Dopo il pranzo di Natale sedetevi al tavolo dei grandi per sfidarli a Texas Hold’em
Non è facile giocare a poker. Contano strategia, psicologia, pazienza e un certa dose di fortuna che non guasta mai. Chi scrive non è un esperto, anche se ha inteso le regole del mestiere scommettendo gomme e altre sciocchezze con gli amici. Se siete in cerca di un’esperienza simile in console perché durante le vacanze di Natale non tutti i vostri parenti saranno disposti a digerire il pranzo di Santo Stefano mettendo in ordine le fiche sul tavolo, allora Poker Club può fare al caso vostro. Disponibile su Nintendo Switch, questo videogioco si attiva soltanto se avete un abbonamento a Nintendo Online. Scelta che, ci sentiamo di dire, lascia con l’amaro in bocca e taglia fuori dal divertimento un sacco di potenziali gamer.
A differenza di altri titoli dedicati al mondo Texas Hold’em, Poker Club ha scelto di puntare sul realismo con un gameplay in prima persona che, su carta, prometteva grandi aspettative soprattutto perché, una volta seduti, gli sguardi degli altri sfidanti possono tradire emozioni e indizi sulle carte che hanno in mano. Sviluppato da Ripstone, software house indie di stanza in UK, il titolo offre la possibilità di divertirsi nella modalità carriera, in tornei o in tavoli cash. Come punto di forza di Poker Club c’è senz’altro l’aspetto della community: grazie al multiplayer andremo infatti a sfidare non soltanto bot, ma gamer reali.
Se sapete giocare a poker il videogioco è un passatempo divertente, ma fatica a rendere l’esperienza densa e appagante a lungo lasciando lunghe parentesi di immobilismo, durante le quali dobbiamo per forza di cose attendere la decisione degli altri concorrenti. La modalità della prima persona ha il suo perché, ma non sempre si riesce ad avere quella sensazione di controllo. Come se non bastasse il realismo a cui gli sviluppatori hanno puntato non è all’altezza: i movimenti e i comportamenti dei bot, per esempio, sono spesso insensati e ripetuti. Va comunque detto che, come obiettivo, quello di trasferire la guerra psicologica che si compie a un tavolo da poker non è un’operazione così semplice.