La cacciatrice è di nuovo tra noi
Tra le nmila polemiche che investono il mondo dei videogiochi c’è anche quella che riguarda i personaggi femminili. Il meccanismo dei social è noto a chiunque ed è fatto per gettare fumo negli occhi e confondere. Aloy, la protagonista della saga Horizon (esclusiva Sony disponibile su PlayStation 4 e next gen), non ha fatto eccezione: è dovuta passare per l’arena di commenti, tra sciocchezze e bestialità, per come Guerrilla Games l’avrebbe presentata. Ingrassata, con la barba (santa pazienza…), emblema del politicamente corretto: così hanno scritto nel solito menu urlato. Fa dunque un enorme piacere rovesciare finalmente giù dal tavolo tutte le superficialità per poterci buttare a capofitto nell’ovest proibito. Oggi, venerdì 18 febbraio, è finalmente uscito Horizon Forbidden West, il secondo capitolo di una saga inaugurata nel 2017, lo stesso anno di un altro capolavoro tripla A come The Legend of Zelda: Breath of the Wild. E, a dirla tutta, all’epoca alcuni erano indecisi su quale dei due eleggere titolo dell’anno. Questa però è storia: guardiamo al presente e alle terribili Macchine che dovremo affrontare.
Inutile dire che per godervi appieno Horizon Forbidden West è caldamente consigliato aver prima conosciuto la storia di Aloy in Horizon New Dawn. Non perché non riuscireste a giocarci, ma perché vi perdereste i tanti collegamenti della trama. I fatti del secondo capitolo prendono il via pochi mesi dopo la fine del primo.
Siamo proiettati in un futuro spaventoso per l’umanità, nel 3000 d.C, e le Macchine rappresentano la più terribile minaccia per gli umani sopravvissuti. Quelli che sono riusciti a ritrovare un ruolo in un mondo con nuovi equilibri vivono raggruppati in tribù e la guerra non è di certo l’ultima soluzione per risolvere i conflitti. In tutto questo creature con le sembianze di animali, ma decisamente più letali, usano la propria forza d’acciaio e intuito tecnologico per dominare i territori. Come nel primo capitolo, le incontriamo molto presto. Ma questa volta è peggio: siamo destinati ad affrontare una zona nuova, immensa, in cui nessuno vorrebbe spingersi.
Horizon Forbidden West è un titolo dai colori e dettagli folgoranti. Come in un quadro la firma, in ogni scenario, porta il nome di una direzione artistica che in questi anni ha senz’altro potuto contare su un budget di tutto rispetto, onorandolo con un universo e un’ambientazione degni di una produzione next gen. Lato nostro (ovvero non sulla next gen) abbiamo avuto comunque il piacere di goderci l’esperienza su PlayStation 4. Le aspettative sono state rispettate. La natura che attraversiamo in Horizon Forbidden West è pulsante e ha conservato le tracce di una civiltà antica: i Predecessori hanno fatto il loro tempo, condannando il mondo.
«Una giovane emarginata, ignara della sua importanza». Così Sylens, personaggio fondamentale della saga, definisce la nostra Aloy. Di lei potremmo dirvi tantissimo, del suo coraggio e del suo essere una predestinata fin da bambina, quando l’abbiamo incontrata alle prese con i primi rudimenti della caccia. Il mondo è salvo grazie a lei, dopo l’impresa della battaglia di Meridiana. In Horizon ForbiddenWest è una eroina con un albero di sviluppo abilità ancora più ricco del primo capitolo: sei stili da potenziare (guerriera, cacciatrice, infiltrata, hacker, sopravvissuta, trapper) per un totale di oltre cento abilità da sbloccare ora dopo ora, combattimento dopo combattimento.
Come nel primo capitolo, il combat system apparecchiato dagli sviluppatori saprà regalare grosse soddisfazioni pad alla mano. Il mix tra modalità stealth e scontro a campo aperto è ben equilibrato: varia da situazione a situazione e il gamer deve sempre tenere a mente che le Macchine sono molto più furbe di quanto non sembrino. Risvegliare l’attenzione di una può scatenare l’ira di molte altre. Abilità e velocità sono decisive, così come il tempismo nello scagliare una freccia congelante e nel terminare alla svelta un Codalesta. Raccogliendone ogni risorsa e materiale per potenziarsi e creare.
Il titolo in questione sa offrire un’esperienza densa e ricca di missioni, principali e secondarie. Ci sono gli avamposti da liberare, le zone da esplorare e attrezzi del mestiere che ci fanno sentire senz’altro meno piccoli e indifesi in un ambiente altrimenti proibito come recita il titolo. Il rampino ci viene in soccorso quando, sospesi nel vuoto, dobbiamo raggiungere una parete lontana; l’alascudo è una soluzione tecnologica estremamente preziosa per atterrare delicatamente a terra; senza dimenticarsi delle meraviglie che Horizon Forbidden West sa regalare negli ambienti subacquei, da esplorare liberi dall’ansia dell’ossigeno se si ha il giusto apparecchio.
Tra i più importanti di questi, il focus. Una seconda vista tecnologica che permette di vedere oltre il visibile. A cominciare dai punti deboli delle Macchine, anche in questo secondo capitolo questo dispositivo ci aiuterà a vedere il mondo in una realtà aumentata piena di dettagli e dati. Con una simile profondità di elementi e densità di gameplay, Horizon Forbidden West non è ovviamente un titolo privo di difetti, soprattutto nella sua versione old gen. Lo vedrete in alcuni episodi di clipping e con bug che senz’altro le patch future potrebbero correggere. Nulla che possa comunque inficiare l’esperienza complessiva.
In Horizon Forbidden West Aloy è chiamata di nuovo a guarire il mondo da una terribile piaga. Da emarginata, consapevole del proprio ruolo e mai stanca di portarne il peso, non indietreggia mai. Il legame che la unisce a Elisabet – siamo a un passo dallo spoiler per chi non ha mai giocato al primo titolo, ma non lo faremo – è quello che la spinge ad andare avanti, accettando il proprio destino. La saga di Horizon è anche un inno maturo e al tempo stesso visionario a una nuova ecologia che inquadra un equilibrio con l’ambiente circostante difficilmente trasferibile nel nostro mondo così tormentato. Questo non significa che non sia straordinariamente affascinante.
Concludiamo la nostra recensione di Horizon Forbidden West da dove avevamo cominciato, con un augurio per il futuro dibattito sui videogiochi. Le cose sono senz’altro migliorate rispetto al passato. L’eco di minoranze rumorose viene senz’altro ampliata da noi giornalisti che forse troppo spesso diamo seguito alla polemica del giorno. Fa parte del gioco: le critiche sono il sale di ogni ambito dell’intrattenimento, specialmente quello videoludico. Aloy è di tutti, come lo sono Elly e Abby di The Last of Us. Non rappresentano bandiere di un’ideologia, non sono casacche da indossare, ma carne viva e spirito di un’umanità a cui, almeno secondo chi scrive, tutti noi dovremmo assomigliare.