Sport e cinema sono i principali contenuti che il pubblico guarda sfruttando canali “alternativi”. Secondo FAPAV ci sono 2 milioni di abbonamenti abusivi solo in Italia
Se siete appassionati di calcio, Formula 1, tennis, MotoGP e magari anche di cinema e serie TV, avete tre modi per assecondare questa passione: abbonarvi a un’offerta via satellite, come quelle di Sky che comprendono moltissimi di questi contenuti, oppure optare per una piattaforma streaming come Netflix, DAZN o magari le alternative italiane di TIM e Chili a mezzo Internet. Oppure, ancora, potreste optare per la terza via: sappiate però che, anche se meno costosa, è illegale. Lo chiamano “o pezzotto”, è un abbonamento contraffatto che per pochi euro al mese dà accesso a praticamente qualsiasi contenuto disponibile a mezzo IPTV.
Che cos’è il pezzotto?
Probabilmente ne avrete sentito parlare da qualche amico: si collega un dispositivo alla TV, tipicamente un set-top-box a base Android con a bordo software apposta per guardare contenuti multimediali in streaming, e con pochi clic si possono guardare migliaia di diversi contenuti provenienti dai servizi di streaming di praticamente ogni lingua e nazione. Volendo può bastare anche uno smartphone o un tablet, e al massimo una Chromecast collegata alla TV. Basta conoscere la chat giusta, la persona giusta, il sito giusto: pochi euro al mese pagati “in abbonamento”, parliamo di circa 10 euro, per ottenere una sfilza di canali e di contenuti on-demand da guardare liberamente sulla propria televisione.
Va da sé che non si tratta di un’operazione legale: se l’abbonamento Sky costa da 15 euro in su (l’offerta completa su satellite supera tranquillamente i 50 euro, sconti a parte), Netflix circa 10 euro, DAZN altrettanto, il pezzotto è senz’altro conveniente ma solo grazie al fatto che “pirata” i contenuti. Sfrutta gli stessi flussi IPTV che le emittenti utilizzano per i servizi come SkyGo, NowTV ecc, ma li dirotta all’interno del proprio circuito parallelo e fornisce accesso abusivo a streaming che sarebbero riservati agli abbonati.
Stimare correttamente il giro d’affari del pezzotto è operazione complicata e delicata: FAPAV parla di 2 milioni di “abbonati” in Italia, ma sebbene il fenomeno sia in crescita forse questo è un numero stimato in eccesso. Anche volendo dimezzare questa cifra, quindi portandola a 1 milione, parliamo in ogni caso di un giro d’affari enorme: a 10 euro al mese sarebbero comunque 10 milioni di introiti che fluiscono nelle tasche dei pirati, creando un danno significativo alle piattaforme legittime che investono in infrastruttura, acquisizione dei diritti e creazione di contenuti di contorno.
Corro dei rischi col pezzotto?
La legge italiana ha già identificato il tipo di illecito che si commette a “piratare” i contenuti: si viola il diritto d’autore (legge 633/41), quindi si va incontro a tutte le conseguenze del caso tra multe e persino il rischio del carcere. Naturalmente esiste una differenza tra chi organizza l’infrastruttura pirata e mette in vendita il pezzotto, chi lo distribuisce e infine chi ne fruisce: in ogni caso si tratta di violare la legge.
FAPAV mette in guardia anche rispetto ad un altro rischio, ovvero quello relativo ai propri dati personali: se ci si abbona online a un servizio illegale non si hanno garanzie rispetto a come verranno gestiti i propri dati (che possono comprendere anche informazioni sensibili come quelle relative alla carta di credito). Più improbabile che accada altro: sempre FAPAV segnala il rischio di trojan e altri tipi di minacce alla sicurezza informatica del proprio PC, ma il grosso di questi pezzotti viene fatto girare tramite delle semplici playlist m3u inserite in un media player installato su set-top-box Android.
Un altro “rischio” che si corre è quello di veder sparire il servizio da un giorno all’altro. La formula più conveniente per l’acquisto dell’abbonamento è il versamento annuale anticipato: se si verificasse l’eventualità di un intervento delle forze dell’ordine per bloccare un server o un’intera organizzazione, si dovrà ricominciare da capo e quanto pagato sarà andato perduto.
Si può bloccare il pezzotto?
La pirateria della pay TV non è stata inventata oggi: ai tempi di Stream e Tele+ già erano disponibili formule diverse per ottenere accesso indebito a quanto altri pagavano, e la questione è andata avanti per molti anni fino a quando non venne escogitato un nuovo modo di cifrare i flussi in arrivo da satellite. Una sorta di rincorsa tra guardie e ladri che è un classico: anche in questo momento, da qualche parte, i tecnici di Sky, DAZN e tutte le altre piattaforme stanno lavorando per trovare una nuova forma di protezione che impedisca di appropriarsi dei loro contenuti senza pagare. Non appena ci saranno riusciti, i pirati si metteranno al lavoro per scardinare le protezioni.
Il pezzotto è una operazione a tempo: finché funziona si usa, e chi lo vende ci guadagna. Una volta che sarà stato bloccato si passerà qualche giorno, qualche settimana o qualche mese senza: poi si troverà un’alternativa. Il meccanismo più rapido per infliggere un colpo ai pirati, al momento, sarebbe riuscire a bloccare i server da cui partono (o per meglio dire, ripartono) i flussi video: il problema è che sono piazzati in nazioni come l’Olanda, la Russia o l’Ucraina che sono spesso impermeabili alle richieste di take-down che arrivano dalle Forze dell’Ordine.
La questione in Italia pare sia arrivata fino ai piani alti: sul Corriere si parla di una riunione che ha visto la partecipazione del sottosegretario Giorgetti, dei rappresentanti di Lega A e CONI, dei dirigenti di Sky e delle squadre di calcio interessate. Un segnale che potrebbe significare che presto ci saranno novità su questo fronte.