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Una nuova generazione di servizi per una nuova generazione di utenti. Quelli che si fidano di Apple e si affidano ad Apple per la difesa della loro privacy
L’intuizione di Apple era giusta e vecchia ormai di qualche anno. Cominciarono a pensarci quando ancora Steve Jobs era vivo. Si guardarono intorno – facendo quello che solo un ristretto numero di aziende tecnologiche e delle TLC avrebbero potuto fare – ed osservarono la landa desolata. La landa era brulla, il luogo dei diritti negati. A quei tempi le persone, a frotte, in tutto il pianeta, trasferivano quote rilevanti delle loro vite dentro gli ambienti digitali: da quelle parti trovavano ad attenderli quasi sempre vari tipi di lupo cattivo. La migrazione insomma non era quasi mai indolore.
Contava, ovviamente, il luogo nel quale si era nati: il lupo poteva essere uno apparato statale particolarmente invadente, un regime totalitario, una grande nuova democrazia con un firewall ben organizzato. Complessivamente le possibilità di nascere nel posto sbagliato – politicamente sbagliato – erano, allora come oggi, rilevanti. Oppure il lupo cattivo poteva essere un più usuale modello aziendale. Anche qui c’è solo l’imbarazzo della scelta: resistono sul mercato lupi cattivi vecchissimi, dall’aspetto multinazionale e e lupacchiotti in jeans e t-shirt sgualcita grigio piombo, freschi di quotazione in borsa. Li riconosci perché tendono a offrirti servizi sottocosto o addirittura gratuiti: in cambio chiedono i tuoi dati e un po’ della tua attenzione. Incappare in costoro non sarà disastroso come nascere sotto una dittatura ma resterà un’esperienza poco confortevole.
Se questa era la landa desolata la fiducia poteva trasformarsi in una nuova moneta di scambio. Apple da qualche anno e sempre più insistentemente ha cominciato a dirci: non ti fidi del governo? Non ti fidi dei vampiri di dati sui social network o sul web? Non sei più disposto a credere alla balla della birra gratis offerta dal primo sconosciuto in una giornata di gran caldo? Ci siamo noi. Noi possiamo essere il tuo prossimo soggetto fiduciario. Pochi interlocutori potevano immaginare per il loro business un ruolo del genere. Un ruolo di garanzia, il mediatore fra noi e la complessità del mondo. Avrebbero potuto farlo forse le compagnie telefoniche, anche loro potevano immaginarsi come garanti della sicurezza dei nostri dati e della nostra riservatezza, ma non lo hanno fatto. Mancava loro – probabilmente – la cultura e la visione per capire che i cavi, i doppini, le celle dei cellulari e la fibra ottica non erano ormai più materiale fisico come la calce e i mattoni ma linfa culturale della vita delle persone. E che maneggiarle era una nuova responsabilità e un nuovo business.
Così Apple ha imboccata da sola questa traiettoria. Alla presentazione di qualche giorno fa a Cupertino ogni prodotto mostrato era un tripudio di “non venderemo i vostri dati”, “non osserveremo i vostri acquisti”, “cripteremo le vostre comunicazioni”, “non metteremo la pubblicità nei nostri film”, “non comunicheremo niente di voi a nessuno”.
Per molti anni abbiamo immaginato che simili strategie dovessero avere una componente hardware a sostenerle ed è curioso che l’azienda della Mela spinga così forte in una simile direzione proprio ora che la sua ondata di trionfi hardware, da Mac a iPad a iPhone, è in grande calo. Oppure è proprio in questo la nuova onda di Apple: nel momento in cui si è conclusa la fase del talento, immaginare per sé un nuovo ruolo di intermediario culturale. Non più solo prodotti innovativi ma servizi e prodotti usuali, già mille volte visti, in passato e altrove. Gli stessi che gli altri offrono ma con una differenza: immaginati per la nuova generazione di clienti. Quelli chi si sono guardati intorno, hanno osservato con occhi nuovi la landa desolata della loro vita digitale e hanno deciso che era giunto il momento di difendersi.