Disintermediare la filiera, personalizzare il capo, velocizzare la consegna. Così due imprenditori a Biella si sono trasformati in sarti digitali. Intervista a Simone Maggi di Lanieri, una delle dieci finaliste di StartupItalia! Open Summit 2017
Il miglior futuro possibile nasce dal passato glorioso. Quello che ancora oggi è un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo. Andando per una volta ben oltre gli assi metropolitani mondiali, gli hub di interconnessioni, le vie di collegamento strategiche. Talvolta il futuro abita nella provincia più remota, quella che studia, che fatica, che eccelle. Quella che lavora sotto casa e che vende ovunque nel mondo. Quella provincia falcidiata dalla crisi ma che nel made in Italy, ovvero nel saper fare al meglio puntando sull’italianità di prodotti e servizi, trova ancora la chiave per competere in un mercato sempre più liquido, connesso, concorrenziale, globale.
Ecco, quel miglior futuro possibile nasce anche da due giovani imprenditori trentenni con in tasca una laurea in ingegneria e un master MBA. E dal loro incontro con un lanificio storico piemontese. In fondo tutto parte da una felicissima intuizione nata a tavolino e diventata impresa sostenibile. Siamo a Biella, quarantacinquemila anime nel Piemonte settentrionale: a cinquecento metri sul mare, abbracciati dalle Alpi Pennine. Capitale mondiale del tessile, Biella. E già dall’Ottocento, conosciuta nel mondo per le sue industrie.
È qui che nel 2013 nasce Lanieri, startup fashion-tech col primo servizio per configurare in 3D e ordinare online abiti su misura maschili realizzati solo con i migliori tessuti italiani. Tra questi Reda, Loro Piana, Ermenegildo Zegna, Vitale Barberis Canonico.
Gli startupper diventati sarti hi-tech “a tavolino”
Lanieri oggi crea abiti, cappotti, giacche, pantaloni e accessori personalizzabili in pochi clic e consegnati in tutto il mondo. Una startup nata a tavolino, studiando carte, libri, appunti. E facendo gli incontri giusti. «Siamo nati da un brainstorming e a dirla tutta il nome è arrivato con un errore. All’inizio dovevamo chiamarci Natural Gentlemen, ma non funzionava. Da lì l’idea di identificarci con un nome italiano, ma che guardava al mondo. Insomma, facciamo errori e probabilmente li faremo ancora, ma siamo molto veloci a correggerci» afferma Simone Maggi, co-fondatore e CEO di Lanieri. Questo 35enne nato a Pavia e oggi di stanza a Biella con in tasca una laurea in ingegneria informatica ha conosciuto il suo futuro socio, Riccardo Schiavotto, sui banchi di un MBA in Francia. E da lì entrambi hanno messo nero su bianco l’azienda, nata con un investimento iniziale di Reda, leader nel tessile.
Simone Maggi e Riccardo Schiavotto
Il team oggi è composto da ventotto professionisti con una forte predilezione tecnologica per un posizionamento centrato sul marketing di prodotto. E poi c’è la parte di retail, con la forza lavoro impegnata sul territorio. Il fatturato è sui 4 milioni di euro, con un previsionale 2018 col segno positivo e a doppia cifra percentuale, compreso tra +25% e +35%. Lanieri nel settembre 2016 ha ottenuto un round di finanziamento di 3 milioni di euro da parte di un pool di lanifici biellesi, guidati proprio da Reda. Tecnologia e produzione completamente made in Italy. E prodotto di estrema qualità. «Utilizziamo solo le migliori lane sul mercato messe a disposizione da storici produttori di eccellenza».
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L’alleanza con la storia: la rivoluzione digitale dallo storico lanificio
«Siamo il più grande caso di open innovation in Italia» rivendica con orgoglio Simone. Così il lanificio Reda, forte del secolo e mezzo di storia, ha scelto di sperimentare le potenzialità delle nuove tecnologie: «Il lanificio aveva voglia di provare ad investire per andare più a valle e sul prodotto finito quindi disintermediando la filiera. E così è nata Lanieri».
Oggi l’headquarter è al Sella Lab coworking space di Banca Sella a Biella, proprio nello storico complesso industriale del lanificio Sella, vicino al torrente Cervo. Qui si trova anche la casa di Quintino Sella. «Fa un certo effetto pensare che la rivoluzione industriale sia nata qui, con una macchina tessile poi portata anche a Londra».
Il Sella Lab coworking space di Biella
Gli ordini segnano un +60%, per il 47% italiani, il resto da Europa e America, con alcuni sporadici ordini dall’Australia. Oggi Lanieri conta otto atelier, di cui cinque in Italia e sette di proprietà. «Noi nasciamo online ma approdiamo presto nell’offline. Di fatto serviamo 57 Paesi al mondo» precisa Simone. La startup registra 10mila clienti internazionali, ma Simone ricorda ancora molto bene il primo ordine. «Arrivava da non troppo lontano rispetto a dove siamo. Si trattava di un cliente di Pavia che ci ha regalato un’idea di miglioramento del servizio poi effettivamente applicata: permettere di far toccare con mano i tessuti, anche a casa».
L’intervista: il made in Italy per scalare
StartupItalia!: Simone, voi siete la prova che le buone idee possono nascere anche a tavolino, a patto che non ci si fermi alla sola teoria. Come siete passati alla pratica?
Simone Maggi: «Penso che una chiave vincente messa poi in pratica sia l’aver proposto di disintermediare la filiera. Con Reda, per esempio, riusciamo ad avere la filiera completa dalla pecora della nuova Zelanda al prodotto».
SI!: Ricordate gli esordi?
SM: «Sì. E ricordo anche la preoccupazione. A settembre 2013 quando abbiamo lanciato il nostro website sono passate settimane senza un ordine. Abbiamo pensato che ci fosse qualcosa che non andava. Poi abbiamo aperto il nostro primo temporary shop. E da lì abbiamo svoltato. Oggi Lanieri sta contribuendo a digitalizzare un’eccellenza italiana come quella della sartoria, con un approccio omnichannel, per permettere di toccare con mano tessuti ed effettuare l’ordine anche “offline” in atelier presenti nelle principali città».
Il team Lanieri all’esordio
SI!: Siete un ibrido tra online e offline, in una logica di esperienza di omnicanalità. In che modo operate vi muovete?
SM: «L’impostazione è unica nel suo genere in Italia: su Lanieri.com è possibile configurare il proprio capo su misura e si può decidere di toccare con mano tessuti ed effettuare l’ordine anche offline in atelier o in un nostro temporary shop. La formula quindi è ibrida: dall’online stiamo cercando di creare una esperienza omnichannel».
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SI!: Quanto conta l’italianità in queste soluzioni?
SM: «Tanto. Ancora oggi. Noi possediamo quel guizzo di stile e di ingegno nel portare il capo. E noi italiani siamo molto più propensi alla customizzazione».
SI!: Che tipo di investimenti fate?
SM: «Il 95% dell’investimento marketing viene fatto online. Ma facciamo operazioni mirate di advertising. E poi spingiamo il consumatore a venirci a trovare nello store online, per poi accoglierlo anche dal vivo nell’atelier».
L’atelier Lanieri di Milano
SI!: Quali tendenze state registrando nella moda?
SM: «Certamente c’è la personalizzazione, perché oggi più che nel passato il cliente vuole distinguersi. È un trend che può essere cavalcato con le nuove tecnologie, passando velocemente dall’ordine alla produzione. Noi ad oggi consegniamo le camicie in quattro giorni lavorativi, riducendo la filiera».
Lanieri è stata una delle dieci startup finaliste di StartupItalia! Open Summit 2017. E sarà con noi anche al nuovo #SIOS18, il prossimo 17 dicembre a Palazzo del Ghiaccio di Milano!