Quattro studenti, Stefano Onofri, Alessandro Cillario, Marco Moschettini e Alessio Paccoia condividono, oltre che un percorso di studio, una grande passione: quella per il tech e l’innovazione. E sin dai primi mesi di Università sono determinati a fare qualcosa per cambiare il futuro in un campo che sarà centrale per le aziende che vogliono innovare: quello del cloud storage. «Quando abbiamo iniziato a pensare a Cubbit ci siamo fatti questa domanda: “È questo l’internet che vogliamo?” Eravamo solo in quattro ma con una vision chiara: restituire la proprietà dei dati alle persone. Da allora, abbiamo raccolto 25 milioni di dollari e formato un team di oltre 60 persone, servendo più di 350 organizzazioni in tutto il mondo. Cubbit è ora considerata una delle prime 30 scaleup deep tech dell’UE dalla Commissione Europea», racconta Stefano. Questa è la storia di una realtà nata tra i banchi di studio bolognesi che oggi vuole scalare in Europa. A raccontarcela è il suo CEO, Stefano Onofri.
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Stefano, da studenti a imprenditori, come avete vissuto questo passaggio?
Cubbit è nato nel 2016 da noi co-founder che, all’epoca, eravamo quattro studenti universitari di 26 anni, con l’idea di aiutare le aziende che avevano bisogno di lanciare servizi e app web e necessitavano di tanto storage. In quell’anno affittare uno spazio di storage costava caro, così come per le aziende anche per noi. Pertanto, da studenti nerd quali eravamo – e che ancora siamo – che volevano risolvere questo problema abbiamo pensato a una tecnologia che permettesse a tutti di non pagare alcun affitto.
Come siete riusciti a concretizzare l’idea?
Il nostro software permette di visualizzare lo storage e non sei più alla mercè di un cloud provider centralizzato. In particolare, Cubbit nasce con l’idea di assicurare l’indipendenza dei dati, prevenendo minacce di lock-in e garantendo piena sovranità, proponendo una soluzione conveniente e flessibile per affrontare la crescita esponenziale dei dati e per soddisfare le esigenze nella gestione dei dati oltre a soluzioni cloud personalizzate. Noi non eravamo ricercatori di storage, ma ci siamo messi a studiare con l’idea di cambiare il mondo del cloud.
Poi che cosa è successo?
C’è stata una fase di bootstrapping, durata 2 anni, per declinare questa visione, poi siamo arrivati a un punto di svolta quando siamo riusciti ad attirare l’attenzione di Gianluca Dettori e Techstars. Siamo stati la prima srl in cui ha investito Techstars, siamo andati a Tel Aviv per 6 mesi e lì è nato il nostro piano per il go-to-market, che permetteva il testing dal B2C al B2B, avvenuto a fine 2020. E così sono arrivati i primi clienti B2B.
Quale pensate che sia l’innovazione più importante che avete lanciato?
Il cuore del nostro prodotto è permettere a tutti gli IT manager, in pochi click, di scegliere qualsiasi storage ovunque si trovino attraverso un unico cloud. Lo abbiamo chiamato “Cubbit Composer”, e Leonardo è stata la prima enterprise ad adottarlo l’anno scorso, nel 2023. Si stima che nel 2025 verranno prodotti più di 180 miliardi di terabyte di dati e il 75% di questi sarà creato e processato dall’edge. Questa crescita esplosiva aumenta le complessità nell’orchestrazione dei dati, esponendo le organizzazioni a maggiori rischi di attacchi informatici (come i ransomware), compromettendo la sovranità dei dati e incrementando i costi di gestione. Noi, virtualizzando un unico cloud storage, risolviamo il problema alla radice. E poi c’è il tema della cybersecurity. Con Cubbit, gli attacchi malevoli vengono eliminati in partenza.
Recentemente avete chiuso un round da oltre 11 milioni di euro, che farete adesso?
Dopo il primo round nel 2021 abbiamo chiuso accordi con alcuni investor internazionali tra Londra, la Svizzera e la Germania. Il fulcro dei nostri prossimi anni è quello di aumentare la commercializzazione. Adesso ci stiamo concentrando sull’acquisizione di altri grossi clienti in UE che usino Cubbit Composer per velocizzare lo storage. Il nostro focus è sulla Francia, Germania e U.K., dove abbiamo già un board assunto, ma anche sugli U.S.A.
Che cosa pensate che vi contraddistingua come team?
La nostra sede storica è a Bologna ma il nostro team proviene da 10 nazionalità differenti e lavora in fully remote. Siamo dei founder tech che non hanno mai mollato, determinati a trovare un product e un feed in un grande mercato, in espansione, fatto solo di players americani. Abbiamo sbagliato ma abbiamo sempre creduto che ci saremmo potuti entrare. E adesso eccoci qua pronti per l’UE.