Dopo un capitolo di transizione, possiamo veramente confrontarci con la potenza dei nuovi hardware liberata sul parquet di gioco?
Non esistono più le mezze stagioni, recita un vecchio adagio. E, in effetti, se non fosse perché a un certo punto iniziano ad apparire i nuovi capitoli di Fifa, Formula 1 e MotoGp, sarebbe probabilmente più difficile per noi, che stiamo tutto il giorno col muso pressato sul monitor del PC o sul televisore collegato alle nostre console, renderci conto che l’estate è finita e sta arrivando l’autunno. I titoli sportivi sono infatti “ciclici”, escono con la cadenza dei libri di Bruno Vespa ma, al contrario di questi ultimi, devono piacere al loro pubblico, innovare, continuare a sorprendere. E ovviamente non è affatto facile. Perciò lecito chiedersi cosa abbiano combinato i ragazzi di Visual Concepts con NBA 2K22.
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Con NBA 2K22 alla scoperta del basket next-gen
Secondo capitolo della saga di 2K Sports per console d’ultima generazione (il primo ad approdare sui nuovi lidi, difatti, fu NBA 2K21, qui la nostra recensione), NBA 2K22 si propone come titolo per fare il punto sulla potenza tecnica offerta dalle nuove macchine Microsoft e Sony. Ci spieghiamo meglio: l’anno scorso NBA 2K21, come sottolineato dal nostro Alessandro Di Stefano, fu un gioco di transizione.
Lasciava cioè intravedere le potenzialità dei nuovi hardware, ma era costellato pure da una miriade di piccoli bug e comportamenti anomali, soprattutto sul fronte delle nuove animazioni, che facevano percepire uno sviluppo fatto frettolosamente e un porting inadatto. Con l’ultimo episodio, invece, 2K deve aver chiesto alla software house statunitense dietro al progetto di dimostrare al mondo come può essere il grande basket su PS5 e Xbox Series. Niente rivoluzioni di sorta, dunque, ma almeno è sparita gran parte dei difetti a livello visivo, sostituita da una inedita pulizia grafica e da un alto livello nel dettaglio che arriva a concentrarsi perfino sulle fronti imperlate di sudore dei vostri beniamini.
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I modelli poligonali sono sempre all’altezza della situazione e, consapevoli di ciò, gli sviluppatori hanno predisposto una regia dinamica che andrà a indugiare sulle loro esultanze e sulla mimica facciale, di buon livello. Viceversa lo stacco è parecchio evidente qualora decidiate di plasmare il vostro atleta: sarà molto meno credibile e dettagliato e parrà preso di peso da due generazioni di console addietro.
Questo comunque non significa che qua e là non si percepiscano lievi innovazioni nelle meccaniche di gioco. Per esempio, abbiamo apprezzato l’introduzione di due differenti barre dell’energia: una totale, terminata la quale il giocatore andrà in panchina e una situazionale, connessa quindi all’azione di gioco ed escogitata per non renderle irrealisticamente lunghe e spossanti. Questo si ripercuote enormemente sull’approccio al gioco: di fatto, più lo stesso atleta mantiene la palla tra le mani, più è facile che combini qualche errore, dovuto appunto alla stanchezza, ma anche allo stress. Si evita così che ci si affidi a uno/due atleti, si rendono le azioni maggiormente frenetiche e si privilegia il gioco di squadra.
Dimenticabile invece la modalità MyPlayer, paragonabile alla Carriera, brutta graficamente, stilisticamente e con un impianto free roaming che avrebbe dovuto essere ‘stile GTA’ (complice anche l’ambientazione) ma che risulta invece noioso come i giri per la Santa Destroy di No More Heroes (a proposito, qui la nostra recensione dei due remake). Di gran lunga meglio allora The W, incentrato sulla WNBA, il campionato femminile della NBA. La gestione della propria giocatrice è ridotta all’osso, ma non è per forza un male, l’assenza della città e di tutto ciò che non funziona in MyPlayer, invece, è sicuramente un bene.
Insomma, per questo capitolo gli sviluppatori hanno preferito dimostrare di essere in grado di domare gli scalpitanti motori di PlayStation 5 e Xbox Series e ciò si traduce in meno novità sul fronte contenutistico compensate però da una pulizia maggiore sul fronte estetico, almeno finché si resta sul parquet (la Città, difatti, è davvero bruttina-ina-ina…). L’introduzione della fatica situazionale, comunque, fa uscire dal campo i super uomini e rende NBA 2K22 molto più realistico rispetto al passato: finalmente ora per vincere dovrete far giocare tutta la squadra, accettando che il singolo sbagli perché troppo sotto stress. Il miglior gioco di basket in circolazione? Assolutamente sì.