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Nato in Canada negli anni ’70, in Italia è stato introdotto solamente nel 2011: è il wheelchair rugby, o rugby in carrozzina, uno sport dedicato a persone con gravi disabilità, che hanno almeno tre dei quattro arti compromessi. Esistono notevoli analogie con la disciplina tradizionale a 15 giocatori, ma anche molte differenze, per questo Startupitalia ne ha parlato con Nicolò Toscano, presidente del Padova Rugby, che l’anno scorso si è confermato per la sesta volta consecutiva Campione Italiano di Rugby in carrozzina targato FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali).

Rugby in carrozzina: analogie e differenze

Tra le somiglianze “c’è indubbiamente il placcaggio, che viene praticato anche utilizzando le carrozzine, con impatti estremamente intensi, paragonabili a quelli dei nostri colleghi abili”, spiega. Anche il concetto di segnare un punto, ovvero portare la palla oltre la linea di meta, è lo stesso, sebbene nel wheelchair rugby non sia necessario schiacciarla a terra.

Cosa c’è invece di diverso? “Noi utilizziamo una palla rotonda simile a quella da pallavolo, giochiamo in una palestra in un formato 4 contro 4 e il passaggio della palla non richiede necessariamente una traiettoria all’indietro, ma è libero”.

Atleti coraggiosi e determinati

La competizione è un elemento essenziale: “La determinazione a vincere è ciò che ci motiva a giocare, sempre con il massimo rispetto per gli avversari. Alla fine dell’incontro, proprio come tutti i rugbisti, ci riuniamo per condividere una birra e diventiamo tutti amici”, racconta ancora Toscano, che nel 2009 ha subito un incidente che gli ha causato la frattura della settima vertebra cervicale, provocando una lesione al midollo spinale. “Questo tragico evento ha avuto un impatto profondo sulla mia vita: da allora vivo sulla sedia a rotelle. Lo sport, però, è sempre stato molto importante per me e, una volta completato il mio percorso di riabilitazione, ho deciso di immergermi nel mondo delle discipline paralimpiche”. 

rugby carrozzina 2

Il Padova Rugby è stato il primo club in Italia a cui si è unito, fin dalla nascita della squadra: “Ho fatto parte di un gruppo di atleti coraggiosi che hanno introdotto questa disciplina nel nostro paese, iniziando con pochissimi partecipanti e senza tutte le attrezzature adeguate”. 

Nonostante tutte le sfide e le incertezze legate al lancio di un progetto nuovo, il team si è dato da fare e “ha portato avanti questa incredibile avventura. Pian piano abbiamo attratto sempre più persone, provenienti da tutto il Veneto, che venivano a Padova per avvicinarsi al rugby in carrozzina. Con il tempo, poi, si sono formate altre società a Verona e Vicenza, espandendo ulteriormente la diffusione di questo sport”. 

Dal 2016 Toscano è diventato il presidente della società: “Insieme al direttivo, lavoriamo incessantemente per ottenere risultati straordinari, sia nell’ambito sportivo che in quello sociale e promozionale”.

Una squadra di amici 

I numeri sono costantemente in aumento rispetto a qualche anno fa. “Sicuramente un modo per reclutare nuovi atleti è il passaparola, tanti di noi si sono avvicinati perché sono stati spinti a cominciare da chi faceva già parte del club”. 

Ci sono poi enti come il CIP, Comitato Italiano Paralimpico, che compiono un’importante azione di promozione di questa disciplina, che unisce persone con disabilità e normodotati.  “Allenatore, meccanico, arbitro, giudice di tavolo: figure come queste sono fondamentali affinché noi atleti possiamo praticare lo sport e questo permette anche a chi non ha una disabilità di entrare a far parte del nostro mondo”, spiega  il Presidente del  Padova Rugby.

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“Prima di tutto – prosegue – siamo un gruppo di amici che si diverte a stare insieme in un clima sereno che permette di allenarsi bene e di affrontare positivamente e con entusiasmo i vari impegni”. La squadra, per lui come per gli altri atleti, è come una seconda casa, una seconda famiglia, un posto dove poter essere sé stessi: “Ci sentiamo parte di qualcosa d’importante che fa bene a noi stessi, ma anche e soprattutto agli altri. Non è scontato trovare un gruppo di persone che stanno bene insieme, sia in campo sia al di fuori della realtà puramente sportiva”. 

Qualsiasi risultato raggiunto è frutto del lavoro e del sacrificio di tutti: “Dietro ad ogni vittoria c’è anche il lavoro quotidiano del direttivo che si occupa di ogni aspetto della nostra squadra: senza il supporto fondamentale del nostro staff non potremmo giocare”.

Successi ma anche tanto da migliorare

L’evoluzione dello sport per persone con disabilità rappresenta un ambito significativo di progresso sociale e inclusione. Eventi come i Giochi Paralimpici non solo offrono una piattaforma per gli atleti con disabilità per esibire il loro talento, ma servono anche a sfidare e cambiare le percezioni pubbliche sulla disabilità. Anche in questo campo, evidenza Toscano, “l’innovazione tecnologica ha giocato un ruolo cruciale, fornendo attrezzature specializzate che permettono agli atleti con disabilità di competere a livelli elevati. Questi sviluppi hanno aperto nuove possibilità e hanno reso lo sport più inclusivo.

Nonostante questi passi avanti, permangono sfide significative. L’accessibilità completa delle strutture sportive è ancora un obiettivo non pienamente realizzato, con molte aree che necessitano di miglioramenti per garantire l’accesso universale”. Così come la “rappresentazione nei media è altrettanto cruciale, in quanto una maggiore visibilità può contribuire a normalizzare la partecipazione degli atleti con disabilità nello sport e promuovendo al contempo un dialogo più ampio sulla disabilità e l’inclusione. Infine, lo sviluppo di percorsi di carriera per atleti con disabilità è essenziale per garantire che abbiano le stesse opportunità dei loro colleghi non disabili”.

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Evidenziare le abilità piuttosto che le limitazioni

“Sono fermamente d’accordo con l’idea che lo sport possa essere uno strumento di inclusione sociale”, conclude Toscano. “Attraverso lo sport, individui di diverse età, background culturali e abilità possono unirsi, condividendo esperienze comuni che trascendono le differenze individuali. Lo sport insegna valori come il lavoro di squadra, il rispetto per gli altri, la disciplina e la perseveranza, che sono fondamentali per costruire comunità coese e inclusive”. 

Inoltre, fornisce piattaforme per l’empowerment di gruppi marginalizzati e persone con disabilità, promuovendo l’uguaglianza e la diversità. “Programmi sportivi mirati possono facilitare l’integrazione sociale dei rifugiati, migliorare le relazioni interculturali e sostenere il recupero e la riabilitazione di individui provenienti da contesti di conflitto o emarginazione”. 

In questo senso, lo sport si dimostra un potente veicolo di inclusione sociale e coesione comunitaria. “Alle persone con disabilità lo sport offre un’opportunità unica per sfidare le percezioni pubbliche, evidenziando le abilità piuttosto che le limitazioni. Le iniziative sportive possono contribuire a promuovere l’accessibilità e l’uguaglianza, incoraggiando una società più inclusiva”.