Una pietra miliare dei videogiochi sbarca su PC e Nintendo Switch. L’antesignano di tutti i punta e clicca moderni ritorna per essere proclamato “re”
Fate una prova: aprite un’altra pagina (mai potremmo consigliarvi di chiudere questa) e digitate su qualsiasi motore di ricerca Return to Monkey Island. Scoprirete che ne parlano davvero tutti. Nel suo piccolo, in Italia, persino la Gazzetta dello Sport. Questo dovrebbe insomma permettervi di capire quanto fosse atteso il ritorno in affari del mitico pirata Guybrush Threepwood che, dopo più di tre decadi, di colpo realizza di non avere mai realizzato il mistero dell’Isola della Scimmia…
L’attesissima recensione di Return to Monkey Island
C’è davvero un cast stellare dietro Return to Monkey Island, a iniziare ovviamente dagli sceneggiatori Ron Gilbert e Dave Grossman, dal direttore artistico Rex Crowle, dal doppiatore Dominic Armato e dai compositori Peter McConnell, Michael Land e Clint Bajakian. Nomi di spicco che fanno capire il peso sulle spalle dei ragazzi di Terrible Toybox, alle prese non solo con un titolo che dovesse raccogliere il testimone dei primi due storici, osannati, glorificati, capitoli della serie, ovvero The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge, ma si barcamenasse pure tra gli episodi successivi, di minor pregio, ma che a modo loro hanno contribuito a plasmare la saga, introducendo numerosi personaggi ed elementi del plot: The Curse of Monkey Island, Escape from Monkey Island e Tales of Monkey Island.
Ci riesce? Ci riesce. Non diremo una sola parola della folle, delirante, sconclusionata trama che anima le vicende di Return to Monkey Island buttando in scena un parterre di personaggi altrettanto improbabili ma destinati pure a essere indimenticabili. Sappiate solo che, dopo più di 30 anni, la sceneggiatura è ancora brillante, i dialoghi effervescenti e le situazioni nelle quali ci troveremo impelagati, in un tourbillon di disavventure che solo uno come Guybrush Threepwood potrebbe richiamare a sé appena mette fuori il naso da casa, sono all’altezza dei primi iconici episodi.
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La sinossi gioca ancora una volta con la cultura pop (non mancano ovviamente i riferimenti a Star Wars) ma anche e soprattutto coi rimandi alla serie, senza mai nascondere il tempo trascorso prima che quest’ultimo episodio vedesse finalmente la luce. Anzi, il fattore cronologico è il motivo per il quale tante cose, nei pirateschi arcipelaghi lungo i quali navigheremo, sono cambiate enormemente.
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A iniziare dal fatto che Elaine Marley, il grande amore del nostro eroe, non occupa più lo scranno di governatrice di Mêlée Island e l’isola stessa è in balia di una crisi economica che ha reso il posto pericoloso e asfittico. Capitan Madison si è così imposto tra la pirateria locale, scalzando via la vecchia guardia, mentre il famoso imprenditore Stan è in prigione per “attività criminali di marketing”.
A livello ludico, invece, quasi tutto nel titolo prodotto da Devolver Digital è esattamente al suo posto, proprio dove lo ricordavamo, del resto non solo i punta e clicca non sono variati di una virgola in tutti questi anni ma, a giudicare dal numero di esponenti recenti che conta il genere, sono persino tornati alla ribalta. Gli sviluppatori hanno comunque pensato pure ai neofiti, introducendo una modalità semplificata che impedirà di scheggiarsi il muso sull’imperscrutabilità di alcuni enigmi. Noi, ovviamente, la sconsigliamo, perché Monkey Island senza rompicapi non sarebbe Monkey Island.
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Gli enigmi sono infatti i reali protagonisti dell’avventura: la possibilità di evidenziare gli oggetti coi quali è possibile interagire (sia perché aggiungono descrizioni di contesto, sia perché si può raccoglierli o ‘azionarli’) non toglie affatto la magia originaria, evitandoci non solo di non consumare le proprie diottrie setacciando ogni pixel (impresa che sarebbe stata pure più ardua giocando su Switch, in mobilità), mentre la necessità di combinare tra loro gli oggetti, non solo permetterà di rievocare il ben noto pollo di gomma con carrucola in mezzo, ma impedisce soprattutto che il giocatore sia invogliato a procedere a caso, allenando invece il pensiero laterale.
Naturalmente, l’aspetto più piacevole di Return to Monkey Island è tornare a visitare ambientazioni che hanno fatto la storia, che ci hanno ospitato tre decadi fa, per scoprire come il tempo e i fatti accaduti in nostra assenza le abbiano profondamente mutate. Per questo motivo, il gioco si rivolge anzitutto alla platea storica che ha adorato ogni enigma della serie e attendeva con pazienza il suo ritorno. Non poteva essere altrimenti. Chi non è mai salpato per l’Isola della Scimmia, ha due opzioni: la privilegiata sarebbe correre su Steam per acquistare almeno i primi due episodi (costano davvero poco), così da comprendere antefatti e battutine che caratterizzano tutta la sinossi di Return to Monkey Island; l’altra, invece, infischiarsene del nostro consiglio e buttarsi lo stesso a capofitto di quest’ultimo capitolo. Non c’è nulla che possa impedirvelo, ma perdereste molto dello splendido umorismo del titolo. Un titolo destinato a fare nuovamente la storia dei videogiochi.