«Studiando biologia mai avrei pensato che mi sarei dedicata al tech transfer con la mia startup. La natura, questo mi affascina un sacco, può aiutarci. C’è molto da imparare». Giulia Guadalupi, sarda di fatto ma genovese di nascita, è crescita in un posto molto particolare dell’isola. A sud ovest c’è un luogo, colonizzato nel Settecento da una comunità di genovesi: è Carloforte, sull’isola di San Pietro.
«Non si parla proprio il sardo, ma un dialetto con basi genovesi. A un certo punto i miei si erano innamorati di questo posto e hanno deciso di cambiare vita». Oggi Guadalupi è Ceo di Bacfarm, biotech che si sta specializzando nel settore delle scienze dei materiali: l’obiettivo è sfruttare il guscio di batterie resistenti alle condizioni più estreme sulla Terra per produrre nuovi ingredienti, utili a vari scopi, a partire dalla cosmetica. Nelle scorse settimane l’azienda ha vinto a Parigi l’Open Innovation Challenge di Shiseido, multinazionale giapponese.
Che cosa fa Bacfarm?
Come abbiamo più volte raccontato con le tappe territoriali di SIOS Sardinia, l’ecosistema isolano sta crescendo, grazie alla sinergia tra i diversi attori. Nel percorso di Giulia Guadalupi ha giocato un ruolo fondamentale l’Università di Cagliari. Triennale e magistrale in biologia nell’ateneo l’hanno portata a conoscere il Contamination Lab, dove ha incontrato gli altri due co-founder di Bacfarm: Davide Emilio Lobina e Samuele Antonio Gaviano. Gli altri membri del team sono Dario Piano (CRO) e Domenica Farci (CTO).
«Durante gli anni di studi ho conosciuto il professore Dario Piano e la ricercatrice Domenica Farci. Mi hanno seguito nei miei tirocini e a loro sono rimasta legata quando ho intrapreso questo percorso di formazione d’azienda». Ma di che cosa si occupa Bacfarm nello specifico? Cosa significa sfruttare i batteri per creare nuovi materiali?
«Siamo partiti dai brevetti del professor Piano: si tratta di una tecnologia che usa i batteri, nello specifico quelli estremofili che sopravvivono alle condizioni più estreme sulla Terra. Occorre estrarne il guscio, ovvero la parte che li protegge. Poi manipolando la membrana è possibile estrapolarne le componenti base di questo scudo».
Una fabbrica di (nuovi) materiali
Come ci ha raccontato la Ceo di Bacfarm, «si vuole sfruttare la tecnologia per creare nuove materie prime, isolare le componenti per renderle utili all’uomo». Fondata nel 2020, la startup al momento non ha ancora commercializzato i primi prodotti (che saranno rivolti al comparto B2B). «L’obiettivo è individuare alternative a molecole che oggi vengono sintetizzate. Come lancio iniziale stiamo lavorando a un ingrediente capace di resistere alle radiazioni. Una molecola in grado di fare da filtro UV, utile in ambito cosmetico, ma non anche nutraceutico un domani».
L’innovazione in certi settori – come il biotech – richiede tempo e investimenti. Ma la roadmap è stabilita: «Vogliamo proporci come piattaforma che grazie a questa tecnologia potrà trattare diversi tipi di batteri ed estrarre materie prime con varie applicazioni». Per crescere su questo fronte la startup sta collaborando con REDZONE, iniziativa di SAES che abbiamo raccontato e che opera alla ricerca di nuovi materiali per l’industria con laboratori attivi a Milano. Tra i primi a investire nell’azienda c’è poi Fondazione Golinelli.
Di recente la startup ha partecipato a Parigi all’iniziativa di Shiseido, multinazionale cosmetica giapponese, per un programma di open innovation. In finale sono arrivate sei startup provenienti da tutto il mondo, selezionate tra le 60 iniziali. L’obiettivo della sfida di quest’anno era la cura solare sostenibile, sondando le innovazioni in campo di filtri UV. «Hanno visto il nostro potenziale», spiega la Ceo dell’azienda sarda che ora darà vita al Proof of Concept per la gamma di prodotti per la pelle Gallinée, realtà parte del gruppo Shiseido. L’arrivo sul mercato? «Dipende dal prodotto. Ci siamo dati tre anni di tempo».