Una startup innovativa iberica ci accompagna per le strade del vizio di Little Fish City, affascinante metropoli statunitense intrappolata nei tentacoli della mafia… e pure degli alieni
Timothy vs the Aliens è davvero un titolo atipico. Ha inizio come il più classico dei videogame sui gangster, tanto da apparire come un emulo di Mafia, o di GTA. Dopo alcuni istanti, però, si scopre che le atmosfere piovose e gli edifici in stile liberty dell’America degli anni ruggenti fanno solo da scenario, perché i nostri nemici non sono altre famiglie del crimine organizzato, bensì gli alieni: esseri tentacolari e bavosi, botoli disgustosi, non meno pericolosi di picciotti e don mafiosi, comunque.
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Da quel momento Timothy vs the Aliens prende tutto un altro andazzo, quello di un’avventura sopra le righe, scanzonata e irriverente, che tuttavia sa rappresentare una sfida degna di nota anche per i giocatori più esperti. Perché sebbene non sia un souls-like, non è poi così difficile morire, nel gioco della startup spagnola WildSphere.
Quanto è pericolosa la vita del gangster in Timothy vs the Aliens
Che sia per una caduta accidentale da un ponteggio o perché si viene sopraffatti dai nemici, qui e là si tira le cuoia. E a volte non sempre per colpa nostra. Sono tanti, infatti, gli errorini che sporcano l’esperienza, le imperfezioni che rendono frustrante più di un passaggio. A iniziare dal fatto che il protagonista, Timothy appunto, abbia il vizio di impallare la visuale della telecamera. Solitamente, negli sparatutto in terza persona, gli avatar diventano trasparenti, quando si frappongono tra noi e l’obiettivo. Qui no.
Inoltre si spara praticamente alla cieca, perché il mirino delle nostre armi è bianco e l’intero gioco (tranne gli alieni) è proposto in bianco e nero. Troppo facile “perderlo” nello scenario. Non solo: il mirino è pure molto piccolo e giocando in modalità portatile su Nintendo Switch – il gioco è disponibile anche su PC, via Steam e PS4 – si fa davvero fatica a vederlo. E poi ci sono i nemici, che di fatto non offrirebbero grande resistenza, ma il loro respawn è continuo, incessante, fastidioso. Basta restare due secondi fermi in uno stesso punto e ci si ritrova circondati.
Alcuni errori sono probabilmente causati dalla natura ibrida del titolo. Non solo abbiamo per le mani qualcosa che resta sospeso tra il Padrino e le invasioni aliene, ma a livello di gameplay la medesima confusione si ravvisa anche tra sequenze sparatutto, altre free roaming stile GTA e diverse fasi platform.
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Non è necessariamente un male, anzi, così facendo Little Fish City, la cittadina in cui è ambientata l’avventura, ha modo di svilupparsi pure in verticale, permettendoci di scalare scale antincendio, cantieri e impalcature. Ma il problema principale è che il nostro gangster non è Super Mario: è lento, goffo e impacciato e spesso precipita morendo all’istante solo per un movimento non voluto. Controlli altrettanto grezzi sporcano pure le rare sequenze di guida: ok, non sono Ferrari ma auto di quasi cent’anni fa, tuttavia sembra di guidare un divano.
Non sono errori gravi, intendiamoci, quanto piuttosto fastidiosi. Nulla che una patch non possa rimediare. E speriamo che quella patch arrivi quanto prima, perché, al netto delle sbavature, Timothy vs the Aliens è un titolo divertente e particolareggiato, grondante di dettagli e carisma. La città di Little Fish City è tanto bellina quanto vuota e desolante: ci sarebbe piaciuto girarla in largo e in lungo a tempo perso per godere dei suoi scorci, come appunto abbiamo sempre fatto in Mafia o in GTA, ma pare un set cinematografico privo di comparse. In tutto il mondo di gioco, poi, c’è solo un negozio.
In più, ad avventurarsi senza meta per le vie cittadine si rischia solo di ritrovarsi circondati da melmosi polipi arancioni, che spuntano praticamente dappertutto (le munizioni della pistola sono infinite, per fortuna, solo quelle delle armi più potenti vanno a esaurirsi, anche se difficilmente si resta senza). Insomma, per quanto imperfetto e claudicante, Timothy vs the Aliens ci è comunque piaciuto e ha saputo soddisfarci. La resa estetica è di gran gusto e riesce a sopperire a un motore grafico non sempre all’altezza. Le meccaniche sono forse troppo spigolose e irsute, come il volto di un vero gangster degli anni ’30…