Dopo più di tre lustri i morti viventi tornano a camminare sulle nostre console. E se una volta tanto fossero loro a vincere?
Sarà per via del concept, che chiede di schierarci una volta tanto dalla parte dei cattivi per annientare la razza umana, oppure per l’ambientazione anni ’50 o, ancora, per l’umorismo nero che si basa su di un gran numero di sequenze splatter, sta di fatto che Stubbs the Zombie in Rebel Without a Pulse ricorda da vicino Destroy All Humans!, altro titolo piuttosto vetusto riesumato di recente dall’armadio dei ricordi per essere sottoposto sotto forma di remake ai videogiocatori del giorno d’oggi.
Ulteriore collegamento tra le due opere il fatto che pure il videogame della compianta Pandemic Studios (software house brillante, acquistata da EA solo per essere chiusa subito dopo…) fosse uscito 15 anni fa, nel 2005, esattamente come l’originale Stubbs the Zombie. Mentre la differenza principe che si riscontra tra i due è che in Destroy All Humans! si controlla un alieno che vuole distruggere l’umanità mentre in Stubbs the Zombie in Rebel Without a Pulse ci caleremo nei logori e purulenti brandelli di carne putrida di un morto vivente.
Riesumando i cadaveri di Stubbs the Zombie
Disponibile su PC, Nintendo Switch, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X e Xbox Series S, Stubbs the Zombie in Rebel Without a Pulse è esattamente il gioco che avevamo avuto modo di apprezzare poco più di tre lustri fa. Cinque anni prima che la serie televisiva The Walking Dead rifacesse esplodere la zombie mania, i ragazzi (allora) del compianto studio Wideload Games, team guidato da Alexander Seropian e nato da una costola di Bungie, arrivarono sul mercato con un prodotto fresco e divertente che si basava su di un unico assunto: invece di porre il videogiocatore nell’obbligo di contrastare la solita apocalisse zombie, perché non metterlo nelle condizioni di poterla scatenare? Insomma, essere l’artefice di una epidemia su scala globale? Oggi, col Covid, essere la causa di una pandemia non è poi una trovata così divertente, ma all’epoca possiamo garantire che lo fosse…
In Stubbs the Zombie in Rebel Without a Pulse, oggi come allora, si deve diffondere il morbo mortale tra le vie di Punchbowl, immaginifica e futuristica cittadina della Pennsylvania che viene edificata sul luogo di sepoltura di Edward “Stubbs” Stubblefield, sfortunato ma pacato agente di commercio vittima di omicidio durante un suo viaggio il cui cadavere era stato occultato anni prima proprio nei paraggi. Il nostro Ed però torna in vita, infastidito dal caos di Punchbowl, ed è assetato di vendetta ma pure di cervelli.
Noi, ovviamente, dovremo impersonarlo, dando così inizio all’epidemia zombie. Controllare un morto vivente è davvero divertente: possiamo lanciare brandelli del nostro corpo come se fossero proiettili e granate, separarci dai nostri arti per prendere il controllo dei nemici, stordirli con improbabili puzzette (del resto, i gas dei morti sono letali…) e, naturalmente, mordere gli umani per fare proseliti, arrivando a controllare piccoli battaglioni cui potremo impartire anche qualche ordine (piuttosto semplice, è vero, ma siam sempre zombie…).
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Quando uscì, nel 2005, Stubbs the Zombie aveva un comparto tecnico niente male, potendo beneficiare del motore grafico di Halo. Oggi, Stubbs the Zombie in Rebel Without a Pulse non può invece dirsi all’apice della forma. Il gioco, riesumato – nel vero senso del termine – dal team texano Aspyr Media (che vanta una certa esperienza coi porting) ripropone tal quale la veste grafica di tre lustri fa. Che non è il massimo, dobbiamo ammetterlo e rischia perfino di allontanare i giocatori più giovani, abituati a prodotti molto più accurati e dettagliati.
Sarebbe un vero peccato, però, ignorare il gioco, soprattutto se non si ha mai avuto modo di provare l’originale perché, al netto degli evidentissimi limiti tecnici, il titolo diverte oggi come allora, forte del suo umorismo nero e della buona caratterizzazione dei personaggi, oltre che per l’assurdità e la demenzialità delle trovate e delle situazioni che salvano il gameplay dal rischio di ridurlo a una continua, indiscriminata, carneficina ulteriormente impreziosita dalla possibilità di cooperare con un secondo giocatore, così da dare vita, in compagnia di un amico, a una divertentissima epidemia di morti viventi.