Tutto quello che questo weekend vi impedirà di uscire e immergervi in attività sociali o all’aria aperta
Disincanto – NETFLIX
È di fatto l’evento seriale dell’estate, la nuova serie di Matt Groening dopo I Simpson a fine anni ‘80, Futurama a fine anni ‘90. Ora tocca al fantasy (la prima era la presa in giro di tutte le sit-com familiari, il secondo una fenomenale commedia sul posto di lavoro contaminata di fantascienza) ma è tutta un’altra storia stavolta: Disincanto non è una serie episodica, ha una trama orizzontale e (finalmente) Groening non è più costretto a pensare i suoi prodotti per animazione per un pubblico di bambini e ragazzi. Non deve edulcorarli o fare lo slalom tra ciò che è accettabile per la FOX e ciò che non lo è, è libero di riempirla di riferimenti sessuali espliciti e di un substrato più serio.
Prima le cose importanti però: Disincanto è al 100% un prodotto Groening, lo si capisce non solo dal tratto ma dalle battute, dai dialoghi e dall’ironia. Ha una protagonista donna (di questi tempi! chi l’avrebbe mai detto, eh?), un aiutante scemo (l’elfo) e il classico personaggio anarchico da Groening, quello che è un po’ Bart in I Simpson e soprattutto è Bender in Futurama,:la persona che spara a zero su tutto, non rispetta le regole e coltiva i vizi come fossero virtù mostrando uno stile di vita tanto discutibile quanto amabile. E soprattutto è 100% Groening l’umanità di contorno, l’inettitudine, la disonestà e l’ordinario sopruso.
Al pari di Bojack Horseman (la vera serie con cui è in lotta e che ha nel mirino) Disincanto non parte benissimo. Le prime puntate sono carine ma non esaltanti, presentano un mondo come sempre ben fatto che associa stereotipi classici del suo genere a modernismi. Non c’è insomma da rimanere esaltati da subito, la corsa di questa serie è più lunga di così e, per la prima volta, la profondità del racconto di Matt Groening non si vedrà nelle piccole variazioni di stagione in stagione ma nello sviluppo di una grande narrazione orizzontale.
World Of Warcraft – Battle For Azeroth – PC, MAC
I videogiochi hanno i sequel che ne migliorano le meccaniche, potenziano la grafica e aggiornano il gameplay. I mondi non hanno sequel, i mondi possono solo espandersi ad oltranza e World Of Warcraft è il mondo più mondo che ci sia. Dopo l’ottimo lavoro dell’espansione Legion è appena arriva Battle for Azeroth, che amplia e migliora quello che ormai a tutti gli effetti è un giocone di ruolo con combattimenti, un videogame di guerra che ha un storia sua, grandissima, fatta di trame scritte e contributi dai giocatori, di continue revisioni e miglioramenti, di obiettivi e grandissime risse online.
Curva d’apprendimento diventata ormai praticamente folle e conseguente calo di giocatori che Legion aveva un po’ tamponato. Inutile stare quindi a dire cosa accada o cosa sia già accaduto per Battle For Azeroth (come ad elencare le sottorazze nuove): quello che conta è sempre altro in WoW, non tanto chi stia con chi, chi volti la faccia a chi ma come si possa giocare, quante siano le novità, come si incastrino con le modalità di successo e le trovate più importanti della serie. In questo senso Battle For Azeroth è una delle espansioni in cui più si è impegnata Blizzard, proprio perché la società vive una delle sue emorragie più importanti. Gli utenti unici che giocano a WoW sono in calo e bisogna fare di tutto per tamponare e rimettere in carreggiata la macchina gigante brucia-server.
Una delle novità più importanti è allora la modalità Battlefront che riprende la tradizione da videogame strategico in tempo reale di Warcraft fondendola con le idee e le strategie più recenti della videoludica. La materializzazione stessa dell’idea di prendere nuovi giocatori senza perdere i vecchi.