Pronti a rincontrare Guybrush Threepwood?
I possessori di Xbox e gli abbonati al pacchetto Game Pass hanno dovuto aspettare poco più di un mese rispetto ai colleghi di Nintendo Switch e PC. Di Return to Monkey Island, l’ultimo attesissimo capitolo della saga gaming, ci aveva parlato il nostro Carlo Terzano con la sua recensione per l’ibrida della casa di Kyoto. Ora è arrivato il momento di accontentare anche chi ha la next gen in salotto e vuole comunque concedersi un tuffo nei ricordi passati, quando – erano gli anni Novanta – un titolo punta e clicca ha scritto una pagina memorabile. Al netto degli evidenti cambiamenti grafici adottati dagli sviluppatori di Terrible Toybox, Return to Monkey Island , che abbiamo testato per Xbox Series X/S, è un videogioco che mantiene un’anima autentica. Non fosse altro perché dietro le quinte ha lavorato il team fondatore, capitanato da Ron Gilbert, il padre della serie che ha fatto innamorare generazioni di gamer. Pronti a rincontrare Guybrush Threepwood?
Il videogioco in questione è un’avventura narrativa che meriterebbe davvero un’esperienza consapevole da parte del gamer. Molti di quelli che ci leggono avranno già giocato ai titoli che precedono la storia di Return to Monkey Island, ovvero The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge. Per la fortuna di chi intende sbarcare da neofita a Mêlée Island, sullo store di Xbox i capitoli precedenti sono disponibili a un prezzo niente male. Partendo a giocarci ora, potreste arrivare a godervi il terzo capitolo targato Gilbert durante le vacanze di Natale.
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Detto questo buttiamoci nella trama di Return to Monkey Island. No, scherziamo. Non potremmo farvi torto peggiore di anticiparvi qualcosa, a cominciare dal prologo della storia. Il titolo, per chi conosce la saga, ha saputo tenere impegnati i giocatori, costringendoli a pensare fuori dagli schemi e, in alcuni casi, ad adottare una mentalità da veri bucanieri folli per risolvere enigmi. La storia riprende da dove avevamo lasciato il nostro poco probabile pirata Guybrush Threepwood nel secondo capitolo. L’isola che farà da teatro alle nostre avventure ha lasciato il passo a un nuovo corso.
Ovunque troviamo crisi e decadenza e la nostra amata Elaine Marley non occupa più lo scranno di governatrice. Insomma, tanto è cambiato negli ultimi anni, tranne ovviamente quell’atmosfera costantemente ironica e scanzonata, infarcita di dialoghi doppiati superbamente in inglese (ci sono anche i sottotitoli in italiano) dai quali emergerà un’umanità piena di maschere e NPC. Non ci sono comparseanonime in Return to Monkey Island, ma attori ben delineati di una commedia esilarante ai quali chiedere di tutto, selezionando le tante opzioni di dialogo.
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Il game desing non è stato cambiato e, lo sottolineiamo, meno male. Si esplora un mondo 2D, interagendo con oggetti di ogni tipo, perfino gabinetti luridi e tubature rotte dalle quali sgorgano liquidi di prevedibile odore. Come negli altri capitoli della serie, anche in Return to Monkey Island il bello sta anche nello stuzzicare il nostro Guybrush, costringendolo a fare i conti con oggetti e situazioni poco confortevoli, ottenendo così un commento piccato, che buca lo schermo e dà l’esatta sensazione che il bucaniere parli proprio a noi.
Sulla questione grafica, che aveva provocato diversi malumori tra alcuni gamer indispettiti da un cambiamento così netto negli sprite dei personaggi e nelle ambientazioni, ci sentiamo di sgombrare il campo da dubbi. Return to Monkey Island è un titolo brillante anche su Xbox Series X/S, dinamico e con un sacco di elementi di contorno che rendono vivi gli scenari di gioco (dalle foglie fino agli insetti che svolazzano). E poi l’audio design, con un tappeto musicale perfettamente in tono con l’avventura. Sono passati trent’anni, ma siamo ancora innamorati del carattere imprevedibile di Threepwood.