Dall’Olanda un’avventura punta e clicca dove quel che conta è gestire l’improvvisazione sul palco
“Sono venuto a vedere lo strano effetto che fa la mia faccia nei vostri occhi”, canta Francesco De Gregori in uno dei suoi brani più belli, La valigia dell’attore. Salire su un palco non è semplice, e intrattenere il pubblico forse la cosa più difficile in tempi veloci e senza pazienza come i nostri. Il titolo che andiamo a recensire, Once Upon a Jester, ci ha incuriositi sotto diversi aspetti che riguardano il fascino della quarta parete. Anzitutto il filo rosso che accomuna i quattro sviluppatori di Bonte Avond, di stanza in Olanda: oltre a cavarsela non male con il coding, hanno una passione per la musica, che prima compongono e poi inseriscono nei propri titoli. E dove ci si esibisce quando si ha un flauto o una chitarra? Su un palco. Preparatevi dunque a gustarvi una storia indie leggera e divertente su Nintendo Switch.
L’inizio di Once Upon a Jester ci fa conoscere i due bizzarri protagonisti: Jester e Sok sono due amici, attori non di primo ordine, che se la cavano benino con l’improvvisazione. Dal momento che però quel briciolo di talento non li ha ancora fatti arricchire, hanno da tempo deciso di arrotondare con qualche furtarello. Quando i due scoprono che la principessa del regno ha indetto un contest teatrale il cui vincitore finale potrà esibirsi a palazzo, la coppia fiuta il colpaccio: è l’occasione d’oro per rubare il diamante del re. Come punta e clicca, il titolo ci porterà a un’esplorazione di ambienti 2D colorati e pieni di NPC, con un game design strutturato in due fasi. La prima ci porterà a indagare i gusti del pubblico, girovagando per mercatini e capannelli di persone per raccogliere spunti.
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In questa fase governiamo Jester per farlo curiosare in giro. Quando si è soddisfatti con l’idea di un copione da seguire si procede con la realizzazione della locandina. Con pochi sticker nei primi spettacoli, si arricchirà mano a mano dando libertà alla nostra vena creativa per catturare il pubblico con uno spettacolo davvero imperdibile. Quando tutto pare pronto, basterà parlare con Sok e dare il via alla prima.
Once Upon a Jester non è un videogioco difficile e poggia su una narrativa surreale votata all’improvvisazione. Elemento, quest’ultimo, che si apprezza soprattutto quando si alza il sipario e Jester inizia il proprio monologo. Con vari tipi di scelte per completare una frase sul palco, che ci indirizzeranno verso trame drammatiche o romantiche, atterreremo in una breve serie di mini giochi, perlopiù caratterizzati dalla logica del Quick Time Event (anche se ci sono alcune sessioni dove vinceremo grazie a un pizzico di memoria). Al termine di ogni spettacolo verremo ricompensati con bouquet di fiori (da 1 a 5).
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Il gameplay è tutto sommato essenziale. Once Upon a Jester non è un indie troppo elaborato nelle meccaniche, ma ha il merito di proporre una colonna sonora originale, divertente e piena di sfaccettature; così come abbiamo davvero apprezzato la freschezza nel doppiaggio e nelle canzoni. Tutto è in lingua inglese, con sottotitoli e dialoghi facili da seguire. Si conclude in una manciata di ore, con la promessa di un minimo di rigiocabilità dovuta alle variabili che incontrerete sul palco. Se tutto funziona e cattura durante gli spettacoli, ci sarebbe tuttavia piaciuto un maggior spessore nelle fasi di preparazione. Ora che però siete pronti, non resta che dirvi l’unica cosa affinché tutto vada bene. Merda, merda, merda!