Uno scrittore americano e un artista australiano hanno confezionato un’opera fantascientifica tetra, soffocante e opprimente. E per questo ci è piaciuta
A vederlo così, Primordia, con il suo mondo popolato da soli robot, con l’umanità sparita da tempo (come le foreste o gli animali), i cieli giallognoli, i miasmi che si sollevano dal terreno, tempeste elettriche a indicare che la fine è vicina e i panorami punteggiati dai rifiuti dell’ennesima rivoluzione industriale fallita da tempo, pare un videogioco fantascientifico che abbonda di cliché.
Trascinandosi per il mondo morente di Primordia
E, per carità, è così. Sono tante le cose scontate, già viste, nell’opera dei ragazzi di WoormWood Studios, startup innovativa fondata nel 2010 dallo scrittore americano Mark Yohalem e dall’artista australiano Victor Pflug. Ma bisogna tenere in considerazione anche che il gioco arrivato su Nintendo Switch circola su Steam da circa 10 anni.
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Insomma, non ha il tempo dalla sua. In più, sarebbe un errore ritenere Primordia banale, perché è in realtà un’opera capace di far riflettere e di sbatterci all’interno di un mondo, tratteggiato appena dalle pennellate di Pflug, che esercita sulla nostra psiche un fascino immediato.
Complice anche la caratterizzazione dei due protagonisti: Horatio Nullbuilt v5, un ingegnere che, per qualche motivo, ha deciso di vivere in ciò che resta della sua astronave, adagiata in mezzo al deserto, ben lontano dal prossimo e Crispin, un robottino ironico e linguacciuto che lui stesso ha costruito.
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Perché nessun uomo è un’isola e pure Horatio, che pare odiare ogni altra forma di “vita” (non biologica, dato che quella è sparita da un pezzo), ha evidentemente avuto bisogno di compagnia e si è creato questo bizzarro televisore svolazzante. Sono proprio queste contraddizioni a farci comprendere che Primordia sia più complessa dei tanti cliché di cui comunque abbonda.
Vicissitudini che non vi sveliamo porteranno i due, nonostante le resistenze di Horatio – che per tutta l’avventura sognerà la solitudine di casa propria -, a visitare l’immensa, tentacolare, putrida, soffocante, città di Metropol, in cui gli ultimi robot conducono le proprie esistenze nell’apatia e nella corruzione. Le atmosfere sono pesanti, opprimenti, ben rese tanto dalla scrittura di Yohalem, quanto dalle pennellate marroni, grigie e nerastre di Pflug.
Tuttavia, dieci anni dopo soprattutto la palette cromatica costituisce ancora il difetto più importante di Primordia, che è un punta e clicca e dovrebbe pertanto aiutare i giocatori a rinvenire quanto è nascosto su schermo. Così non è: anzi, se è possibile le cose sono peggiorate ulteriormente, soprattutto se deciderete di giocarlo in mobilità. Si rischia di girare per ore a vuoto perché non si ha fatto caso a un dettaglio, a un bivio. Si chiede consiglio a Crispin quando magari la soluzione era sotto i nostri occhi, ma richiedeva di bruciare chissà quante diottrie per scovarla tra quell’ammasso di pixel marroncini.
Già nel 2012 Primordia arrivò su Steam con il fardello di tavole in bassissima risoluzione, zeppe di scalettature. L’upscaling della versione Switch è di quelli automatici, ma i disegni sono i medesimi: allo stesso modo le animazioni sono sempre quelle, grezze e innaturale, dell’originale. Ma siamo comunque di fronte a un gioco sviluppato da un team di appena due persone: inutile andare troppo per il sottile.
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Quello che possiamo fare, semmai, è porre sotto la luce (che in Primordia è piuttosto rara), quanto fatto di buono dagli sviluppatori: dalla caratterizzazione dei personaggi alle atmosfere. Il risultato è un punta e clicca vecchio stile, solido e soddisfacente, che al netto dei limiti elencati non dovrebbe mancare nella ludoteca degli appassionati del genere, soprattutto se amanti della fantascienza.