La startup canadese di Michelle e Kyle Rochan ci propone il suo primo videogame: un platform a dir poco psichedelico
Sviluppato da Luminawesome, startup di Vancouver (Canada) di Michelle e Kyle Rocha, Lumote The Mastermote Chronicles è un platform puro, di quelli che piacerebbero a Nintendo. Non ha dalla sua infatti una trama, scene di intermezzo o distrazioni di sorta. È gameplay puro, dall’inizio alla fine e, soprattutto, è un viaggio in un mondo onirico e psichedelico, da cui sarà davvero difficile congedarsi.
Le magie luminescenti di Lumote The Mastermote Chronicles
Più che la grafica e il sapiente uso delle luci e dei colori, l’aspetto che ci ha sorpreso maggiormente di Lumote The Mastermote Chronicles è che, nonostante si basi su una lunga serie di enigmi autoconclusivi che di fatto suddividono l’avventura in una cinquantina di stanze, l’intero mondo di gioco è presente nella medesima sezione, senza interruzioni e caricamenti di sorta.
Di fatto, è come in Bowser’s Fury, la simpatica aggiunta contenuta nella riproposizione su Nintendo Switch diSuper Mario 3D World (qui la nostra recensione) in cui nel medesimo contenitore erano già stipati tutti i ‘livelli’ visitabili col nostro idraulico in salopette. La sola differenza, non da poco conto, è che mentre il platform giapponese presentava un approccio open world, qui voltandovi vedrete le porzioni di livello che ancora vi mancano (colorate in rosso) e quelle superate (caratterizzate dal colore blu), ma l’incedere sarà determinato dalla volontà degli sviluppatori.
Blu e rosso saranno le costanti del bioluminescente mondo di Lumote The Mastermote Chronicles, in quanto il rosso indica che l’enigma che governa la stanza in cui vi trovate non è ancora stato risolto e dunque non potete procedere, mentre il blu segnala che avete fatto correttamente i compiti e siete liberi di passare alla sfida successiva. Sembra banale, ma un titolo che non presenta tutorial deve comunque far comprendere le regole di base al giocatore e, soprattutto, riuscire a comunicare quando ha assolto al proprio compito.
Gli enigmi di fatto si risolvono spostando oggetti (in realtà sono bizzarri figuri a metà strada tra creature degli abissi ed esseri alieni) da un punto all’altro della mappa, fino a portarli nelle zone adatte, come per esempio enormi interruttori a pressione che permettono di attivare un circuito elettrico che apre così le porte della stanza successiva. Niente di inedito e mai visto, ma le sfide, per quanto mai troppo ardue e sempre molto rilassate, si lasciano affrontare piacevolmente, complici una grafica di sicuro impatto e un sonoro altrettanto avvolgente.
Nella sua semplicità, il titolo finanziato dalla Wired Productions di Leo Zullo è in realtà un piccolo capolavoro di gameplay, che riesce a far convivere enigmi talvolta arzigogolati con una resa estetica abbagliante senza che quest’ultima prenda mai il sopravvento e finisca per nascondere le parti sensibili dello scenario, distraendo inutilmente il giocatore. Davvero un buon titolo, con un’unica pecca: dura forse un po’ poco. Ma finché dura, diverte.