Da una startup di Bournemouth, in Gran Bretagna, un RPG che pare provenire dal Paese del Sol Levante
A vederlo così, Tears of Avia sembra proprio un prodotto giapponesissimo. Tutto, dal (nude)look dei personaggi, al character design, passando per la trama e lo stile di gioco, sembra volerci convincere che siamo di fronte a un emulo di Fire Emblem (anch’esso nipponico) pensato e prodotto nel cuore del Sol Levante.
Ebbene, non è così. Tears of Avia, disponibile su PC, PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch, è stato sviluppato a Bournemouth, nel Regno Unito, dai ragazzi della startup innovativa di CooCooSqueaky Games. A ben guardare si tratta della loro opera prima e ha richiesto oltre sei anni di lavoro, perciò sarebbe ingiusta, da parte nostra, andarci giù pesante eccependo in modo puntiglioso i difetti.
Quel che è certo è che si tratta di una personalissima lettera d’amore indirizzata ai videogame nipponici: dentro Tears of Avia c’è dentro un po’ di tutto, dai Tales of di Namco-Bandai ai Final Fantasy (Tactics, su tutti) di Squaresoft, passando per i Dragon Quest di Enix. Ma, soprattutto, c’è parecchio di Fire Emblem di Nintendo. Dal punto di vista del gameplay, il gioco si suddivide in due macrosequenze: una esplorativa, attraverso mappette tridimensionali liberamente visitabili, ma ben lontane dall’open world e una di combattimento.
Qui le somiglianze con Fire Emblem vengono prepotentemente a galla, tra scacchiere lungo le quali disporre i propri personaggi e perfino la possibilità di vederli morire permanentemente se si spunta la apposita opzione. Completa il quadro la possibilità di comporre il proprio party d’eroi selezionando i personaggi – tutti svestitissimi – tra le immancabili classi: Ranger, Guerriero, Mago, Lottatore e Sacerdote che rendono gli scontri affini alle dinamiche della morra cinese.
Girovagare per il mondo di Estera e i suoi regni non è affatto male, anzi, si avverte la passione e la dedizione riversata dal piccolo team in un progetto tanto grande. Il problema è semmai che Tears of Avia è incredibilmente derivativo: non offre nulla di quanto non si veda sulla scena da anni. Non solo, arriva perfino con almeno una decade di ritardo sui prodotti oggi in commercio, perché nel frattempo i JRPG e gli strategici si sono evoluti.
In compenso, la possibilità di plasmare il proprio party d’eroi e, al suo interno, i singoli personaggi tramite gli alberi delle abilità, rendono tutto un po’ più moderno e approfondito. A chi consigliare, allora, questo prodotto britannico? A tutti coloro che, al pari dei ragazzi di Bournemouth che lo hanno sviluppato, amano perdutamente il Giappone e i suoi giochi di ruolo più classici e tradizionali, con il solito mondo da salvare e tanto, tanto, fanservice.