Insieme a 16 ragazzi e ragazze della Scuola Holden di Alessandro Baricco di Torino, Paolo Iabichino ha ripreso il Cluetrain Manifesto, praticamente il vangelo su cui è nata Internet.
Una carriera da Direttore Creativo di Ogilvy Italia e ai vertici di WPP, come EMEA Executive Creative Director per tutte le agenzie digitali del Gruppo, coordinando strategia e creatività per i 27 mercati europei dei marchi FCA.
Ha lavorato su brand come, Alitalia, American Express, Armani, Barilla, Bulgari, Cisco, Condé Nast, Ferrero, Galbani, Google, IBM, Nestlé, Nice, Parmigiano Reggiano, Timberland, Viacom, Wind… Conosciuto anche come Iabicus, ha scelto di lasciare WPP per dedicare il suo scrivere a nuovi progetti di comunicazione, al servizio di tutte quelle realtà che sentano la necessità di voltare pagina.
Ha iniziato nel CRM, nel mktg One-to-One in quello che una volta veniva definito below the line e quando tutto questo è diventato digitale, era già nei paraggi e da allora integra la comunicazione digitale con tutte le attività del marketing mix, b2b o b2c. Da sempre è vicino al mondo delle startup, aiutandole nei percorsi di posizionamento e accompagnandole nel perfezionamento dei loro racconti.
Facebook, Instagram, Medium, Twitter e LinkedIn sono il palco delle sue suggestioni e ispirazioni che ormai raggiungono un vasto pubblico di persone, grazie anche alla scrittura di libri che sono diventati dei veri e propri cult.
© Isabella De Maddalena
Con Paolo ci siamo incrociati per la prima volta in Condé Nast, dove con il direttore Riccardo Luna si era imbarcato in qualcosa di semplicissimo: candidare internet al Nobel per la Pace (arrivarono subito dopo Aung San Suu Kyi, per dire).
Insieme a 16 ragazzi e ragazze della Scuola Holden di Alessandro Baricco di Torino avete ripreso il Cluetrain Manifesto, praticamente il vangelo su cui è nata Internet.
Come possono queste 95 tesi, scritte 20 anni fa, avere ancora un impatto nella nostra vita, in un mondo che cambia ad una velocità così pazzesca?
In realtà, qualche anno fa ci fu un tentativo di aggiornare il Cluetrain Manifesto, con le 121 tesi di Rick Levine e Christopher Locke, l’operazione non ebbe la stessa fortuna della prima edizione, proprio perché quelle prime 95 tesi risuonavano ancora come molto attuali. Quello che ho fatto con gli studenti e le studentesse del primo anno di Story Design è stato un esercizio distopico: abbiamo provato a darci nuove traiettorie narrative per gli anni a venire. Stiamo correndo un rischio enorme, quello che il pianeta terra collassi nel giro di una trentina d’anni ed è molto urgente cercare di capire come frenare questa pericolosissima deriva. Chi fa mercato ha la responsabilità di salvaguardare ecosistemi ambientali, sociali ed economici e siccome nell’ultimo periodo abbiamo assistito a una certa banalizzazione dei temi valoriali, abbiamo scelto di prendere posizione per non perdere l’ultima occasione di fare questo mestiere in maniera completamente rinnovata. Da qui è nata l’idea di provare a salire sull’ultimo treno.
Ci racconti cosa è questo Newtrain Manifesto? Come è nato e con quale scopo?
È nato come un esercizio in classe, poi abbiamo capito che stavamo scrivendo un documento importante, con un potenziale fondativo enorme per aiutare le imprese a fare mercato in maniera più sana. C’è uno scopo celebrativo, quello di salutare i vent’anni del Cluetrain, raccoglierne il testimone e scrivere le nuove tesi per il mercato che verrà. Dall’altra parte c’è una sincera preoccupazione per tutto quello che sta avvenendo e che avverrà nei prossimi anni.
Questi ragazzi e queste ragazze hanno tra i 19 e i 29 anni, studiano per scrivere le narrazioni d’impresa del futuro prossimo venturo e guardano con un certo scetticismo ai tentativi maliziosi di chi usa tematiche valoriali importanti per sedurre le nuove generazioni di consumatori e consumatrici.
Per questo nasce il Newtrain Manifesto, per sensibilizzare il mercato sugli atteggiamenti più idonei per parlare con questi pubblici, per aiutarci a bonificare l’immaginario e a mettere in circolazione nuove semantiche di comunicazione, progetti innovativi le cui istanze di profitto non siano slegate da quelle di salvaguardia e tutela di ecosistemi e collettività.
A leggere le vostre nuove 30 tesi sembra che la più grande differenza con quello del 1999 sia una forte contrapposizione tra generazioni, è così? Si arriverà di nuovo a uno scontro?
In realtà anche il registro del primo Manifesto metteva in campo una fortissima contrapposizione generazionale: nel 1999 lo scontro era tra un vecchio modo di fare impresa e quello che Internet avrebbe messo a disposizione per un nuovo mercato. Anche allora era uno scontro generazionale tra chi sapeva comprendere le dinamiche nascenti della Rete e chi avrebbe continuato a fare business as usual (The end of business as usual era il sottotitolo del Cluetrain Manifesto n.d.r.).
Abbiamo scelto di scrivere con lo stesso impellente registro, per questo avverti una così forte contrapposizione. Siamo già dentro uno scontro generazionale: le critiche alle figure di Greta Thumberg e Carole Rackete sulla scena internazionale o al movimento delle Sardine in Italia, testimoniano l’incapacità degli adulti di leggere queste spinte rigenerative che arrivano dalle fasce più giovani della popolazione mondiale.
La Generazione Z ci sta bene quando viene incastonata dentro cluster di target, non ci sta più bene se prende la parola e prova a dirci come vorrebbe essere trattata. La spinta che arriva da questi ragazzi e da queste ragazze non è anti-consumistica, anzi, c’è in realtà una nuova consapevolezza che però non è ancora nelle agende dei CDA.
Ecco perché abbiamo scritto 30 tesi: una per ogni anno che ci separa dal 2050, la data che è stata indicata come il termine ultimo per impedire il collasso del nostro pianeta.
Sogno un mondo dove gruppi di aziende, piccole, grandi, multinazionali, start up, b2b o b2c che siano, sottoscrivano il Newtrain Manifesto, sposino la tesi che sentono più vicina al proprio lavoro e si sforzino di metterla in pratica con cognizione di causa, senza intenti manipolatori o seduttivi. La risposta più precisa a questa domanda è nella tesi numero venti:
“Non siamo arrabbiati, siamo solo delusi”.
“Non è sulle false promesse che si costruisce un rapporto duraturo. Provate con un patto sincero, se volete la nostra fiducia.” è la mia preferita. E la tua?
“Scusateci, ora tocca a noi decidere le regole del gioco: la prima regola è che non si gioca più”.
I ragazzi e le ragazze del primo anno del College di Story Design della Scuola Holden: Simone Aragona, Luisa Capuani, Clarissa Ciano, Francesco Chironna, Vittoria Duò, Ottavia Guidarini , Laura Izzo, Aurora Longo, Alice Nicolin, Antonella Raso, Giorgio Remuzzi, Chiara Sanvincenti, Alice Serrone, Mattia Tresoldi, Serena Vanzillotta, Luisa Zhou.
Tutor: Roberto Tucci
Leggete tutte le 30 tesi su Medium nell’articolo a firma di Paolo Iabichino