Anne L’Huiller è la quinta donna a essere insignita del premio Nobel in fisica. Se consideriamo che dal 1901 ad oggi è stato dato 117 volte, si comprende l’abissale differenza coi colleghi uomini. Il guest post dell’astrofisica Patrizia Caraveo per raccontarci il libro Her Space, Her Time. Antologia sulla vita di scienziate da non dimenticare
Tra i tre vincitori del premio Nobel per la fisica 2023 c’è anche una donna. Vale la pena di notarlo perché non è una cosa molto frequente. Anne L’Huiller è la quinta donna ad essere insignita del premio Nobel in fisica. Prima di lei l’aveva ottenuto Marie Curie (1903), Maria Goeppert-Mayer (1963), Donna Strickland (2018) e Andrea Ghez (2020) che è stata la prima astrofisica a ricevere il premio Nobel. Se consideriamo che dal 1901 ad oggi il Nobel è stato dato 117 volte, riconoscendo i meriti di 224 scienziati (uno dei quali è stato premiato due volte) ci rendiamo conto dell’abissale differenza: cinque donne sono un contingente veramente esiguo, meno del 2%. Mentre è vero che le scienze dure, a cominciare dalla Fisica e dalla Chimica, sono state tradizionalmente appannaggio dei maschietti, è anche vero che un numero non piccolissimo di donne ha dato contributi importanti, a volte assolutamente eccezionali, che sono stati ampiamente utilizzati ma poco riconosciuti. Dal momento che io sono un’astrofisica, trovo emblematici casi come quelli di Annie Cannon ed Henrietta Leavitt. Entrambe hanno fatto studi che sono alla base dell’astrofisica contemporanea e che sono presenti in tutti i libri di testo ma il risultato dei loro sforzi non porta il loro nome come invece avviene per una infinita pletora di risultati maschili. Fateci caso. L’equazione che descrive l’emissione termica di un corpo di chiama legge di Planck, le equazioni che governano l’elettromagnetismo sono le leggi di Maxwell, per descrivere il comportamento dei conduttori ci sono le leggi di Ohm e si potrebbe andare avanti per molte pagine. La situazione non cambia nel mondo dell’astronomia, i corpi celesti descrivono le loro orbite seguendo le leggi di Keplero, l’evoluzione delle stelle si può seguire sul diagramma di Hertzsprung Russell, l’espansione dell’Universo è descritta dalla legge di Hubble, la massima luminosità di una sorgente X è il limite di Eddington, mentre la massa più grande possibile per una nana bianca si chiama limite di Chandrasekar. Tutti i grandi astronomi e astrofisici che hanno dato un contributo significativo all’avanzamento della conoscenza nel loro campo hanno visto il loro risultato riconosciuto e ricordato con il loro nome.
Non così le signore. Annie Jump Cannon è la responsabile della classificazione stellare che è uno dei fondamenti dell’astronomia. La fece cercando di mettere ordine in una miriade di vetrini dove erano registrati gli spettri delle stelle cioè la luce dispersa da un prisma. In questi spettri ci sono righe di assorbimento che sono la firma degli elementi che costituiscono l’atmosfera della stella. Dal momento che la struttura dell’atomo non era ancora stata capita, Annie Cannon non sapeva quel fosse la causa delle righe, ma sapeva che ogni elemento produce le sue e quindi classificò le stelle sulla base delle righe. Lavorò pagata a ore per decenni e l’università di Harward le concesse una cattedra quando aveva abbondantemente passato la settantina. Insieme la lei lavoravano un gruppo di donne che avevano la posizione di calcolatori perché facevano i calcoli. All’epoca le donne non potevano osservare (e la situazione migliorerà solo negli anni ’60 del secolo scorso) , ma la loro paziente perizia veniva utilissima per fare l’analisi delle lastre fotografiche accumulate.
Henrietta Leavitt ebbe il compito di studiare le stelle nella nube di Magellano ci perse la vista ma capì che le stelle che cambiavano in modo ritmico la loro luminosità apparente non lo facevano a caso ma piuttosto seguivano una legge. Fece un grafico che legava il periodo di variabilità con la luminosità apparente e scoprì una legge ben precisa che offriva un aiuto preziosissimo per calcolare la distanza delle stelle a partire dal loro periodo di variazione. Edwin Hubble applicò quella legge per scoprire che le galassie si allontanano le une dalle altre ed il suo grafico è universalmente noto come legge di Hubble. Le legge scoperta da Henrietta Leavitt si chiama semplicemente relazione periodo-luminosità piuttosto che relazione di Leavitt. Allo stesso modo la classificazione delle stalle fatta da Annie Cannon è la classificazione stellare non la classificazione di Cannon. Sono solo due delle venti donne scienziate le cui storie, spesso relegate nel dimenticatoio, sono raccontate da Shohini Ghose nel libro Her Space Her Time How Trailblazing Women Scientists Decoded the Hidden Universe. Di tutte le signore protagoniste del libro solo Marie Curie ottenne il Nobel, e lo fece per ben due volte (la prima volta, nel 1903, per la fisica e la seconda, nel 1911, per la chimica). A onor del vero, Leavitt venne proposta per il premio Nobel, ma non se ne fece niente perché era già morta e il premio non può essere conferito alla memoria. Chi avrebbe meritato il Nobel è certamente Vera Rubin che scoprì la materia oscura galattica (le è stato dedicato un avveniristico telescopio come abbiamo raccontato qui). Lo stesso si potrebbe dire per madame Wu che diede un contributo fondamentale ad una ricerca per la quale i suoi due colleghi vennero premiati. Anche della sua vicenda abbiamo già parlato quando le venne dedicato un francobollo. Diciamo che alle donne è capitato molto più spesso. Tra Marie Curie e Maria Goeppert-Mayer sono passati 60 anni, poi ce ne sono voluti altri 55 perché fosse il turno di Donna Strickland. Due anni dopo abbiamo festeggiato Andrea Ghez ad ora, a tre anni di distanza, Anne L’Huiller. Tre dei cinque premi Nobel al femminile per la fisica sono stati dati negli ultimi 6 anni. Ci auguriamo che la curva continui a crescere.