Una startup londinese dei videogiochi mette in scena un film con attori in carne e ossa che reciteranno le sequenze volute dai gamer
Tra la fine degli anni ’80 e la decade successiva si diffusero diversi giochi da tavolo che comprendevano, oltre all’immancabile tabellone con dadi e pedine, pure una VHS. Andavano infatti giocati con un televisore nelle vicinanze, perché proponevano nei fatti film interattivi che si plasmavano in base all’andamento della partita. Ecco, The Gallery ci ha ricordato proprio questi bizzarri esperimenti perché recupera l’idea di mandare in scena attori in carne e ossa con la possibilità, per chi si trova al di qua dello schermo, di influenzarne le scelte.
Il rapporto tra film e videogiochi del resto negli anni è divenuto sempre più stretto, con questi ultimi che si fanno via via più filmici e i primi che tendono a riempirsi di computer grafica per spettacolarizzare l’azione. E poi ci sono pellicole che diventano videogame e videogame che assurgono a lungometraggi, sebbene i risultati difficilmente soddisfino (col nuovo anno, comunque, ci riproverà Nintendo con Super Mario Bros. Il film, sarà la volta buona?). The Gallery è la crasi di queste due anime che si annusano e rincorrono da parecchio e naturalmente punta tutto sulla sinossi per tenere il videogiocatore incollato allo schermo.
Sviluppato lungo due archi narrativi cronologicamente distanti tra loro (il primo risale al 1981, il secondo ha inizio nel 2021, fatto che viene opportunamente ribadito dalla presenza, sul volto degli attori, delle mascherine anti-Covid) e con due diversi protagonisti, il canovaccio fin da subito fa capire che punta a una platea matura e consapevole, innestandosi sui disagi socio-politici che hanno riguardato la Gran Bretagna di questi due periodi.
Com’è nostra tradizione, non vi diremo nulla della trama, che poi in The Gallery è realmente la colonna portante del “gioco”, sappiate solo che l’intera avventura, dai risvolti fortemente drammatici, avviene all’interno di una galleria artistica (da qui, appunto, il nome dell’opera).
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Scritto e diretto da Paul Raschid, sviluppato dalla startup londinese Aviary Studios, software house interna alla Aviary Films, casa produttrice cinematografica guidata dal padre di Paul, Neville, The Gallery ha un’intelaiatura piuttosto collaudata e chiede al giocatore di scegliere nei i vari bivi del plot che verranno proposti nei momenti clou, così da influenzare l’intero svolgimento della trama.
Volendo, è possibile disattivare il tempo limite a disposizione quando occorre scegliere tra due opzioni, spesso antitetiche (che possono essere due azioni ma anche semplicemente il modo in cui un attore si rivolgerà a un altro), tuttavia è chiaro che la vera immedesimazione, se così si può dire, la si prova solo avendo pochi secondi per fare la propria scelta. Anche perché gli sviluppatori assicurano che, tra main e side quest, entrambi gli archi narrativi presentino un totale di 150 percorsi diversi che sfoceranno in ben 18 finali distinti.
Noi non siamo riusciti a vederli tutti perché, sebbene la rigiocabilità sia certamente alta, la trama, al netto di diverse situazioni stereotipate, abbia qualche spunto affascinante e gli attori siano eccezionalmente convincenti (capita di rado, in questo genere di prodotti), la sensazione è comunque quella di trovarsi di fronte a un titolo vecchio, che rimanda appunto ai giochi da tavolo con le VHS.
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Perché nel 2022, con opere videoludiche dall’alto taglio cinematografico come Uncharted (a proposito, letta la recensione di Uncharted: Raccolta L’Eredità dei Ladri?), capaci di calarci davvero nel pieno dell’azione, qualcuno dovrebbe aver voglia di fare da gobbo ad attori che restano terzi e distanti rispetto a noi? Ovviamente de gustibus, resta il fatto che, se The Gallery può prendere al primo giro, difficilmente lo si affronterà una seconda volta, solo per vedere i vari sviluppi narrativi ignorati in precedenza. Consigliato soprattutto ai non-gamer.