La proposta dal cofondatore di Wikipedia, Larry Sanger, che tuttavia non sembra aver fatto breccia. Ecco le ragioni
Oggi è lo sciopero dei social network ma ovviamente non ne sapete nulla. Probabile siate arrivati su questo articolo dalla solita anteprima su Facebook e delle preoccupazioni del povero Larry Sanger, uno dei fondatori di Wikipedia (rapidamente estromesso dalla guida), non ne abbiate esattamente contezza. Su Twitter il cofondatore – ma Jimmy Wales non ha mai voluto definirlo così, nonostante molte delle idee centrali alla base dell’enciclopedia libera e condivisa fossero proprio farina del suo sacco – ha lanciato uno sciopero per questi due giorni. Obiettivo: chiedere un sistema decentralizzato della rete e maggiore protezione dei dati dopo i numerosi scandali. L’hashtag di riferimento #SocialMediaStrike.
La strategia
La strategia dovrebbe essere semplice (anche se in queste ore non se ne vedono poi molti, di partecipanti): quella di pubblicare appunto solo la notizia che si è in “sciopero” da condivisione e che non si pubblicherà altro nel corso delle 48 ore. Altro urlo di battaglia, infatti, è #decentralizesocialmedia, per recuperare il controllo dei propri dati. Un tema importantissimo e centrale che, almeno in parte, il Gdpr, il regolamento generale europeo per la protezione dei dati personali entrato in vigore lo scorso anno, ha iniziato ad affrontare. Per esempio con la paventata possibilità di portabilità delle informazioni personali da un servizio digitale all’altro.
Le ragioni
Lo sciopero si inserisce in una campagna più ampia che ruota intorno alla Dichiarazione di indipendenza digitale, scritta dallo stesso Sanger, nella quale si legge: “L’umanità è stata usata con disprezzo dai vasti imperi digitali. Quindi è ora necessario sostituire questi imperi con reti decentralizzate di individui indipendenti, come nei primi decenni di internet”. A scioperare, secondo il 50enne filosofo statunitense, dovrebbero essere tutti quelle “persone con delle rimostranze da fare nei confronti dei social media” con l’obiettivo di “domandare che le giganti e manipolative corporation ci restituiscano il controllo sui nostri dati, sulla privacy e sulle esperienze”.
La petizione
Giovedì e venerdì, insomma, niente Facebook, Instagram, Tik Tok, Snapchat, LinkedIn e magari anche WhatsApp. Per fare in modo che queste piattaforme si presentino come fornitori di servizi neutrali e disinteressati, forse un’utopia all’epoca del turbocapitalismo californiano. Volendo, però, c’è la dichiarazione-petizione si può firmare su Change.org. “Non si tratta di uno sciopero contro tutti – ha spiegato Sanger a MarketWatch – ma contro alcuni pessimi attori della rete”. L’iniziativa, tuttavia, è per ora un flop: poco più di 2mila le firme sul blog del promotore, nessuna mobilitazione fisica in programma e soprattutto social media affollati come sempre.