Da passatempo solitario a multiplayer, fino a tramutarsi in una vera industria dell’intrattenimento. Sono in molti ad aver adocchiato la nuova gallina delle uova d’oro
Da noi è qualcosa che passa ancora sotto traccia, ma all’estero ci sono casi in cui i campioni degli eSport sono delle vere e proprie star. Tanto da riuscire a raccogliere milioni di finanziamenti per portare avanti lo sviluppo di un marchio, o spingere la UEFA a programmare dal prossimo anno un evento parallelo alla sua competizione più prestigiosa: la Champions League. Parliamo di un giro d’affari che ormai genera ricavi per 1 miliardo di dollari l’anno, con un singolo giocatore capace di portarsi a casa oltre 500.000 dollari al mese di guadagni. Danaro che inevitabilmente attira l’attenzione di altri attori che popolano il mondo dei media digitali.
Di fatto quello a cui stiamo assistendo è l’allargamento di una platea, e di conseguenza di un giro d’affari: non c’è al momento un punto di riferimento unico nel settore, manca quel colosso che come Facebook riesca a concentrare su di sé larga parte degli investimenti e del giro d’affari del settore. “Le comunità di gaming spesso restano fedeli alla piattaforma che ritengono più adatta ma allo stesso tempo non hanno remore quando si tratta di provare cose nuove – ci conferma Patrick Soulliere, responsabile globale di eSport e gaming marketing di Ballistix (e con un recente passato di primo piano nel campo degli eSport)- Per quanto esista una gran varietà di ottimi servizi per i tornei, nessuna piattaforma si è veramente imposta sulle altre. In pratica non esiste un servizio che sia adatto a tutti i tipi di giocatori e di utenti”.
Nessuna barriera all’accesso
C’è un altro fattore di cui tenere conto in questo nostro ragionamento, ovvero la natura pionieristica che ancora caratterizza questo settore fa sì che a oggi non sia ancora proibitivo scalare graduatorie e classifiche: “Oggi è possibile imparare a giocare su YouTube, trovare qualcuno con cui giocare tramite Xbox Live, mostrare la propria bravura su Twitch e prima ancora di rendersene conto, creare una propria squadra e giocare da professionista” continua Soulliere. Questo significa anche la possibilità di trasformare un hobby in una professione, di iniziare a guadagnare: magari non quanto Ninja, ma chi può dire quanto cresceranno le borse dei tornei nel futuro prossimo.
Se le barriere all’ingresso mancano per i giocatori, lo stesso vale per over the top e per le grandi piattaforme social. Per questo Facebook si è lanciata nell’agone della contesa: “Twitch ha già sviluppato con successo una simile piattaforma: perché Facebook vuole reinventare la ruota? – ci chiede retoricamente Soulliere – Ai giocatori non interessa avere un’altra piattaforma simile a Twitch, quando già ne hanno una: ma il database di Facebook è un’arma potentissima che Twitch non può eguagliare. Se Facebook riesce a convincere il suo pubblico a usare la nuova piattaforma. come abbiamo visto recentemente con le Instagram stories, qualcosa di grosso può succedere”.
Amazon, che possiede Twitch, sa bene che esiste la possibilità per Facebook di sovvertire gerarchie consolidate: anche per questo ha iniziato ad affiancare a Twitch a Prime, così da attirare sul servizio di gaming la vasta platea dei suoi clienti tipo. E ora ha deciso anche di corteggiare gli sviluppatori, con GameOn: “Sappiamo quindi che Amazon ha le risorse per gestire un’altra piattaforma per gli eSport. Amazon ha però lo stesso problema di Facebook: esistono già tantissimi servizi per tornei online sul mercato. Cosa differenzia quelli di Facebook e Amazon dagli altri? – precisa Soulliere – Per impressionare la comunità dei gamer le due aziende dovranno essere innovative in termini di funzionalità dei propri servizi e non limitarsi a proporre l’ennesimo servizio di streaming che si perde nel mucchio”.
Alla ricerca del vincitore
In ballo ci sono diversi fattori: quello tecnologico, quello social, quello degli investimenti. “Le grandi organizzazioni non si fanno problemi a tagliare progetti che non rendono quanto atteso e se Amazon e Facebook non ne saranno soddisfatte, queste piattaforme potrebbero scomparire con la stessa rapidità con cui sono apparse sul mercato” chiosa Soulliere. All’appello nel nostro ragionamento mancano pure Google e Sony, e Microsoft, tanto per far dei nomi: tutti nomi che controllano piattaforme importantissime. Quel che è certo è che vale la pena continuare a seguire come si evolve questo settore: per capire se nasceranno alleanze, o se l’evoluzione determinerà un progressivo sfoltimento degli sfidanti.