Riuscirete a trovare l’assassino? Quest’anno, sotto l’ombrellone, un Nintendo Switch al posto del classico Giallo Mondadori
Simile a quei vecchi giochi da tavolo, un tempo rivoluzionari, che prevedevano anche una cassetta VHS che conteneva filmati e dialoghi interpretati da attori in carne e ossa, The Centennial Case A Shijima Story è un giallo interattivo che non vanta una grafica iper-realistica ma manda in scena personaggi umani. Il cast è d’eccezione: Koichiro Ito (Metal Gear Solid V) sulla sedia ripiegabile del regista, Yasuhito Tachibana, il produttore di “The Naked Director” di Netflix, come direttore della fotografia e sceneggiatore, mentre l’intero videogioco sviluppato da h.a.n.d. Inc., software house giapponese, fondata nel 1993, con sede a Sapporo, è stata finanziato da Square-Enix.
The Centennial Case A Shijima Story, a caccia dell’assassino
Una serie di morti inspiegabili ha scosso la famiglia Shijima, una delle più antiche e rispettabili dell’arcipelago nipponico. I quattro crimini sono avvenuti in tre epoche diverse: il 1922, il 1972 e il 2022. Dopo una visita alla magione Shijima, l’autrice di romanzi polizieschi Haruka Kagami decide di fare luce su questo mistero, che affonda in periodi storici molto differenti tra loro (fa uno strano effetto veder rubricato l’ultimo caso sotto la voce “gli anni della pandemia di Covid-19) e sembra legato a elementi soprannaturali che chiamano perfino in causa una camelia rossa e un misterioso frutto, il Tokijiku, dai poteri sovrannaturali.
Del resto ogni delitto, che puntualmente si dipana lungo tre fasi (il caso, la deduzione e la risoluzione) pare chiamare in causa demoni e spiriti, ma la soluzione, nella miglior tradizione dei gialli nipponici stile Detective Conan, si basa in realtà su fatti, moventi e assassini legati a questa e non ad altre dimensioni. Ecco, probabilmente il manga di Gōshō Aoyama aiuta a comprendere lo stile di The Centennial Case A Shijima Story, che pare perennemente sospeso tra la tragicità dei fatti narrati e la comicità, a tratti involontaria, della recitazione di diversi autori. Il cinema giapponese, del resto, è parecchio diverso da quello Occidentale e l’enfasi di talune scene potrebbe apparire un po’ grottesca. Complice anche il fatto che cambiano le epoche ma non gli attori, cioè li vedremo variare di continuo ruolo e personaggi con risultati spesso involontariamente comici.
Venendo al gameplay, anzitutto ci verrà chiesto di osservare come si svolge l’omicidio, dall’inizio alla fine. In tal modo, esaminando il video, sarà possibile rinvenire gli indizi per dare una risposta alle domande classiche su movente, arma del delitto e modus operandi.
Gli indizi vanno però incastrati tra loro nella fase successiva, dedicata alla deduzione, così da formulare un’ipotesi nello spazio deduttivo mentale. Abbiamo apprezzato che, a dispetto di altre opere analoghe, The Centennial Case A Shijima Story consenta di dare corpo a più ipotesi, anche perché diversi indizi sono in realtà tranelli che potrebbero portare sulla strada sbagliata. In questo modo, non si subisce passivamente l’opera, unendo alla rinfusa teorie prefabbricate con gli oggetti rinvenuti fino allo sviluppo della sola tesi scriptata, ma occorre passare parecchio tempo a riflettere, anche a costo di rivedere i lunghissimi filmati che introducono ogni caso.
Infine, l’ultima fase, quella della Risoluzione, chiede di identificare l’assassino basandosi sulle ipotesi elaborate fino a quel punto, che dovranno essere naturalmente corroborate da prove. In alcuni frangenti potrebbe capitare che i colpevoli si difendano raccontando menzogne, dunque occorrerà riuscire a smontarle per non farsi fregare. Insomma, al netto di una recitazione talvolta un po’ grottesca e di tre casi che probabilmente non sfruttano adeguatamente i periodi storici in cui sono ambientati (non ci sono grandi rimandi al clima politico-socio-culturale del Giappone di quegli anni, e questo è davvero un peccato), The Centennial Case A Shijima Story è senz’altro un’opera diversa dal solito, curiosa, ben congegnata e profonda, destinata a essere apprezzata soprattutto da chi divora gialli che non videogiochi, dal momento che lo stile un po’ compassato potrebbe spazientire chi preferisce prodotti più frenetici e interattivi.