Prova a rispondere alla domanda la startup dei videogiochi di Konstantin ed Elenor Kopka e Philip Feller
Come Pokémon Snap, ma decisamente più inquietante. Se volessimo andare subito al sodo, è questa l’essenza di Penko Park, il curioso videogame della giovane startup innovativa di Konstantin ed Elenor Kopka e Philip Feller, che ha all’attivo un altro videogioco: Wunderdoktor, che godeva di una caratterizzazione se possibile ancora più macabra. Del resto, cosa attendersi da uno studio di sviluppo che ha scelto di chiamarsi Ghostbutter?
Penko Park, fotografali tutti
Se avete già giocato al vecchio Pokémon Snap per Nintendo 64 o al più recente New Pokémon Snap per Switch, saprete già cosa attendervi: un FPS on rail nel quale, anziché crivellare qualsiasi cosa si muova, occorre fotografarla. Ci si muove lungo cinque ambientazioni molto differenti tra loro, benché derivative (l’immancabile bosco, la zona vulcanica, quella innevata, quella sommersa, ecc…), anche se appunto il movimento è automatico e dunque potremmo aver usato il verbo sbagliato, con l’obiettivo (della fotocamera, ehr…) di realizzare un safari fotografico, immortalando ogni buffa creaturina vi si pari davanti.
Inizialmente avrete a disposizione solo la macchina fotografica, la Penko Snap-A-Lot 9000, con la quale realizzerete i vostri preziosissimi scatti, ma progredendo non tarderete a mettere le mani su una serie di items utili a interagire coi mostriciattoli, così da vincere la loro ritrosia e indurli a concedervi il loro profilo migliore. Potrete anche sbloccare la versione Ghost-o-Vision che permette, nemmeno a dirlo, di sbirciare nel mondo dell’etereo, imprimendo su pellicola ectoplasmi e spiritelli.
Insomma, Penko Park non si discosta affatto dal gioco originale che debuttò nel 1999 su N64 o da un altro Indie recensito qui di recente: il simpatico Beasts of Maravilla Island, sviluppato dai neo laureati alla University of Southern California Games Program, Cal State Fullerton, and Art Center.
La possibilità di interagire con le folli creaturine che abitano il vecchio parco dei divertimenti ormai in rovina Penko Park consente, come vuole la tradizione, non solo di ottenere nuovi scatti e valutazioni migliori ma anche e soprattutto nuovi bivi lungo i cinque stage. Fattore, quest’ultimo, che incentiva la rigiocabilità, specie ogni volta che metterete le mani su un oggetto (o una melodia per flauto) differente. La caratterizzazione delle 140 creaturine non è affatto male (alcune sono però un po’ troppo banali, altre decisamente più convincenti) e il titolo riesce a intrattenere: considerato il costo a cui viene offerto, conviene farci un pensierino.