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Il professore del Politecnico di Milano, al lancio di Liguria Crea Impresa illustra la propria ricetta. E pungola gli aspiranti imprenditori sulle competenze manageriali necessarie a fare startup
Cosa manca all’Italia per diventare una startup-nation, secondo il professor Sergio Campodall’Orto, è presto detto: risorse economiche e preparazione manageriale. Ma soprattutto coraggio: coraggio di scommettere su una nuova impresa, coraggio di investire su sé stessi per formarsi e acquisire le competenze necessarie a dare vita a una startup. L’idea, da sola, non basta: la buona notizia è che si vedono segnali incoraggianti all’orizzonte.
Dalla Liguria al resto dello Stivale
Il professor Campodall’Orto ha parlato a margine della conferenza di presentazione della terza edizione di “Tigullio crea impresa” che si trasforma in “Liguria crea impresa”: un’evoluzione naturale, tipica di qualsiasi iniziativa di stampo imprenditoriale che punti a scalare e varcare i confini originari di dove è stata concepita.
Crea impresa si allarga dal Tigullio a tutta la Liguria e ,come dice il presidente di Wylab Vittoria Gozzi, “La domanda che mi fanno tutti è: ma si può fare impresa in Liguria? Con questo contest, ma soprattutto con le persone che abbiamo coinvolto, con il livello accademico, quello imprenditoriale, quello della formazione e, non ultimo, quello delle aziende, noi proviamo a dare una risposta senz’altro positiva e ottimistica”.
La formula è ormai sperimentata: unire tutoraggio accademico e imprenditoriale, combinare assieme esperienza sul campo e una formazione rigorosa. “Due aspetti fondamentali. In Liguria l’aspetto dell’intuizione e quello del suo sbocco lavorativo sono tenuti egualmente in considerazione. Cosa che a Milano avviene meno – spiega il professor Campodall’Orto – Sarà anche per l’età media dei partecipanti al contest, di solito sempre maggiore. L’aspetto gestionale è preso molto più in considerazione. Quindi le basi solide, i liguri sono capaci di metterle. Perché, lo ripeto, per avere successo non è sufficiente il visionario puro”.
Cosa manca all’Italia
L’obiettivo di Liguria Crea Impresa, dice ancora Vittoria Gozzi, è “trasmettere energia”. E l’aumento delle domande di partecipazione registrato è la conferma che di questa energia c’è richiesta: “Il senso dell’allargamento era proprio questo – prosegue Campodall’Orto – Nelle prime due edizioni, sono arrivati bei progetti legati a Chiavari e al Tigullio. Ora abbiamo pensato di stimolare tutta la regione. Sono convinto che arriveranno proposte interessanti, anche in campi che sinora non sono stati mai affrontati”.
Certo bisogna seguire delle linee guida: prima di tutto, non basta soltanto un’idea. “Assolutamente no. Non basta. Accanto all’idea, possibilmente originale, bisogna avere in mente la sua fattibilità” chiosa il professore: questo significa aver ben chiaro quali sono le risorse a disposizione, in termini di capacità operative e di fondi, e quali i settori che sono in grado di offrire maggiori chance di successo. Liguria Crea Impresa ha una serie di partner-sponsor per ogni categoria in cui opera, proprio per dare subito l’avvio alle startup selezionate.
Cosa serve, cosa manca? “Non sono le idee che mancano. Anzi, se andiamo a vedere, ne abbiamo più qui in Italia che negli Stati Uniti – continua Campodall’Orto – Mancano talento e capacità imprenditoriali. Manca l’aspetto manageriale, la capacità di fare azienda. Mancano grossi investitori. Mancano consulenti. Manca gente che molli tutto, molli le sue certezze per un’idea, per un sogno, un orizzonte. Ecco, è in questo che poi gli americani ci superano”.
Non perdete la speranza
Campodall’Orto: “Negli ultimi anni, però, le cose sono migliorate. Alle startup si inizia a credere molto di più”. Il professore cita anche le ultime novità in campo legislativo, quelle contenute nella Legge di Bilancio 2019 e nel decreto che ha dato vita al Fondo Nazionale Innovazione. E come si confà alla nostra natura italiana, nel frattempo abbiamo anche trovato anche soluzioni diverse : “Il problema, lo ripeto, è la difficoltà nel reperire investitori. La grande scommessa è unire competenze e risorse. Per fortuna, sono in continuo aumento le piattaforme di crowdfunding: all’insegna dell’unione che fa la forza, qualcosa si muove”.
Ci sono alcuni esempi virtuosi come Milano, dove si stanno concentrando tanti capitali e tante iniziative che spaziano in tutti i verticali del mercato. Poi però ci sono i centri di eccellenza, e da questo punto di vista la Liguria ha tanto da dire: per esempio sull’intelligenza artificiale a Genova, per esempio all’Istituto Italiano di Tecnologia che sta a Bolzaneto. E poi lo sport, con Wylab a Chiavari: “Qui la presenza di Wylab rappresenta una vera eccellenza, un qualcosa che andrebbe preso ad esempio, un qualcosa – conclude Campodall’Orto – che se la può competere, sotto certi aspetti, anche con Milano”.