I picchiaduro raggiungono un nuovo livello. Questo gioco entra di diritto nell’olimpo dei videogames
In un mondo ideale, Street Fighter 5 non sarebbe mai esistito, sostituito da Street Fighter 6. Perché tanto bruttarello e sciapo era il passato episodio, non a caso l’ultimo curato da Yoshinori Ono, quanto è sorprendente e innovativo questo trasportato amorevolmente sugli schermi dei nostri salotti da Takayuki Nakayama.
La recensione di Street Fighter 6
Street Fighter 6 è la classica quadratura del cerchio ambita da tutti e realizzata da nessuno. Poi, una volta ogni mille giochi, qualcuno riesce nel miracolo e allora il mondo dei videogiochi si cristallizza. Perché, a dispetto dell’aspetto estetico, il picchiaduro Capcom è contemporaneamente un reboot della saga quanto qualcosa di celebrativo, affezionato a canoni e stilemi di una serie che affonda le proprie radici nelle fumose sale giochi di inizio Anni ’90.
Lo stile dei personaggi è cambiato. Non è proprio una novità, in quel di Capcom, che ha giocato spesso con il character design, proponendo ora qualcosa di più fumettoso, ora qualcosa di più realistico. Il roster dei personaggi è cambiato e affianca nuovi figuri desiderosi di farsi conoscere (tra cui Marisa, un colosso decisamente mediterraneo) a gloriose stelle degli incontri da strada che hanno ancora energie da vendere, nonostante i cazzotti e i calci presi negli ultimi trent’anni.
Ma soprattutto è cambiato il rapporto tra online e gioco in singolo, con il primo naturalmente a farla da padrone (perché Street Fighter 6 è comunque uno Street Fighter e quelli, si sa, si giocano tra amici, o che gusto ci sarebbe), ma con il gioco l’avventura single player in grado comunque di valicare i confini del picchiaduro sconfinando, con gusto, dalle parti dell’adventure – action RPG.
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Non è la prima volta che una software house sperimenta qualcosa di simile, sia chiaro. È la prima volta che non esce fuori una noiosissima porcata che uno deve sorbirsi solo al fine di sbloccare personaggi o skin alternative.
Mettere da parte tutto ciò a cui la serie ci ha da sempre abituato per sviluppare da zero il proprio personaggio, vederlo muovere lungo mappe tridimensionali di discreta fattura e avere la possibilità di apprendere dai lottatori più grandi del pianeta (i personaggi di Street Fighter 6) le loro mosse così da trasformare l’eroe da anonimo lottatore a pericolosissima macchina da guerra ha il suo perché, capace di intrattenere il giocatore per ore e ore, visto il numero di side-quest e attività meramente accessorie, molte delle quali fuori di testa.
Apprezzabilissimo anche il fatto che il gioco strizzi l’occhio ai profani, dedicando tutorial su qualunque mossa, sulle tecniche e perfino sui singoli personaggi, con tanto di controlli semplificati per non lasciare indietro davvero nessuno. Mentre l’AI, particolarmente avanzata, permette anche a quelli più bravi di allenarsi come si deve in vista delle sfide online.
Insomma, Street Fighter 6 è un’opera enciclopedica pensata per la fruizione più vasta possibile: piacerà a chi ha conosciuto la saga in fumosissime sale giochi e a chi invece la scopre solo nel 2023; a coloro che cercano un multiplayer online e a chi non vede l’ora di tuffarsi nella tentacolare mode single player; a quelli che cercano un picchiaduro tecnico e a quelli che vogliono qualcosa di fumettoso e scanzonato, meno cruento di Mortal Kombat. Il risultato complessivo poteva essere un prodotto né carne né pesce, invece le cucine di Capcom stanno servendo persino un nuovo tipo di portata. Tutti gli altri titoli del genere hanno un nuovo capolavoro cui guardare per superare l’asticella.