Fiori d’arancio anche per le startup. La scaleup spagnola rileva l’azienda di Simone Guzzetti e Michele Dondi. Corteggiamento di un anno e closing settimana scorsa. I founder a StartupItalia raccontano com’è andata
Quella che segue è una bella storia italiana. Di quelle che nascono in famiglia, si sviluppano nel corso degli anni in un mercato non semplice, e poi spiccano il volo.
Bloovery è una startup nata nel 2016 dall’intuito di Simone Guzzetti e Michele Dondi, che avviano l’attività assieme a due sviluppatori. Già nel 2018 diventa il primo grossista digitale di fiori in Europa grazie a una tecnologia innovativa e all’integrazione con la principale asta mondiale, quella di Amsterdam. La notizia di oggi è che l’azienda è stata acquisita dalla scaleup spagnola Colvin, gigante del settore con all’attivo importanti round. Le cifre sono riservate, ma Colvin – conferma Guzzetti a StartupItalia – ha rilevato il 100% delle quote. Le due aziende si corteggiavano da un anno, e alla fine, settimana scorsa, è arrivato il closing. “Siamo all’inizio di una nuova fase” dice il fondatore, a metà di una giornata trafelata.
Una scelta non casuale, quella del gigante spagnolo: rilevando una società non si acquisisce solo la scatola, ma (a volte soprattutto) l’esperienza della squadra. E Guzzetti è un gran conoscitore del mercato. Sa come spostarsi lungo le direttrici che lo muovono all’ingrosso, mentre Colvin si occupa prevalentemente del dettaglio. Chi fa business sa bene quanto conti disporre della persona giusta al momento giusto, soprattutto quando in gioco ci sono capitali importanti da investire e ambizioni che crescono di conseguenza: come quella, dichiarata da Colvin, di diventare la prima azienda di flowertech al mondo.
Ma cominciamo dall’inizio.
Gli inizi di Bloovery e come funziona il mercato dei fiori
Nata nel 2016, si diceva, nel 2018 Bloovery diventa il primo grossista digital di fiori in Europa grazie a una tecnologia proprietaria che consente integrazioni non disponibili ai concorrenti “Il nostro può sembrare un semplice e-commerce ma, in realtà, la questione è molto più complessa” ci raccontava un paio d’anni fa il manager. Doveva essere una chiacchierata conoscitiva, è durata un’ora e più. Ci risentiamo oggi. Il telefono è bollente, “ma sono più che altro proposte commerciali di chi ha saputo dell’acquisizione”, dice.
Ma come funziona il mercato dei fiori? In maniera affascinante, cervellotica, e senza curarsi troppo delle emissioni. All’inizio della catena ci sono gli agricoltori che coltivano le piante e le portano ai grandi mercati, dove vengono battuti all’asta.
Quello più importante, manco a dirlo, è olandese: solo in Europa controlla il 60% dei prodotti florovivaistici, e, pare, il 40% del settore mondiale. Ma su quest’ultimo dato non c’è consenso. Perché nel Far East gli europei non sono graditi, e la porta è chiusa.
In Italia, invece, nonostante il clima, le aste famose sono solo due: Sanremo e Pescia, vicino a Pistoia, oggi entrambe in declino.
Il mercato dei Paesi Bassi viene gestito dalla cooperativa dei produttori olandesi, Royal Flora Holland. Definita da qualcuno, e non a caso, il Ministero dei Fiori: fattura 4 miliardi di euro, ma con i vari markup il giro d’affari diventa fino a sei volte più ampio.
Il luogo fisico dove avvengono le trattative si trova vicino all’aeroporto e detiene un altro record: è la più grande costruzione coperta al mondo, ampia come 75 campi di calcio, attiva 24 ore su 24, senza soste. Qui i compratori si siedono in un anfiteatro, con i fiori che sfilano su dei carrelli: il broker internazionale, se vuole, può toccare il prodotto.
Le piante prendono, finalmente, la via dei paesi di destinazione: a riceverle ci sono i grossisti nazionali, da cui si approvvigionano i fioristi che tutti conosciamo. Questi ultimi comprano al cash and carry, quando hanno necessità di allestire matrimoni e funerali, per esempio. “C’è molta logistica, ma la struttura è rimasta la stessa di 30 anni fa” dice Guzzetti a Startupitalia. Con molte storture, e parecchio inquinamento: gli olandesi non cedono sul fatto che i vasi debbano arrivare fisicamente ad Amsterdam. Il risultato è che una calla prodotta in Toscana ci va sul serio, e poi torna a Bologna dove viene venduta dal negozio all’angolo.
“Ma un fiore reciso ha una vita di quindici giorni: se ne impiega quattro ad andare e tornare ha perso un terzo della vita media, oltre a comportare un costo in termini di prezzo e di impatto ambientale” dice Guzzetti.
Un prodotto deperibile
Il fiore è come il cibo, fresco, cpn una caratteristica in più: va maneggiato con cura. “Per stare bene andrebbe mantenuto attorno ai sei gradi. Se congelato, una volta scongelato sfiorisce subito”.
Tante le inefficienze, tanto, quindi, lo spazio per l’innovazione. E Bloovery, sede in un coworking milanese di quelli non cool, è sul pezzo. “In questo business si vive alla giornata – riprende Guzzetti – Il contadino produce, il trasportatore carica e nessuno è in grado di prevedere cosa e quanto. Con la tecnologia e gli algoritmi vogliamo creare modelli predittivi sulla base delle serie storiche, per rendere tutto più efficiente”. Meno fiori sprecati, buttati, meno chilometri percorsi a vuoto.
Non è stato facile arrivare fin qui, racconta Guzzetti, un passato in Vodafone a inizio Duemila. “All’inizio era difficile trovare chi ci ascoltasse, poi abbiamo trovato un grosso interlocutore che ci ha preso in simpatia”. Da lì, un successo dopo l’altro. Il mercato in Italia, prima del Covid, valeva 750 milioni al dettaglio, il triplo all’ingrosso e cresceva dell’1-2% l’anno. Per Colvin il nostro Paese è il secondo per trend di crescita dopo la Spagna.
“L’acquisizione da parte di Colvin farà sì che loro continuino a concentrarsi sulla parte di vendita al dettaglio e noi su quella all’ingrosso. L’obiettivo è trovare l’optimum, una sinergia: un modello ibrido che consenta di servire sia il grossista che vuole i fiori per il matrimonio sia la signora sotto casa”. L’innovazione correrà lungo le direttrici principali della logistica e della user experience. Nessuna intenzione di diventare imprenditore seriale? chiediamo. “Al momento voglio dedicarmi per qualche anno a questo settore. Ma sono sicuro che prima o poi un’idea mi verrà”. Il talento, del resto, non manca.