la classe segue in diretta l’interrogazione. Inoltre, il docente può lavorare dalla sua postazione direttamente nei computer dei suoi studenti, oppure mostrare ai monitor di tutti i computer connessi del materiale didattico che in quel momento si ha la necessità di condividere. Tutti i terminali connessi alla rete seguono la filosofia del progetto LTSP che permette il collegamento di tanti terminali con poca potenza di calcolo ad un server centrale che esegue i calcoli. Il server, si preoccupa anche di salvare i dati dei computer client (essendo UDOO fornito da una memoria di sola lettura). Grazie a questa specifica tecnica, l’unico vero computer da proteggere da malfunzionamenti o da guasti o eventualmente da rinnovare è il server. “Fra qualche anno non cambieremo i trenta UDOO che abbiamo qui oggi, ma rinnoveremo solo il server, e resteremo così al passo con la tecnologia. Allora avremo un guadagno economico non indifferente, immaginando a cosa vorrebbe invece dire sostituire trenta pc tradizionali.”
Gli ambienti
Gli studenti hanno condotto delle analisi sull’impatto ambientale del laboratorio UDOO che hanno creato, mostrando come il consumo totale di energia ammonta in totale a 1 solo kilowatt. “Potremmo far funzionare i nostri 30 computer UDOO connessi alla rete con una vela fotovoltaica di 3 metri per 3”, sostiene Peresson. “Consumiamo pochissimo, e inoltre, – continua il professore, – l’inquinamento acustico è quasi nullo. L’unico rumore è dovuto al proiettore che per il momento ci è indispensabile nella sua forma tradizionale.” Il professore ha ragione. Se provassimo ad entrare in un laboratorio con 30 computer tradizionali accesi la situazione sarebbe sicuramente diversa. Questo abbattimento dell’inquinamento acustico migliora di molto lo svolgimento della lezione, permettendo all’insegnante di condurre agevolmente la propria spiegazione e le interrogazioni. Non contenti, gli studenti hanno analizzato l’impatto dei gas serra (impatto carbonico) del loro laboratorio, riscontrando un inquinamento minore dell’80% rispetto ai laboratori informatici tradizionali. Insomma, il laboratorio in questione è a tutti gli effetti un “laboratorio green”.
Senso Civico
Questo progetto nasce grazie ad una partnership con l’associazione “LATS” (Lebialem Association for Twining of Schools) del Camerun, partnership che è stata fonte di stimolo per la realizzazione dei suddetti progetti in quanto la regione camerunense del Lebialem presenta problematiche relative alla fornitura elettrica (sia in termini di potenza che di continuità del servizio). Quando i ragazzi hanno lavorato su queste tecnologie, hanno studiato la collocazione geografica del Camerun. Il Camerun sta in un continente, l’Africa, che per la sua estensione e per la sua percentuale di irraggiamento pari a 5,5 – 6,5 kWh/m2 giornalieri, si classifica ai primi posti come uno dei luoghi ideali in cui risulta conveniente investire nel fotovoltaico. Uno dei problemi delle popolazioni africane è che non si trovano a scegliere l’una o l’altra tecnologia come facciamo noi davanti ad uno smartphone piuttosto che ad un altro. Laggiù i loro problemi si basano sul potersi permettere o non potersi permettere una tecnologia. La differenza non sta nell’avere un qualcosa piuttosto che qualcos’altro. La differenza sta nell’avercela o nel non avercela. In un paese baciato dal sole come l’Africa, realizzare aule informatiche come questa sarebbe un successo e un’intuizione vincente. Verrebbero così sfruttati i bassi costi dell’infrastruttura e i benefici ambientali che ne derivano, mescolando questi fattori all’energia solare che abbonda nel continente africano, energia che alimenterebbe in maniera naturale questi laboratori.
Innovazione
“E’ ora di smettere di acquistare gli ultimi prodotti tecnologici credendo così di essere innovativi” mi dice all’uscita il professore: “L’innovazione è tale quando si piega la tecnologia alle proprie necessità e quando si riesce a fare meglio quello che magari si faceva in maniera diversa già da tempo. Noi non solo abbiamo realizzato un’aula multimediale all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, non solo abbiamo speso poco rispetto ad un laboratorio tradizionale. Ci siamo interrogati anche sull’impatto ambientale e sociale che il nostro lavoro avrebbe potuto generare, e così ci siamo mossi di conseguenza. Siamo disponibili a mostrare a chiunque il nostro lavoro.”
Saluto il professore. Scappo via perché la mia vita è tutta una corsa. Un treno mi aspetta tra pochi minuti alla stazione per riportarmi a casa.
Ripenso a quello che ho appena visto e alle parole che mi sono sentito di dire a quei ragazzi: siate orgogliosi di lavorare a queste cose, sentitevi fortunati. Là fuori c’è un mondo che ha bisogno di ampie visioni, di competenze su settori fortemente innovativi come questi (il settore dell’Internet Of Things sta crescendo vertiginosamente) e di intuizioni vincenti. È meraviglioso vedere come la tecnologia che avete costruito qua si fa’ veicolo verso soluzioni a problemi ben più ampi. Complimenti ragazzi, continuate così!
di Matteo Troìa