Andrea ha iniziato a correre in bici nel 2008, in un mondo paralimpico che è cambiato intorno a lui, mentre vinceva premi internazionali e nazionali. Membro del Toyota team, ora si prepara per la prossima sfida, a settembre a Cervia, senza avere mai fatto tappe intermedie. “Una vera pazzia” come la definisce con ironia
Erano tempi diversi quando Andrea Pusateri si innamorò del ciclismo e decise di correre a livello agonistico. Erano tempi in cui il mondo paralimpico non era quello di adesso. Non era conosciuto né la tecnologia riusciva a supportare gli atleti come oggi. Appena dodici anni fa. Ma questo non era un problema per Andrea, il cui credo da sempre è stato quello di superare i propri limiti, per spostare l’asticella sempre un po’ più in là.
“Nel 2008 c’era già un movimento paralimpico, ma era praticamente sconosciuto ed era difficile approcciarsi a una disciplina sportiva” ricorda l’atleta, che è stato ospite della diretta di Startupitalia Live: “Nel labirinto dell’infodemia” (la prima del canale Life). “Quando ho iniziato e chiedevo di correre con una gamba sola mi dicevano che era quasi impossibile, che non potevo farlo. Poi grazie alla tecnologia le cose sono cambiate. Nell’ambito del ciclismo sono stati fatti passi da gigante a livello di bici e di oggettistica. La tecnologia ha permesso di avere mezzi più performanti, efficienti e sofisticati. Inoltre i media hanno iniziato a parlare sempre di più di sport paralimpici e oggi tutti sanno che c’è il ciclismo paralimpico, mentre prima era quasi un tabù”.
La carriera di Andrea Pusateri
Racconta Andrea, che l’amore per il ciclismo è nato un po’ per caso, andando a vedere un suo amico correre. “Ho fatto qualche ricerca su internet per capire se anche noi potevamo gareggiare in bici – continua – ho trovato una prima squadra e da lì è iniziata la mia carriera”. La prima sfida con sé stesso (ufficiale) nel 2008, quando a 14 anni decide di correre con una squadra di paraciclismo di Bregnano e fa la sua prima gara a Varese con ottimi risultati. Qualche anno dopo entra a far parte della nazionale, dove ottiene una serie di risultati importanti: nel 2014 vince la prima competizione internazionale a Schenkon, in Svizzera, dove conquista la sua prima medaglia d’oro con la gara su strada, la sua specialità.
Tra il 2011 e il 2018, vince dieci titoli italiani nei Campionati italiani di paraciclismo. Nel 2015 conquista la sua prima medaglia d’oro in Coppa del Mondo a Maniago. Forse la vittoria più significativa per Andrea: “Nella mia carriera sono salito su diversi podi, nazionali e internazionali, alcune gare sono state più importanti per la mia carriera come le Coppe del mondo. Ma non ce n’è una a cui sono più legato rispetto a un’altra. Ogni gara aveva la sua importanza in quel periodo della mia carriera. Forse solo la Coppa del mondo del 2015, che ho vinto in Friuli a Maniago, è stata la più significativa, perché tre mesi prima avevo avuto un brutto incidente”.
Le cadute
Il 6 marzo del 2015 mentre si allenava nelle vicinanze di Erba, Andrea perde il controllo della sua bici a causa della ghiaia sul manto stradale e cade. Riporta due ematomi oltre a innumerevoli ferite e rimane in coma farmacologico per sette giorni. Tre mesi dopo la vittoria a Maniago, che ancora una volta dimostra come l’atleta riesca ad alzarsi ancora più forte dopo ogni caduta.
Merito un po’ del “dio sport” verso il quale ha una passione che lo guida e lo anima da quando è piccolo (oltre al ciclismo ha praticato nuoto, tiro con l’arco e “qualsiasi cosa mi sia passata per la testa in ambito sportivo” riferisce). Ma anche da una forza che ha dentro, che gli ha trasmesso la sua famiglia. I nonni, con i quali è cresciuto, lo zio che gli ha insegnato ad andare in bicicletta. A quattro anni, infatti, Andrea ha un incidente alla stazione di Monza e la madre per salvarlo perde la vita. Lui due gambe, una delle quali gli viene reimpiantata dal chirurgo italiano Marco Lanzetta.
“Start Your Impossible”
Oggi fa parte del Toyota team, un progetto globale a cui ha aderito tre anni fa, nato con atleti olimpici e paralimpici in vista delle Olimpiadi di Tokio 2020. “Toyota è sponsor principale dei giochi olimpici – spiega Andrea – e ha voluto creare un team in ogni nazione del mondo”. Il messaggio principale del team è “Start Your Impossible”, inizia il tuo impossibile, uno slogan che Andrea sente fin troppo suo: “Mi ci rivedo, è la mia vita” ammette. “Ho sempre fatto quello che gli altri pensavano fosse una pazzia, che mi dicevano era impossibile. Più me lo dicevano più io dovevo farlo per forza. Faccio parte di questo bellissimo team e ne sono fiero”.
Diventare un ironman (ai tempi di Covid)
Ma i limiti vanno superati di continuo. Così dal 2020 si sta dedicando a diventare un ironman, la competizione di triathlon più lunga e dura, con 3,86 km di nuoto, 180,260 di bicicletta e 42,195 di corsa (pari a una maratona). Un’esperienza nuova per il campione paralimpico, capitata in un periodo non molto favorevole, considerando che a causa di Covid-19 sono saltate molte tappe intermedie e allenarsi non sempre è stato facile. Le piscine erano chiuse e anche il parco di Monza dove Andrea generalmente si allena. Ha provato la carrozzina per la parte a piedi, non potendo correre con le stampelle per via di un problema alla caviglia, ma molte aziende erano ferme e le modifiche che doveva apportare sono state rimandate.
“Non ho fatto nessuna gara di triathlon nella mia carriera per cui sono inesperto. È davvero una sfida, perché la prima gara sarà a settembre a Cervia e il percorso che avevo disegnato con il mio allenatore (Fabio Vedana) per approcciare questa gara è saltato, perché le tappe intermedie sono state annullate o rimandate. Questo è proprio l’esempio di ‘start your impossibile’ – ride con la sua risata contagiosa – una vera pazzia”. Se tutto andrà bene come si spera, il prossimo passo, poi, sarà trovare un’altra sfida, ancora più ardua, per superare ancora una volta quei limiti tanto amati da Andrea. “Ma questo non è un problema – dice sorridendo – io sono un mago nel trovare nuove sfide con me stesso”.