La neo startup di Dino Patti, acclamato sviluppatore di Limbo e Inside, alla prova del debutto con questa avventura in un mondo devastato dagli extraterrestri
C’è Dino Patti, noto nell’ambiente per essere lo sviluppatore di videogiochi di caratura come Limbo e Inside, dietro a Somerville, titolo con cui la startup che ha fondato assieme all’animatore Chris Olsen, Jumpship, debutta ufficialmente nel mondo videoludico. Un debutto movimentato, considerata la rottura del rapporto tra Patti e Arnt Jensen, che ha portato il primo ad abbandonare lo studio indipendente danese Playdead, startup di Copenaghen di cui era Ceo e che nel trambusto ha perso anche Jeppe Carlsen. Inutile dire che Playdead adesso si ritrova, per un curioso contrappasso, proprio in una situazione di limbo, con un terzo titolo in sviluppo ma senza l’apporto dei principali creativi che ne hanno decretato le fortune.
Cosa non ci torna di Somerville
La nuova avventura professionale di Dino Patti e Chris Olsen li ha visti al lavoro per un lustro su Somerville che, pur non discostandosi troppo dalle atmosfere e dalle meccaniche di Limbo e Inside prova a percorrere una terza via, decisamente più colorata. Anche qui per arrivare ai titoli di coda occorre percorrere in orizzontale (la terza dimensione figura poco e dove irrompe non lo fa sempre con la dovuta grazia) stage spesso di gran qualità, dal sicuro impatto scenico, talvolta persino in contrasto con il dramma del momento.
Siamo infatti all’indomani della venuta sulla terra di creature aliene che hanno iniziato a razziare gli esseri umani e a installare sul nostro pianeta giganteschi monoliti luminescenti. Il nostro alter ego ha il compito di ritrovare i membri della propria famiglia (dal cane alla moglie), di cui ha perso le tracce nella concitata notte dell’invasione. Una Guerra dei mondi per console (tutte tranne il Nintendo Switch) e PC, insomma, nella quale però, come accennavamo, la sinossi non sembra concordare con quanto apparirà su schermo.
Le ambientazioni sono difatti per lo più tranquille, quasi serene, specie se ci si allontana dalla minaccia aliena. Il mondo di Somerville è silenzioso e soprattutto pare già abbandonato da tempo. Ricordate la prima puntata di The Walking Dead o l’incipit di 28 giorni dopo? In entrambi i casi i protagonisti si ritrovavano a girare per scenari devastati da una tragedia avvenuta molto tempo prima, in cui si era già sedimentata la polvere e non si avvertivano più gli echi di un’umanità che aveva provato a resistere alla minaccia dell’estinzione.
Anche per questo, Somerville tende a lasciarsi giocare pigramente senza irretire troppo il videogiocatore. Attenzione: non stiamo dicendo che sia un brutto gioco o che sia noioso, anzi, qua e là nelle quattro ore che separano l’inizio dalla fine alcuni momenti risultano avvincenti e qualche enigma ci ha impegnato più del dovuto, ma semplicemente gli manca quel quid pluris utile a trascinarci anima e corpo nel mondo virtuale ricreato dalla startup inglese.