Arianna Moro, studentessa di 17 anni di Ostuni, racconta l’emozione e gli sforzi ripagati dalla partecipazione alla RomeCup 2015, e insegna anche come fare la Buona Scuola tutti i giorni
Ho aspettato questo momento non a caso, nonostante il desiderio continuo di dar voce ai mille pensieri. Ho scelto questo posto non a caso, ed ora sono in cerca dei vostri sguardi come fossero inchiostro, come fossero anima per questa penna!
Un treno ripercorre in senso inverso lo stesso tragitto del 27 marzo scorso ed io, insieme a lui, ripercorro il nostro viaggio verso la RomeCup 2015, ricordando ogni singolo istante e rivivendo ogni emozione provata! Siamo partiti con valigie piene di speranza, di adrenalina, di nervosismo ed ansia. Valigie bagnate di sudore e sacrifici, di ore e ore di lavoro, di notti insonni trascorse a pensare idee o soluzioni, di sogni premonitori che ci hanno fatto cambiare tutto poche ore prima dalla fine.
Era arrivato il momento di mostrare i frutti del nostro impegno. Sapevamo quello che ci aspettava, avevamo già vissuto tutto un anno fa, eppure nessuno immaginava che questa esperienza ci avrebbe segnato come poche. Solo 12 mesi fa, la RomeCup 2014 ci vedeva partecipanti con sequenze di led, oggi trasportiamo una valigia con 7 robot auto costruiti e auto programmati che andranno ad eseguire una coreografia sulle note di un brano difficile da sincronizzare con robot. Trascorriamo la notte ripensando passo passo quello che l’indomani dovevamo far vedere al giudice e – come tutti i momenti di questo tipo – quella notte sembrava non passare mai. Primi a gareggiare, tutto pronto: pavimento, ballerine, video e musica. Ognuno in posizione… tre, due , uno, via! Tutto si annulla intorno, le note della canzone corrispondono ai primi movimenti, fissiamo la scena senza distogliere lo sguardo quando ad un tratto… la voglia di spaccar tutto si scioglie tra le mani che iniziano a sudare freddo, gli occhi si chiudono e tutti all’unisono chiniamo la testa.
Un robot si è bloccato, provocando lo scontro fra gli altri.
Non sapevamo se andar via in silenzio o lanciare tutto urlando. Avevamo una seconda manche da fare ma chi avrebbe avuto il coraggio di riprovarci? Ero pronta a mollare, delusa e incazzata, ma mi son resa conto che stavo pensando individualmente. Tutti i nostri volti dicevano la stessa cosa ma non potevamo buttare mesi e mesi di lavoro così, senza dare tutto fino all’ultimo secondo. Ci siamo ritrovati a terra, a riprogrammare e ricostruire un robot a 20 minuti dalla seconda prova e in un attimo eravamo di nuovo nel campo di gara. Stessi posti, stessa procedura e nervosismo raddoppiato.
Per l’ultima volta..tre, due, uno, via!
Mi rannicchio in un angolo, chiudo gli occhi e avverto il tempo della canzone scandito dai miei battiti. Sono stati 3 minuti eterni, alla fine dei quali, il silenzio è stato rotto dalle urla di tutti, dagli abbracci, da volti rigati di emozione. Abbiamo avuto il sorriso stampato in volto tutta la giornata. Ed abbiamo rivissuto i vari momenti la sera, tutti insieme nella camera dell’albergo, alunni e prof! Seguendo il programma della competizione sapevamo che i risultati li avremmo avuti il giorno seguente. Noi invece siamo diventati i vincitori quella sera, ignari, abbiamo vissuto una serata che si è stampata dentro di noi per sempre.
È bastata una storia, la storia di un docente, Domenico Aprile, che pur di seguire i suoi alunni in una esperienza fondamentale ha dovuto compiere una scelta difficile, ha dovuto rinunciare a qualcosa di indescrivibile. Un docente che la sera prima di partire aveva deciso di non esserci ma che la mattina seguente ha riempito una valigia di coraggio ed è salito sul treno. È bastata la voce narrante della prof, Paola Lisimberti, colei che doveva darci quella notizia sapendo che nessuno avrebbe accettato quel posto vacante. Sono bastate quelle parole tremanti, lo sguardo basso e l’emozione di quel racconto per farci toccare con mano l’importanza di quel legame che ci tiene uniti indissolubilmente.
Non ho detto nulla in quegli istanti, non ero in grado di pronunciare alcuna frase, come tutti. Ogni tentativo di risposta era represso da quel nodo in gola impossibile da mandar giù! E quando senza utilizzare parole, ci siamo detti tutto in un mega abbraccio, mi son resa conto che in quell’istante stavamo vincendo. Ce l’abbiamo fatta. Contro tutti. Contro il tempo che scorre troppo in fretta, contro la lontananza che un anno fa ci ha divisi da quel prof, contro tutti gli ostacoli e le responsabilità che quella prof ha dovuto sopportare sulle spalle, contro i commenti di gente che preferisce esser pubblico passivo di questa vita che corre, contro tutti coloro che non hanno creduto in noi neanche un istante, contro coloro che lasciano far scorrere le lancette di un orologio stanco pensando alla Buona Scuola.
Noi la Buona Scuola la abbiamo fatta, la facciamo ogni giorno, scontrandoci con un sistema che prima di parlare di rinnovamenti deve necessariamente cambiare ingranaggi troppo vecchi. Abbiamo scalato una montagna, facendo affidamento sulla forza di tutti. E ora, non resteremo fermi in cima, continueremo a salire, perché alla fine di un viaggio vissuto ce n’è sempre uno più importante da iniziare che richiede il doppio della fatica.
Non ci fa paura, perché insieme, passo dopo passo, avremo il doppio della forza! Vi voglio bene!
di Arianna Moro
Articolo precedentemente pubblicato su Youreduaction.it