Un simpatico pagliaccio in cerca del suo cagnolino sfida Kirby e Yoshi. Ci sarà da ridere?
Sebbene il sottoscritto non abbia mai amato particolarmente i pagliacci (probabilmente è rimasto segnato a vita da IT, quello vero, quello che faceva davvero paura, del 1986, non la sonnolenta riedizione del 2017), deve ammettere che questo Ayo the Clown oggetto dell’odierna recensione per la nostra rubrica The Next Tech è un’opera davvero notevole, perennemente in bilico tra due saghe Nintendo molto amate, Kirby e Yoshi, ma capace di sfoggiare anima e carisma propri, anche grazie a una direzione artistica e a un comparto grafico degni delle grandi produzioni.
La clownesca recensione di Ayo the Clown
No, non è vero, questa recensione di Ayo the Clown non avrà nulla di clownesco (anche perché i pagliacci sono irritanti) e sarà seriosa e – probabilmente – noiosa come tutte le altre, ma ogni tanto anche noi ci lasciamo andare al clickbait. Non che questa volta ce ne sia bisogno, perché chi cerca un platform colorato e zuccherino dovrebbe leggersela d’un fiato, o comunque correre nello store virtuale della propria console preferita per acquistare il gioco a scatola chiusa.
La prima produzione con grandi velleità della piccola startup videoludica Cloud M1 ha dimostrato il talento di questi ragazzi. Per certi versi, Ayo the Clown ci ha ricordato un altro titolo di cui vi abbiamo proposto la recensione poco tempo fa: Stitchy in Tooki Trouble.
Anche in quel caso, difatti, avevamo assistito all’arrembaggio di una startup semisconosciuta ai “danni” di un galeone ben difeso: Donkey Kong Country Returns. A livello grafico il buon Stitchy si difendeva molto bene, ma poi, pad alla mano, presentava ben altra giocabilità e finiva presto con l’annoiare.
Per nostra fortuna, invece, Ayo the Clown non ha commesso i medesimi errori: oltre alla grafica – deliziosa – c’è di più. E, soprattutto, il titolo non si limita a imitare Yoshi e Kirby. Certo, la raccolta di perline, i mondi fatti di glassa, di plastilina o di tessuto, come enormi diorami virtuali partoriti da una scolaresca dell’asilo, traggono ispirazione proprio dalle avventure dei due tondeggianti e bulimici eroi Nintendo. Ma tutto poi è stato masticato e digerito per essere riproposto in modo intelligente.
Insomma, Ayo non è Stitchy, uno spaventapasseri che, senza un motivo, si ritrovava a vagare per giungle selvagge solo per seguire le ore del titolo che lo aveva ispirato. Ayo è un clown, si muove lungo ambientazioni circensi, usa oggetti da pagliaccio (pure l’inquietante palloncino che rimanda davvero a IT) e tutto è contestualizzato. Per farvi un esempio, i checkpoint sono deliziose torte in faccia.
I livelli, per quanto non riescano a raggiungere la profondità di Kirby e la Stoffa dell’Eroe o di Yoshi’s Crafted World, presentano il giusto mix di libertà ed esplorazione. La buffa creatura di Cloud M1, infatti, seguendo le orme di Kirby e Yoshi, non si limita a presentare la ‘solita’ sequenza platform caratteristica della maggior parte dei titoli afferente a questo genere, ma arricchisce ogni stage con numerosi bivi e diverse parti nascoste da elementi dello scenario, che spingeranno i completisti a tornare più volte in quadri già affrontati solo per cercare l’ultima perlina.
E poi ci sono trovate divertenti, nemici deliziosi, piccole mappe farcite di dettagli. Niente che non si sia già visto, certo, nessuno dice che l’Ayo the Clown al centro dell’odierna recensione ha rotto la quarta parete e setterà gli standard dei giochi a venire, ma ciò che sorprende è come, ancora una volta, la produzione di una piccola startup riesca a emulare decentemente titoli sviluppati con tutt’altre risorse umane ed economiche.
Anche l’idea di partire senza abilità e poterle aggiungere a poco a poco, soddisfacendo le richieste di alcuni PNG che troveremo lungo i livelli, ci è piaciuta, visto che dona profondità e spessore, rendendo le prime ore un dolce tutorial utile ad affrontare il resto dell’avventura, che sarà anche colorata e zuccherina, ma sa diventare sfidante all’occorrenza. Insomma, ottimo lavoro.