La squadra diretta da Yasuhiro Anpo è riuscita nel miracoloso intento di aggiungere un buon numero di dettagli per svecchiare un titolo che ha quasi 20 anni sulle spalle senza intaccare l’alchimia dell’originale
Era il 2005 e Capcom rivoluzionava per sempre la propria saga distribuendo, in esclusiva per l’ammiraglia Nintendo dell’epoca (il GameCube), Resident Evil 4. Una esclusiva che poi si è rivelata temporale e ha permesso peraltro agli utenti di PlayStation 2 di godere di un porting tecnicamente miracoloso e all’apparenza impossibile. Negli anni, come tutti i titoli dell’etichetta nipponica, rifacimenti e nuove versioni non sono mancati, non ultimo Resident Evil 4 VR (qui la nostra recensione) che ha quasi infartato il nostro Alessandro. Ma ora si fa sul serio, con un remake che trasporta il survival horror nel 2023.
Resident Evil 4, ritorno a Pueblo
Sono tante le novità in Resident Evil 4. Anche a livello contenutistico, di sinossi e gameplay. Per quanto riguarda le prime due, terremo la bocca cucita: giusto che le scopriate da soli. Possiamo anticiparvi che la squadra diretta da Yasuhiro Anpo è intervenuta con gusto per svelare nuovi dettagli su ciò che è successo in questo sventurato borgo disperso tra i monti della Spagna in cui Leon Kennedy (sì, lo stesso Leon che prendeva servizio nella polizia di Raccoon City all’inizio dell’epidemia zombie che originava gli eventi di Resident Evil 2) viene spedito per salvare la figlia del presidente recentemente rapita, Ashley Graham.
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Una missione all’apparenza normale, per chi è riuscito a sfuggire dall’inferno della cittadina ormai nuclearizzata, ma che ben presto catapulta il nostro agente in un nuovo girone dantesco brulicante di indemoniati e nuove creature.
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Ecco, poco sopra abbiamo detto che il team di Anpo è intervenuto con gusto aggiungendo dettagli anche scenici: “gusto” è da intendere in modo ampio, perché da buon Resident Evil anche il 4 abbonda di cliché da horror movie di serie Z (zombie, appunto) ed è stracolmo di scene improbabili e di personaggi anche troppo stereotipati.
Tante sequenze comunque sono state ritoccate anche al fine di non far scivolare il giocatore nell’antipatica sensazione di “già visto” e “già giocato”.
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La parte iniziale ne è un ottimo esempio: all’apparenza sembra tutto come lo ricordavamo dall’epoca GameCube, ma in realtà qua e là piccoli-grandi stravolgimenti vi manterranno ben desti, suggerendovi che qualcosa è cambiato, aumentando così il senso di inquietudine nella consapevolezza che nuovi orrori strisciano tra le frasche del bosco in cui due poveri poliziotti vi hanno accompagnato.
La principale novità di Resident Evil 4
In origine Resident Evil 4 fu il primo capitolo a imprimere una accelerazione all’intera serie, che fino ad allora si muoveva lungo i canoni di schermate fisse su fondali prerenderizzati. Per ben tre episodi i personaggi, soltanto per compiere un giro su se stessi, impiegavano alcuni secondi e se sparavano non potevano muoversi. Dopo circa due decadi, anche questo remake affina ulteriormente il lavoro fatto rendendo Leon ben più sciolto e disinvolto rispetto a quanto ricordassimo.
Aumentato pure il numero di nemici presenti: oltre ai poveri villici di Pueblo, irretiti dal misterioso potere legato al culto di Los Iluminados (chi ha giocato all’originale saprà già che più che un potere si dovrebbe parlare del parassita Las Plagas…), per l’occasione Capcom ha introdotto nuovi mostri, soprattutto diverse bestie taurine che aumenteranno la sfida dato che i proiettili a disposizione scarseggiano sempre e i nemici hanno la tendenza a circondare il povero Leon. Inutile dire che in questi frangenti apprezzerete particolarmente il fatto che Capcom abbia oliato per bene il sistema di controllo.
Ma l’aspetto su cui i creativi nipponici hanno insistito maggiormente è quello scenico. Certo, non raggiungiamo i fasti di Resident Evil Village, ma anche il remake di Resident Evil 4 si difende molto bene, con ambientazioni riviste, grondanti di macabri dettagli inediti che aumentano l’inquietudine anche nelle fasi di raccordo nelle quali magari non deve accadere alcunché. Ma soprattutto lodi sperticate vanno rivolte a un character design ricalibrato, che si sofferma con attenzione su piccoli particolari degli abiti e dei volti dei nemici principali per renderli ancora più spaventosi. In tal senso Ramon Salazar nella sua bruttezza è semplicemente meraviglioso, per non parlare poi di Osmund Saddler.
Applausi a scena aperta anche alle ambientazioni: il villaggio, benché piccolissimo, straripa di nuovi particolari e comunque ha carattere da vendere; il castello di Salazar resta la location più bella, forte delle sue sale maestose, dello sfarzo dato dalle rifiniture e grazie anche a qualche nuova sequenza vertiginosa.
Tra l’altro nel castello avrete modo di osservare che sono stati rivisti i comandi da impartire ad Ashley: nell’originale spesso i game over si susseguivano per gli istinti autolesionistici della ragazza che tendeva a correre a braccia aperte incontro ai monaci, qui è possibile impartirle semplici ordini e perfino rianimarla in caso di KO. Insomma, come vedete Resident Evil 4 è un remake che ringiovanisce a 360° un’avventura già di per sé ottima. Splendido lavoro, Capcom.