Dopo un lungo perigrinare gli zombie orfani di Techland hanno trovato nello studio britannico già responsabile di FPS come Timesplitters e Crysis 2 e 3 la loro nuova dimora
Avevamo lasciato quel povero runner del filmato che annunciò al mondo l’esistenza di Dead Island 2 decomporsi per quasi 10 anni sul lungomare di Los Angeles (qui per capire di cosa stiamo parlando: era l’E3 2014). Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Ma per fortuna la “zombie-mania” non sembra essersi esaurita. Techland, sembra quasi superfluo ricordarlo, dopo aver curato l’ottimo primo episodio (qui per chi volesse la registrazione di un playthrough giocato interamente dal sottoscritto e da un suo amico), non è stata scelta da Deep Silver, proprietaria dell’IP, per fare anche il secondo capitolo e si è quindi concentrata su Dying Light, saga affine, maggiormente incentrata su caratteristiche platform, finanziata da Warner Bros. Gli zombie di Dead Island 2, orfani di sviluppatore (cambiato 3 volte in nemmeno 10 anni), sono stati amorevolmente accuditi da Dambuster Studios, team britannico acquisito da Deep Silver nel 2014 e già responsabile di FPS come Timesplitters e Crysis 2 e 3. Come se l’è cavata?
Dead Island 2, ovvero il primo ma 10 anni dopo
Rassicuriamo tutti: i ragazzi di Nottingham hanno superato la prova più che egregiamente specie considerato quanto sia stato traumatico il passaggio di consegne con gli omologhi polacchi. Il primo Dead Island era stato di rottura perché essenzialmente aveva trasportato la minaccia zombie in una ambientazione inedita: abituati, com’eravamo fino ad allora, a fare fuori questi ammassi di carne putrida solo tra quinte cimiteriali e ambientazioni notturne, poterli sderenare lungo spiagge dalle acque cristalline e villaggi vacanze costituiva già di per sé una novità. Anche perché, a dispetto della soggettiva, le armi erano in realtà pochissime, da centellinare, e la maggior parte degli scontri andava fatta all’arma bianca.
Come potrete immaginare, uccidere zombie in boxer o in bikini era spia di un umorismo nero di fondo che fortunatamente ritroviamo inalterato – a tratti forse persino potenziato – in Dead Island 2, assieme all’altra grande caratteristica del predecessore: la possibilità di costruirsi le armi, rinvenendo progetti utili a migliorarle, così da renderle più devastanti e pure incredibilmente folli, tanto che le più potenti infliggono danni aggiuntivi, da avvelenamento, scossa o bruciatura.
Tutto questo fa il paio con la possibilità di fare avanzare il proprio alter ego, da scegliere tra i sei disponibili, lungo uno skill tree per 30 livelli, che a sua volta si aggancia all’uso di carte collezionabili sulla falsariga di un altro zombie game piuttosto recente: Back 4 Blood (qui la recensione), a sua volta erede di un altro grande titolo del passato: Left 4 Dead, scusateci se vi abbiamo fatto venire il mal di testa.
In fin dei conti le carte sono la vera novità rispetto alla formula originale, inclusa la possibilità, piuttosto limitata, di usare le armi con poteri speciali in combinato con elementi ambientali. In alcune zone potrete per esempio allagare piccole parti dello scenario e poi dare la scossa ai malcapitati che ci sguazzano dentro, se avete un’arma elettrica o c’è una batteria di un’auto nei dintorni. Troppo poco per emozionarsi, anche sono trovate ‘telefonate’ dagli sviluppatori, che pongono nelle immediate vicinanze gli elementi necessari per preparare le trappole.
Già Techland aveva capito che un seguito dovesse proporre qualche variazione sul tema: nel mezzo-sequel Dead Island Riptide era stata così introdotta l’incognita dei nubifragi. Per non parlare poi delle novità apportate (anche per non incorrere in guai legali, supponiamo) con Dying Light e i suoi cicli dì/notte che vedevano gli zombie potenziarsi notevolmente nelle ore più buie, costringendo il giocatore a mutare radicalmente approccio al gioco. I nostri amici britannici non sono stati altrettanto lungimiranti. Per carità: considerato che Dead Island 2 è rimasto fermo per quasi 10 anni durante i quali è saltellato da uno studio di sviluppo a un altro, il lavoro finale è già di per sé soddisfacente. Ma la sensazione di avere per le mani una build vecchia, aggiornata solo graficamente, è spesso forte.
Torna anche la distinzione tra vari tipi di zombie, utili ad aggiungere varietà agli scontri: ci sono quelli che corrono, i colossi, quelli che esplodono… diversi mini-boss avanzando diverranno persino nemici normali. Il sistema di controllo, invece, è sempre piuttosto piatto. Come torna, naturalmente, la possibilità di affrontare l’intera avventura assieme agli amici, che poi è la spina dorsale dell’offerta ludica del prodotto pubblicato da Deep Silver.
Girare per Hell-A (versione post apocalittica di Los Angeles) è divertente, perché è divertente massacrare zombie tra le mega ville dei Vip, come è divertente buona parte del gioco, sebbene verso la fine si avverta una accelerazione un po’ fastidiosa. Tuttavia, è sparito l’effetto ‘wow’, sia perché Dead Island 2 ripropone la medesima formula del primo, sia perché il capostipite è uscito nel 2011 e in questi 12 anni tante novità dell’epoca sono diventate comuni. Ma vuoi l’impianto narrativo sempre sopra le righe, vuoi la possibilità di condividere l’esperienza in multiplayer, rendono l’avventura estremamente godibile.