Dal Texas arriva l’ultimo capitolo di una serie che ha fatto dell’essere fuori misura la propria misura… Ma ce ne era davvero bisogno?
Quando il primo POSTAL debuttò era il 1997. Un anno già sconquassato dall’arrivo in televisione di South Park. Questo significava che, prima di allora, erano stati solo I Simpson di tanto in tanto a far scandalo e suscitare polemiche. Sappiamo che il divario tra i gialli di Springfield e il cartone che segue le avventure di Stan Marsh, Kyle Broflovski, Eric Cartman e Kenny McCormick, è il medesimo che c’è oggi tra questo e I Griffin o American Dad. Perché il guaio di tutte le cose che hanno come tratto distintivo il non porsi limiti, è che verranno presto superate da altre, più irriverenti e coraggiose. Vale per i cartoni ma vale per i videogame: e quando il sorpasso avviene, se non c’è altro a fare da colonna portante, difficilmente quella serie sopravvive. Una intro necessaria per spiegare come mai pensiamo che il 2023 non sia più un anno adatto per un titolo come POSTAL 4 No Regerts.
Intendiamoci, la produzione texana riesce, qua e là, a strappare qualche risata, ma è troppo legata agli anni ’90 per divertire davvero, specie chi è nato nel 2000. Uccidere qualcuno servendosi di una gabbia di piccioni o infilare un’arma nell’ano di un gatto per sfruttare il povero felino come silenziatore poteva creare un po’ di sano scompiglio nel 1997, ma oggi che i tempi sono cambiati difficilmente qualcuno ci fa caso: quotidianamente in fascia protetta viene trasmesso di peggio.
Anche i continui riferimenti al sesso appaiono stanchi e sbiaditi: del resto sono stati scavalcati da qualsiasi serie apparsa di recente che presenti scene di nudità e telecamere che indugiano sul piacere simulato dagli attori. Un tempo gli amplessi televisivi trovavano spazio esclusivamente nei film porno, oggi basta guardare Il trono di spade. Quando la televisione trasmette in chiaro tutto ciò, le numerose battute sul membro maschile o i continui riferimenti a quello femminile contenuti in POSTAL 4 No Regerts vengono di colpo ridimensionati a ciò che sono davvero: non un modo per fare scandalo col pretesto della libertà di espressione, non un tentativo di scardinare i tabù di una società puritana e bigotta, ma semplicemente boutade un po’ tristi, senz’altro fuori tempo massimo, dal sapore adolescenziale.
POSTAL 4 No Regerts è un po’ come l’isola che non c’è di Peter Pan: ci si possono rifugiare quei quarantenni cresciuti con l’originale che vogliono provare un malsano senso nostalgico, magari perché si rifiutano di essere invecchiati. Peccato però che il resto del mondo, nel frattempo, si sia evoluto. La distorsione temporale fa sì che chi oggi ride delle gag contenute nel videogame sviluppato dai ragazzi texani di Running with Scissors, Inc. sia un po’ il Michael Scott (The Office) della situazione e finisca per sbellicarsi di fronte a trovate che imbarazzano i più solo perché eccessivamente infantili, non per il messaggio veicolato.
Che POSTAL 4 No Regerts sia un titolo vecchio, eccessivamente legato agli anni ’90, lo dicono anche il gameplay striminzito (che presenta una struttura a missioni con lavoretti improbabili simili a quelli di No More Heroes, qui completabili con maggior dose di follia) e la struttura di gioco: un overworld tutto sommato piccino abitato da PNG per nulla intelligenti, che si lasceranno importunare e perfino ammazzare. Qualche citazione ad Half Life o a Duke Nukem (uno dei doppiatori selezionabili, Jon St. John, è proprio quello del mitico Duca) fa palpitare il cuore, è vero e per fortuna ce ne sono altre che chiamano in causa Breaking Bad piuttosto che Il Trono di Spade. Ma tutto finisce lì.
Anzi, tutto si concentra sulle demenziali trovate che farciscono l’avventura, come la possibilità di orinare ovunque, tanto sui passanti quanto sui cadaveri dei propri nemici, o la presenza di armi dal nome improbabile pensato solo nel tentativo di strappare una stanca risata (per esempio la Spurt’N’Squirt 9000). Ma questa non è né satira, né ironia, tanto meno arguzia: è voler dar fastidio a tutti i costi con una stupidità infantile e molesta, a tratti un po’ scimmiesca. Poi per fortuna si cresce. O no?